Ultima occasione per visitare la mostra “Streghe: storie di persecuzione”.
POSCHIAVO - Prosegue il mio viaggio alla scoperta di Poschiavo, questa volta con la visita del Museo poschiavino, fondato nel 1985, e della sua mostra dedicata al tema delle streghe. Per l’occasione sono accompagnato dalla guida Loretta Ferrari.
Il palazzo che ospita il museo è un gran bel monumento, un’icona del capoluogo. Fatto costruire nel 1655 da Tommaso de Bassus e passato in seguito alla famiglia Mengotti, il palazzo che ospita il Museo poschiavino ha subìto importanti trasformazioni nel corso dei secoli. Si presenta ora come un edificio di notevole valore artistico e architettonico. Recenti studi hanno rivelato che il palazzo è stato fatto costruire dal capitano Tommaso de Bassis (anche Bassi, de Bassus), potente uomo politico di Poschiavo. Nel 1701 problemi economici hanno costretto il figlio Tommaso, unico erede, a vendere l’edificio a un nipote acquisito: Lorenzo Mengotti, membro di un’altra prestigiosa famiglia del luogo. Fra il 1701 e il 1731, data della consacrazione della cappella privata annessa nel frattempo, il palazzo ha subìto una trasformazione radicale: è stato sostanzialmente duplicato con un ampliamento verso nord, che rispetta le caratteristiche strutturali e decorative del nucleo primitivo. La facciata est risulta così essere quella principale, arricchita da due portali con lesene in muratura a finto bugnato sormontate da un timpano spezzato, uno dei quali ospita lo stemma di famiglia.
La mostra permanente del Museo poschiavino, inaugurata nel 2015, presenta la tradizione alimentare e agricola della valle. L’allestimento si avvale delle preziose collezioni del Museo, in particolare degli oggetti raccolti da Romerio Zala negli anni Sessanta e che rappresentano circa la metà dell’inventario. La maggior parte degli oltre 800 oggetti erano già esposti nella rimessa al pian terreno del Palazzo de Bassus-Mengotti. Ora il loro numero è stato ridotto mantenendo comunque il carattere enciclopedico della mostra. I vari temi sono stati ordinati per sezioni e messi in maggiore risalto grazie a una nuova scenografia. Una serie di schede permettono di approfondire i temi e capire quanto è esposto. Territorio, lavoro, prodotti e sapere di un tempo rivivono così nei locali del museo. Annualmente sono circa 4 mila i visitatori che lo visitano.
Con l’esposizione dedicata all’orso M13, il museo lancia l’incontro-scontro fra uomo e animale e ripropone infatti alcuni importanti quesiti: c’è spazio per noi e per lui nelle Alpi? Noi, come anche l’orso, sappiamo mantenere la necessaria distanza per non entrare in conflitto? Domande centrali che – oggi come in passato – non hanno una risposta univoca e che sono d’attualità stringente non solo in Valposchiavo. È stato un soggiorno movimentato quello dell’orso M13 in Valposchiavo: arrivato nella primavera del 2012, si avvicina troppo agli abitati, crea danni e preda animali al pascolo. Il periodo di permanenza sul territorio è segnato da tensioni, da apprensioni e da dibattiti che invadono i social media e occupano la stampa a sud e a nord delle Alpi. L’anno seguente l’animale viene dichiarato pericoloso e abbattuto dalle autorità poco dopo il suo risveglio dal letargo. Ora M13 torna al Museo poschiavino e permette di raccontare il rapporto mai facile fra grandi predatori e comunità di valle.
«Streghe! Storie di persecuzione in Valposchiavo»: questo è il tema della mostra temporanea, inaugurata lo scorso anno, proposta dal Museo poschiavino, che nel 2021 – nell’ambito dell’omonima rassegna – è stata ampliata con numerose altre manifestazioni sul tema della caccia alle streghe dei secoli XVII e XVIII.
Come in altre regioni della Svizzera, tra il XVII e il XVIII secolo anche la Valposchiavo ha conosciuto tempi bui. Persone innocenti, 90 % donne, vennero sottoposte a processi di stregoneria, perseguitate e condannate. Con la mostra temporanea «Streghe! Storie di persecuzione in Valposchiavo», il Museo poschiavino ha voluto dare un contributo alla documentazione, alla ricostruzione e alla discussione intorno a questo periodo storico. Molti dei processi sono documentati, e ciò ha reso possibile farli diventare argomento di una mostra. Il filoconduttore dell’espozione, aperta fino a domenica ottobre 24 ottobre, è rappresentato dalla carta nelle sue diverse forme. Un oggetto sicuramente prezioso è il manuale di Malleus Maleficarum (ovvero il martello delle streghe): «Si tratta di uno dei più famosi trattati sulla stregoneria mai scritto, destinato a influenzare profondamente la società europea dal XV secolo in poi. Il manuale si poneva come salda guida teorica nella spietata repressione della stregoneria. Consentiva di riconoscere e combattere le streghe, indicava come catturarle e processarle, e forniva precise istruzioni su come estorcere una confessione attraverso la tortura, per giungere all'inamovibile sentenza e, infine, al rogo. Nessuna strega sarebbe dovuta sopravvivere in questa spasmodica e alienata ricerca di donne concupite dal diavolo», mi spiega Loretta Ferrari.
La stregoneria, fenomeno dalle origini molto antiche, è stato ed è tutt’ora un tema “caldo”, oggetto di ricerca e critica da parte di numerosi studiosi tra i quali figurano in primo piano teologi, storici, filosofi e antropologi, ma anche fonte di curiosità per qualsiasi persona. Questo interesse è provato infatti dalla presenza di un’ampia bibliografia al riguardo, tuttavia in continua evoluzione. Questo fenomeno ha interessato direttamente anche la Valle di Poschiavo in età moderna: i numerosi atti processuali ancor’oggi conservati in buono stato presso l’archivio comunale valligiano che in questa sede si vogliono rendere visibili e consultabili a tutti, studiosi e non, ne riportano un’importante testimonianza. Tra Seicento e Settecento il tribunale laico locale, al quale era affidata l’amministrazione della giustizia, istituì un numero elevato di processi contro “streghe” e “stregoni”, individui appartenenti alla società poschiavina, tra cui uomini, donne, ma anche fanciulli, colpevoli di essere depositari dell’arte della stregoneria, sin dal Medioevo considerata un grave reato perseguibile penalmente.
Secondo quanto emerge dai processi, le “streghe” rinnegavano la Trinità e si ponevano al servizio del loro nuovo signore, il Demonio, al quale mostravano devozione attraverso riti collettivi periodici, i cosiddetti sabba o “berlotti” e la pratica dei malefici, ossia “atti” coi quali si credeva potessero danneggiare persone, animali e l’ambiente che li circondavano. Il clima di terrore, favorito dalla difficile situazione storica che la Valle stava vivendo in quegli anni, innescò un meccanismo di accuse tale per cui i giudici, parte integrante della società e convinti della presenza reale del demonio, portarono avanti la loro battaglia contro il “Maligno” per oltre 120 anni: istituito contro Orsina De Doric il più antico processo conservato risale al 1631, il più recente invece si riconduce al 1753 e vide come imputata Caterina Zala.
Entro queste date, considerate gli estremi temporali della caccia alle streghe in Valle, numerosi individui furono condotti dinnanzi alla giustizia: sottoposti a lunghi e insistenti interrogatori e ad atroci e numerose torture, una buona parte di essi confessò la propria colpevolezza pagando con la morte. Si deve a Gaudenzio Olgiati, nell’Ottocento giudice federale di origini poschiavine, la prima archiviazione di questi atti processuali: nell’elenco da lui compilato se ne contano 128. Queste, nonostante si presentino spesso sintetiche, rappresentano un validissimo supporto alla lettura dei manoscritti, in alcune parti difficilmente decifrabili. In alcuni casi esse risultano l’unica testimonianza del processo, in assenza di quello manoscritto.
Questi processi sono stati oggetto di un nuovo riordino: nel 2014, pur tenendo fede all’elenco di archiviazione stilato da Olgiati, sono stati aggiunti alcuni incartamenti riaffiorati grazie all’attento lavoro degli archivisti nel corso degli anni, di cui tuttavia non sono presenti le trascrizioni. All’operazione di riordino si è aggiunta quella di stesura di una scheda di regesto, in cui sono riassunti gli elementi essenziali di ogni singolo processo. Rendendo qui fruibili i manoscritti, le trascrizioni e i regesti dei processi, tutti coloro che, o per curiosità o per motivi di ricerca, desiderano affacciarsi al fenomeno della stregoneria in Val Poschiavo.
La mostra “Streghe” resterà aperta fino al 24 di ottobre 2021 (tutti i pomeriggi, escluso il giovedì). Un’ultima occasione per un weekend a Poschiavo!
Il mio giro nei Grigioni non finisce qui: la prossima volta vi parlerò dei un luogo “fotografico” situato sul passo del Bernina e di Soglio, annoverato tra i borghi più belli della Svizzera (come d’altronde Poschiavo). Seguitemi!
(Altri articoli sui Grigioni sono stati pubblicati quest’anno il 26 luglio, 15 agosto, 3 settembre e 2 ottobre)
Testo a cura di Claudio Rossetti
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