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IL SORPASSO... A QUATTRO RUOTE«Le avversità ci rendono più forti e da esse impariamo»

07.08.24 - 18:20
Il britannico è andato ai Giochi per sostenere l'amico Miles Chamley-Watson. Non gli ha portato fortuna, ma…
keystone-sda.ch / STF (Lindsey Wasson)
«Le avversità ci rendono più forti e da esse impariamo»
Il britannico è andato ai Giochi per sostenere l'amico Miles Chamley-Watson. Non gli ha portato fortuna, ma…
Intanto il CIO potrebbe prendere qualche spunto da Liberty Media e dalla F1, diventata un modello da seguire (nonostante qualche "americanata" di troppo).
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PARIGI - A Londra 2012, quando era ancora un pilota McLaren, aveva fatto il tedoforo dalle parti di Oxford un lunedì mattina dopo un gran premio casalingo non troppo fortunato. A Hamilton era bastato per respirare un po’ di atmosfera olimpica, come ha fatto Leclerc quando la fiaccola diretta a Parigi è passata da Monaco. Ha giocato in casa. Invece di sparire in vacanza su un’isola tropicale (o nella scontata Ibiza), Lewis ha deciso di trascorrere il primo weekend di agosto ai Giochi. È arrivato al Gran Palais dove era di scena la scherma. Una location straordinaria che ha visto il britannico in tribuna insieme a Shaun White, un altro mito come lui, solo dello skate e snowboard. Hamilton è arrivato in Francia per fare il tifoso di uno dei suoi migliori amici, il fiorettista Miles Chamley-Watson. Non gli ha portato fortuna, lo ha visto perdere in semifinale contro gli azzurri e poi nella finale per il terzo posto.

«È stata un'esperienza incredibile essere alle Olimpiadi e sentire l'energia della folla», ha scritto il 7 volte campione del mondo su Instagram. «La dedizione, la concentrazione e la resilienza di questi concorrenti sono incredibili da vedere da vicino. @fencer sono così orgoglioso di te, fratello. Le sfide che hai affrontato e superato per arrivare fin qui sono semplicemente incredibili. Le avversità ci rendono più forti e da esse impariamo le nostre lezioni più grandi. Il meglio deve ancora venire». Un Hamilton motivatore, quasi filosofico. D’altra parte se c’è uno che ha imparato a diventare più forte nelle avversità, imparando ogni volta qualcosa, è proprio lui. Lo racconta la sua storia antica, non la recente ovviamente. Oggi è il più vincente della storia, il più ricco, con un contratto Ferrari che lo aspetta a fine stagione. Ma anche stando in tribuna a Parigi ha trovato uno spunto per mandare un messaggio. Lewis, lo sappiamo, è così: se prende a cuore una missione nulla lo può fermare e se c’è da aiutare e sostenere un amico vero lui c’è. Sotto sotto è un messaggio anche per Leclerc. Se Charles capirà la grande occasione che avrà a essere suo compagno di squadra potrà imparare tante cose e fare l’ultimo grande passo per diventare un super campione.

Scusate per la contaminazione olimpica, ma arrivando in Place de la Concorde, dove i parigini si sono inventati uno stadio all’aperto pazzesco per gli sport dei giovani comune lo skate, il basket 3x3, la BMX o la break dance, viene spontaneo alzare lo sguardo verso il palazzo al numero 8 della piazza, la sede della Fia, la Federazione Internazionale dell’Auto per anni regno di personaggi straripanti come Jean Marie Balestre, Max Mosley o Jean Todt. Oggi il presidente è Mohammed Ben Sulayem, che si è contraddistinto soprattutto per un paio di pasticci diventati bisticci con Liberty Media o la famiglia Wolff. Non ha la personalità e il fascino dei suoi predecessori, anche se di sport dei motori se ne intende per aver corso nei rally. Quando qualche mese fa però è stata svelata un’inchiesta su un suo presunto tentativo di far revocare una penalità inflitta all'Aston Martin di Fernando Alonso durante il GP dell'Arabia Saudita dello scorso anno, ecco che ci è venuto da rimpiangere quando Jean Marie Balestre lottava con tutte le sue forze per favorire Prost e ostacolare Senna. 

Alla base del suo intervento (scorretto) c’era comunque del nazionalismo. Ben Sulayem agiva solo per favorire uno sponsor areato del campionato (e dell'Aston Martin). Oggi purtroppo i grandi capi dello sport internazionale brillano soprattutto per gli affari che riescono a concludere. Da Blatter a Infantino la situazione non è cambiata poi molto. Da Todt a Ben Sulayem, invece, c’è stato un notevole passo indietro. Todt ha lavorato per rendere popolare il motorsport dovunque e per ridurre a zero le vittime sulle strade (impresa al limite dell’impossibile), Ben Sulayem ha lavorato soprattutto per la sua visibilità. La differenza più grande è questa. Per fortuna la F1 è gestita da Liberty Media che, nonostante un eccesso di americanate in qualche occasione, ha lavorato bene per l’espansione del campionato, riuscendo a conquistare l’America. Oggi la Formula 1 è diventata un’organizzazione di successo, un modello da seguire. Anche il Cio potrebbe prendere qualche spunto perché vietare ai media di pubblicare foto olimpiche sui social non ha molto senso. Una volta lo faceva anche la Formula 1, poi ha deciso un libera tutti. L’importante era che se ne parlasse il più possibile.

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