Anche nella Race of Champions della WDW, la festa biennale della Ducati, lo spagnolo ci ha dato dentro
Marquez non si smentisce mai
BOLOGNA - «Non posso farci nulla. È nella mia natura». La favola della rana e dello scorpione, che convince la prima a dargli un passaggio per attraversare un fiume, ma poi a metà tragitto la punge, condannando entrambi, affonda le sue origini nell’India del terzo secolo avanti Cristo, ma la sua morale è quanto mai attuale. Perché quello che siamo e abbiamo dentro, bello o brutto che sia, inevitabilmente finiamo per mostrarlo al mondo.
Vale anche per Marc Marquez, uno nato per vincere che – ma il discorso si applica a lui come molti altri sportivi di altissimo di livello – non concepisce la parola perdere. Lo si è visto molto bene soprattutto in questi ultimi anni, quando risorto dopo il tremendo infortunio al braccio destro, ha prima saputo ricostruire il fisico, e poi la propria carriera sportiva. È anche per questo, oltre che per il lignaggio d’oro testimoniato dai suoi 8 Mondiali e 85 vittorie, che la Ducati lo ha preferito a Jorge Martin nella contesa per la moto ufficiale del 2025, pur conscia che gestire un personaggio come lui, abituato a dettare legge nel box e a fare tutto, ma proprio tutto, per primeggiare, sarà tutt’altro che facile.
La Race of Champions che ha sigillato il WDW (World Ducati Week), la festa biennale della Ducati, in questo senso ha rappresentato l’esempio perfetto di chi è Marquez e di quello che la Ducati, Francesco Bagnaia e i tifosi sono destinati ad aspettarsi nella prossima stagione. Non valeva nulla, la gara show che ha visto ai nastri di partenza 15 piloti della rossa in sella alla nuova Panigale V4, se non un po’ di sfottò nei confronti degli altri, e per quello Marquez avrebbe anche potuto fare a meno di quell’entrata dell’ultimo giro alla Misano2, l’ultima curva del circuito intitolato a Marco Simoncelli, ai danni di Nicolò Bulega. Anche perché, quella toccata leggera ma comunque destabilizzante che lo ha mandato nella ghiaia della via di fuga, Bulega – che in questi mesi si sta giocando il Mondiale Superbike – avrebbe potuto pagarla cara. Gli è andata bene, con una brutta botta alla spalla sinistra, ma i silenzi e gli sguardi di Claudio Domenicali, l’a.d. della Ducati, e di Gigi Dall’Igna, il numero uno del reparto corse, subito dopo il contatto raccontavano molto di quelli che fossero i loro pensieri.
Così come hanno detto ancora di più le parole successive di Marquez, tra un «voglio dargli il mio casco e lo faccio salire sul podio con me» ponzio pilatesco a quel, molto più grave perché è un po’ prendere in giro tutti, «non mi sono accorto di averlo toccato» pronunciate con uno sguardo quasi stupito, nonostante le immagini poi circolate sul web raccontino una storia molto diversa. Gira e rigira, lo scorpione rimane scorpione. E se gli capiti a tiro ti pungerà. Fregandosene di qualsiasi tipo di conseguenza.