Il nuovo singolo di Andrea Bignasca nasce dalla rielaborazione di un'idea nata sette anni fa e messa in archivio
LUGANO - Appena si schiaccia il tasto "Play" sul nuovo singolo di Andrea Bignasca, "Most Times" - che suona come un brano di Bruce Springsteen di una certa epoca, quella della prima metà degli anni '80 tra "The River" e "Born In The Usa" (e l'autore conferma) - si viene accolti da qualcosa d'inaspettato, se si conosce la storia musicale del cantautore ticinese: una incalzante drum machine.
Scelta stilistica o necessità di questi tempi di pandemia?
«È una canzone che è arrivata tardissimo nella produzione dell'album ("Keep Me From Drowning" uscirà nel marzo 2021, ndr). Da una parte ho fatto un po' di necessità virtù, a essere onesti. Dall'altra mi piaceva il contrasto tra la melodia, molto dolce, e questo suono un po' robotico. Volevo avere un brano che non fosse né rock classico né cantautoriale - ovvero i due poli musicali dell'album - ma che galleggiasse nel mezzo».
Come nasce "Most Times"?
«Mi è tornata in mente la registrazione di un vecchio riff che mi ero mandato via e-mail come promemoria sette anni fa. Qualitativamente terribile, fatta con il telefono. Ci avevo già provato in passato a farne una canzone, ma senza riuscirci. Era come se non riuscissi a darle "autorevolezza"».
Cos'è cambiato, stavolta?
«Sono cresciuto e maturato».
Ti capita spesso di avere un'idea e di lasciarla lì a "sedimentare", in attesa che si sviluppi al momento giusto?
«Fa parte del mio modus operandi e soprattutto in passato mi capitava di accantonare canzoni che suonavano un po' troppo "poppy". Lo spiega benissimo il titolo provvisorio che avevo dato alla memo (piuttosto esplicito e colorito, ndr). Penso di essere riuscito definitivamente a toglierla da quella categoria, adesso (ride, ndr)».
Come s'inserisce questo singolo nel contesto generale dell'album?
«Se guardo ai miei dischi precedenti, ci sono sempre un paio di brani che "sfuggono al setaccio". Questo è uno di quelli. Sono canzoni un po' più dolci e pop delle altre».
Prendendo spunto dal titolo, cos'è che succede "la maggior parte delle volte"?
«La maggior parte delle volte sto bene e riesco a superare qualsiasi tipo d'insicurezza, di sensazione d'inadeguatezza. Però il brano mette in risalto non quelle volte in cui si riesce, ma quelle in cui si fallisce. È una raccolta di frammenti di ricordi e di emozioni del passato. Momenti molto spensierati - io che gioco dietro casa - ma anche altri che mi hanno segnato profondamente, come i primi amori non corrisposti».
È già partita la prevendita, ma quando sarà disponibile il disco?
«Lo si può prenotare dal 13 novembre, ma uscirà il 19 marzo. Sarà anticipato da altri singoli a scadenza mensile».
Puoi dirci qualcosa su come sarà strutturato?
«I contenuti della prima parte dell'album guardano un po' indietro, mentre la seconda parte è rivolta su presente e futuro».
Com'è stata la lavorazione del disco, in questo anno balordo?
«Senza patemi d'animo. Sono riuscito a viverla molto serenamente, a differenza degli altri album. Mi ero messo così tanto sotto pressione, allora, che non riuscivo a essere oggettivo nel giudicarli. Questa volta sono stato più tranquillo e sono davvero molto contento del risultato».