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FASHIONUna mappa con 32 negozi di vestiti di seconda mano a Berna

28.06.24 - 11:00
Fashion Revolution
Una mappa con 32 negozi di vestiti di seconda mano a Berna
I vestiti di seconda mano rappresentano la strada più rapida verso un’industria della moda sostenibile. Ma i negozi che li vendono sono spesso piccoli e ben nascosti. In questo articolo, la community di Fashion Revolution Svizzera condivide i migliori negozi di seconda mano di Berna.

In breve:

    • Circa 92 milioni di tonnellate di tessili finiscono ogni anno nella spazzatura. I vestiti di seconda mano sono l’arma più potente lungo la strada per un’industria della moda sostenibile.
    • La community di Fashion Revolution Svizzera ha consigliato a 20 minuti dove trovare a Berna i migliori negozi di abiti di seconda mano. Troverete una panoramica sulla mappa.
    • «Fashion Revolution mira a dimostrare che la moda può essere elegante e divertente senza necessariamente lucrare sullo sfruttamento di persone e ambiente», spiega Ursina Haslebacher, coordinatrice di Fashion Revolution Bern.

Qual è l’arma più potente lungo la strada verso un’industria della moda sostenibile? Secondo l’organizzazione per l’aiuto d’emergenza e lo sviluppo Oxfam, la risposta è una sola: i vestiti di seconda mano. Il settore della moda produce ogni anno circa 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili. La produzione è inoltre raddoppiata oggi rispetto al 2000 e tra il 2015 e il 2030 i rifiuti tessili generati dal settore aumenteranno di un ulteriore 60 per cento.

«Fashion Revolution mira a dimostrare che la moda può essere elegante e divertente senza necessariamente lucrare sullo sfruttamento di persone e ambiente», spiega Ursina Haslebacher. Il movimento è stato fondato dopo il crollo della fabbrica tessile di Rana Plaza in Bangladesh in cui hanno perso la vita più di 1100 persone. La coordinatrice di Fashion Revolution Bern e la sua community hanno riassunto per 20 minuti i luoghi migliori in cui acquistare abiti di seconda mano a Berna:

20 minuti: Sei designer di prodotti ma ti impegni al contempo per l’organizzazione di moda Fashion Revolution. Come sei arrivata nell’associazione?

Ursina Haslebacher: Mentre studiavo a Lucerna, durante un mezzogiorno in gennaio 2019 ho visto una conferenza tenuta da Pauline Treis. Aveva appena portato Fashion Revolution in Svizzera. Era la prima volta che sentivo parlare del movimento ma le ho chiesto immediatamente: come posso partecipare?

Cosa ti ha convinta a unirti immediatamente a Fashion Revolution?

Fashion Revolution è un movimento dei consumatori. Tutti noi indossiamo vestiti e siamo direttamente interessati dalla tematica. Per me si tratta della questione fondamentale del consumo personale che travalica i settori e di impegnarmi a fondo per qualcosa in cui credo al cento per cento. Inoltre, in privato mi sono sempre occupata volentieri di tessili e per me è sempre stato essenziale guadare oltre la facciata del prodotto. Ho anche partecipato alla prima Fashion Revolution Week a Berna.

Fashion Revolution vuole mostrare che si può essere alla moda anche senza sfruttamento. Come ci si può riuscire?

Le prime domande che dobbiamo porci sono: ne ho davvero bisogno? Ho già qualcosa di simile? E se ne ho davvero bisogno, come posso procurarmelo senza acquistarlo nuovo? Quali marche sostenibili lo offrono?

Si tratta quindi di mettere in discussione il proprio comportamento.

Sì, l’hobby dovrebbe essere la moda, non lo shopping. La moda ci permette di esprimere la nostra individualità. Possiamo puntare sulla moda fair e slow invece che sulla Fast Fashion. Anche lo scambio e il noleggio di vestiti sono sempre più diffusi. A Berna c’è ad esempio TEIL che si definisce il più grande guardaroba della città. È possibile anche rammendare i vestiti. Molte persone puntano a comprare vestiti usati invece che nuovi, di seconda mano quindi. Le possibilità sono tante e ce ne sono per tutti i gusti.

Tu lavori anche al di fuori del settore della moda. Anche negli altri settori segui principi simili?

Proprio così, il mio lavoro principale è lo sviluppo e il design di prodotti per Recircle. Produciamo imballaggi riutilizzabili per i piatti takeaway. Mi interesso a ciò che si nasconde dietro i prodotti: non solo i vestiti o gli imballaggi ma tutti i tipi di prodotti. Per me il consumo consapevole è il centro di tutto.

È sempre stato importante per te?

In generale sì. Ma ho cominciato a comprenderlo davvero durante gli studi. Lavoravamo con moltissimi materiali. Il mio atteggiamento è cambiato gradualmente ma c’è un momento che mi è rimasto impresso nella memoria: avevamo il compito di disegnare un mobile per sedersi in legno. Ho guardato su Architonic, una piattaforma per il design, e ho visto che c’erano già 30 000 modelli in legno disponibili. Mi sono chiesta: qual è il valore aggiunto se ne creo un altro ancora? Ho capito che non avrei mai voluto lavorare per un’impresa che produce qualcosa di cui esistono già migliaia di varianti. I prodotti devono essere sempre ponderati dal punto di vista sociale: qual è lo scopo di questo prodotto? Qual è il messaggio?

La prima Fashion Revolution Week si è tenuta a Berna nel 2019. Quali attività proponete oggi?

In occasione dell’anniversario del crollo della fabbrica di Rana Plaza in Bangladesh, Fashion Revolution organizza eventi in tutto il mondo. In aprile a Berna abbiamo presentato il film «Fashion Reimagined» al Lichtspiel, un cinema-museo. Parla di una designer che cerca di lanciare una collezione completamente sostenibile. Abbiamo quindi contestualizzato il film in collaborazione con la ONG Public Eye e con una discussione con creatori di moda locali.

E cosa c’è in programma per il resto dell’anno?

In settembre si terranno le giornate della sostenibilità a Berna. Per la festa d’apertura programmata il 7 settembre, la piazza della stazione verrà chiusa alle auto. Saremo presenti al fianco di numerosi creatori di moda locali. Un paio d’anni fa abbiamo lanciato la Fair Fashion Guide per Berna e vogliamo diffonderla. Per le successive due settimane abbiamo già qualcosa in programma ma non posso ancora parlarvene.

Avete pianificato qualcosa anche per il Black Friday.

Per contrastare questa giornata dedicata al consumo, in tutta la Svizzera organizziamo il Colorfoul Friday. I negozi che partecipano sono attivamente contrari al Black Friday. Alcuni ad esempio donano una parte del loro guadagno a organizzazioni di pubblica utilità.

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