Angelo Renzetti e Michele Campana ci hanno parlato della lodevole iniziativa: «Volevamo dare un aiuto concreto»
Da ieri gli appartamenti, già ammobiliati, sono occupati. «Ci hanno scritto davvero in tanti, ma purtroppo ne avevamo a disposizione un numero limitato»
LUGANO - Vicini e solidali con chi sta combattendo in prima linea il Covid-19. Si può sintetizzare così la bella iniziativa del Lugano, che nel pieno di questa emergenza ha messo gratuitamente a disposizione del personale sanitario alcuni appartamenti.
«È un modo per dire grazie in maniera concreta a chi sta lavorando per tutti noi, è bello poter lanciare un messaggio positivo in una situazione così complicata - spiega Angelo Renzetti, patron del Lugano - Questi appartamenti sono solitamente a disposizione dei nostri giocatori, ma adesso erano liberi e ci sembrava doveroso fare questo gesto».
Chapeau al pres, che poi chiama in causa Michele Campana e tutto “l’ufficio” della società, da dove è partita l’iniziativa.
«Non l’abbiamo fatto per ricevere consensi o visibilità, ma per sostenere chi sta facendo i salti mortali - interviene Campana, direttore generale dei bianconeri - Quando ci siamo resi conto della gravità della situazione, ne abbiamo parlato ed è nata l’idea».
Da ieri entrambi gli appartamenti, già ammobiliati, sono occupati.
«Ci hanno scritto davvero in tanti, ma ne avevamo a disposizione un numero limitato: abbiamo potuto darli a due infermieri. Uno si trova a Castagnola, mentre l’altro è a due passi dal Cardiocentro. Prima questi ragazzi si arrangiavano in qualche maniera, stando da amici/colleghi o rientrando a casa dopo ore di coda. Fino a giugno potranno stare qui, poi vedremo come evolverà la situazione. In questo periodo serve solidarietà a 360°, siamo felici di poter dare il nostro contributo».
Approfittiamo infine del dirigente per un aggiornamento sulla situazione sportiva.
«Ad oggi non è possibile fare previsioni, i campionati sono congelati e non c’è una data fissata per la ripresa degli allenamenti. I ragazzi si tengono in forma lavorando individualmente nelle proprie case. Alcuni sono partiti, non ce la sentivamo di obbligarli a rimanere in Svizzera, anche se sappiamo che potrebbero esserci delle difficoltà al momento del rientro. D’altro canto è una situazione delicata e tuttora regna grande incertezza».