Visto i casi di Zurigo, Argovia e Ticino in molti li vorrebbero chiusi, ma spesso non è così semplice
L'esperto: «Tutti quanti operano seguendo le direttive ma non è facile, e la pressione è tanta»
ZURIGO - Flamingo, Tesla, Plaza, Mascotte, Jade e... Woodstock: questi alcuni dei nomi della movida del contagio in Svizzera. Una lista che, verosimilmente, è destinata ad aumentare.
Come già osservato dalle autorità di Basilea Città, alle prese con un fenomeno simile nel dopo-lockdown, il virus ha un po' cambiato il suo funzionamento: più mobile, difficile da tracciare e soprattutto... giovane, con un'età media degli infetti molto più bassa.
Sebbene le autorità, per ora, puntino ancora sulla responsabilità individuale e sulle liste per il contact-tracing, il malumore dell'opinione pubblica rispetto a questo tipo di business - visto un po' come il nuovo untore - è palpabile: «Tutti quanti operano seguendo le direttive della Confederazione ma non è facile, la pressione è tanta», racconta a 20 Minuten l'esperto di vita notturna della città di Zurigo, Alex Flach.
Diversi locali, compreso il Woodstock, dopo l'annuncio dei casi positivi hanno deciso di chiudere i battenti più o meno temporaneamente: «È una sorta di ammissione di responsabilità ma dubito che verrà emulata in maniera spontanea da altre attività. Da una parte tenere aperto significa rischiare di passare alla cronaca come il nuovo "luogo del contagio", dall'altra però per molti economicamente è dura, considerando anche la chiusura per diversi mesi».
«Malgrado l'impegno dei locali si finisce subito sotto i riflettori: su sa subito dove e quando c'è stato un contagio, e si punta il dito. Ma dei mezzi pubblici non parla mai nessuno... Nessuno sa quanta gente ha preso il coronavirus sul treno o sul bus!», commenta Marc Blickenstofer della Commissione svizzera dei bar e dei club (SBCK), «il coronavirus è una cosa con cui dobbiamo imparare a convivere, per farlo bisogna rispettare alla lettera il regolamento». E per quanto riguarda le mascherine obbligatorie in discoteca? «Difficile che la clientela si adegui», conclude Blickenstofer.