Anche l’Italia osserva l’incremento dei dati svizzeri sul Covid-19 con una certa preoccupazione
La critica: «A una crisi la Svizzera reagisce con un atteggiamento letargico».
BERNA - «Solo tre settimane fa eravamo una delle migliori nazioni sul piano europeo e ora siamo uno dei Paesi più in difficoltà». Lo ha detto mercoledì, in conferenza stampa da Berna, il consigliere federale Alain Berset, aggiungendo: «È difficile spiegare cosa abbia portato a questo, ma se si continua di questo passo senza reagire la situazione rischia di peggiorare ulteriormente». In effetti la seconda ondata di coronavirus in Svizzera sembra essere scoppiata letteralmente da un giorno all’altro. E se in giugno il nostro Paese era considerato il migliore al mondo in quanto a garanzie di protezione dal punto di vista sanitario ed economico (secondo uno studio condotto su 200 Paesi dal Deep Knowledge Group), oggi da “studente modello” siamo passati a “osservato speciale”. Con l'ammissione che i vicini fanno meglio di noi (o noi peggio di loro).
Nella settimana 42 (12-18 ottobre), sono stati registrati complessivamente 19'478 nuovi casi confermati in laboratorio, rispetto agli 8'749 nella settimana precedente, più del doppio. Il 15,5% dei tamponi (127'065) è risultato positivo. La Svizzera ha registrato 314 casi di coronavirus ogni 100’000 abitanti nel corso delle ultime due settimane. Tutti i cantoni superano la soglia di 60 fissata dalla Confederazione per definire i paesi a rischio, al rientro dai quali viene imposta la quarantena.
La Germania ha messo tutti i cantoni sulla “lista nera” dei Paesi ad alto rischio di contagio, imponendo la quarantena a chi viene dalla Svizzera, tutta. Un articolo comparso su Der Spiegel descrive la strategia messa in atto dalla Confederazione per il contenimento dei contagi come “piuttosto cauta” rispetto alla reale situazione. Addirittura l’Italia - che ieri registrava oltre 16’000 nuovi casi - guarda alla Svizzera con preoccupazione. “1’000 positivi ogni 100mila abitanti, la Svizzera adesso spaventa anche l’Italia” titolava mercoledì il Messaggero.
Ma per Hans Klaus, esperto in comunicazione e gestione delle crisi ed ex capo delle relazioni pubbliche del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP), l’esitazione delle autorità nel prendere decisione più “drastiche” risiede proprio in un atteggiamento prettamente svizzero. «Di fronte a una crisi, il Paese si mostra letargico», fiacco, indolente. È una questione «quasi genetica» il tentativo di evitare grandi cambiamenti. «Inoltre il popolo è abituato a poter dire la sua su ogni cosa» e gli obblighi vengono imposti mal volentieri.
Klaus è critico anche nei confronti della visione svizzera: «Il loro sguardo non va oltre Chiasso». In pratica ognuno pensa al proprio “giardinetto”. «Finché le cose non li toccano direttamente, hanno la sensazione di poter continuare tranquillamente sulla loro strada». Poi, la stoccata finale: «In una crisi è importante che le autorità prendano una posizione chiara e dimostrino la loro capacità di leadership».