Un concerto speciale per riascoltare la storica band ticinese, a distanza di 10 anni dallo scioglimento
LUGANO - «One Night Only. Sarà come ritrovare un vecchio amore ma… con “licenza di uccidere”». I fan dei The Flag hanno un'occasione più unica che rara per applaudire il ritorno dal vivo, almeno per una sera, della band che ha contribuito a scrivere un pezzetto della storia della musica ticinese, con oltre 200 concerti dal vivo.
L'appuntamento è per sabato 5 aprile, dalle 20, al Daytona Diner di Pambio-Noranco. L'ingresso è gratuito. Se n'è parlato con Carlo Ferrari (batteria), che tornerà sul palco insieme ai compagni d'avventura: Igor Negrini (voce e armonica), Mattia Mantello (chitarra), Federico Albertoni (basso) e Donato Cereghetti (tastiere).
Intorno all'inizio dello scorso decennio avete vissuto degli anni ricchi di soddisfazioni.
«Sono stati dei veri e propri anni d'oro. Suonavamo tanto, anche nei vari festival che c'erano in Ticino (e purtroppo non ci sono più). A cominciare da Palco ai Giovani che ci ha lanciati, poi Blues to Bop che è stato sicuramente un ottimo biglietto da visita. C'era un bel giro di band: noi, The Vad Vuc, i Vomitors e parecchi altri nomi con i quali ci s'incrociava spesso».
Nel 2015 vi siete sciolti, ma questa non sarà la vostra prima reunion: ce ne sono state due, nel 2020 e 2021, con tanto di restrizioni Covid.
«A quel tempo abbiamo iniziato a parlare di lavoro, famiglia, mogli e figli. Gli impegni erano diventati tanti. Parallelamente iniziava un po' la crisi della musica dal vivo. Noi abbiamo sempre tenuto a fare le cose seriamente, ma una band senza date non può sopravvivere. Il motivo dello scioglimento è questo, non abbiamo mai litigato».
Ognuno di voi persegue un percorso solista. Sempre con il blues al centro, chi più chi meno.
«Esatto, a cominciare da Federico che ha appena vinto lo Swiss Blues Award. Siamo tutti ben ancorati a questo genere, anche se non ci siamo mai posti troppi vincoli. Anche nel nostro ultimo album il blues è uno sfondo, ma le sonorità sono più elettroniche o rock. I brani hanno progressivamente cambiato faccia, ed è la naturale evoluzione delle cose».
Ti manca la routine del concerto con la band?
«Non mi manca il sacrificio che c'è nel dover suonare in giro: la vita fatta di trasferte con il furgone, montare e smontare il palco, le discussioni con la fidanzata sul non poter andare al mare un weekend perché c'è un concerto da fare. Ma è impossibile smettere di fare musica: ho il mio piccolo studio e anche gli altri hanno tutti i propri progetti solisti, chi in Ticino come Mattia e Federico e chi a Ginevra come Donato».
Cosa dovrà aspettarsi il pubblico dalla serata del 5 aprile?
«Sfoglieremo l'album dei ricordi. Ripercorreremo l'intera carriera, estrapolando pezzi dai nostri album. Ci saranno le cover e i cavalli di battaglia. Punteremo tanto sullo show, sull'intrattenimento. L'idea è di divertirsi. Abbiamo tra l'altro una scaletta generosissima: dovremo per forza tagliare qualcosa, altrimenti rischiamo di stare lì due giorni (ride, ndr)».