La proposta del Consiglio federale sono altre cinque settimane senza ristoranti strutture per il tempo libero e lo sport
Ma spetta ai Cantoni avanzare idee su possibili inasprimenti: obbligo di telelavoro, chiusura dei negozi e, in extremis, interventi nella scuola dell'obbligo. Intanto stop alle eccezioni.
BERNA - Era (tanto) attesa ed è arrivata. Il Consiglio federale fa la sua proposta per limitare l'aumento dei contagi da coronavirus in Svizzera: mantenere la chiusura di ristoranti e strutture per la cultura, il tempo libero e lo sport fino a fine febbraio. La conferenza stampa convocata alle 14 - a cui ha presenziato solo Alain Berset - ha proprio lo scopo di informare la popolazione.
«La situazione non è buona, anzi, è cattiva direi - ha esordito Alain Berset -. Le cifre non scendono. Il tasso di riproduzione è in aumento. La mortalità resta troppo elevata. Intorno a noi le nazioni chiudono. Questa evoluzione a livello internazionale è importante. Le notizie non sono positive».
"Cantoni, fatevi avanti" - Sul fronte epidemico, la situazione nel nostro paese resta tesa. In seduta straordinaria, questa mattina, il Consiglio federale ha quindi discusso in modo approfondito l'opzione di prolungare le misure attualmente in vigore per cinque settimane dopo il 22 gennaio. «Sappiamo già che il 23 gennaio non avremmo potuto dare buone notizie», ha detto senza mezzi termini Berset. Ma la decisione in via definitiva arriverà il 13 gennaio, dopo avere consultato i Cantoni. Proprio ai Cantoni, infatti, viene chiesto nel frattempo di esprimersi su una serie di possibili inasprimenti.
Consultazione dei Cantoni - Il Consiglio federale sottoporrà ai Cantoni, per consultazione, una serie di possibili inasprimenti che gli permetteranno, se necessario, di reagire rapidamente. Tra i provvedimenti ventilati figurano l’obbligo del telelavoro, la chiusura dei negozi, un’ulteriore limitazione degli assembramenti e delle manifestazioni private, un’accresciuta protezione delle persone particolarmente a rischio e ulteriori misure sul posto di lavoro. I Cantoni devono inoltre riflettere su quali provvedimenti potrebbero essere adottati per la scuola dell’obbligo nel caso la situazione imponesse ulteriori interventi. «Noi non vogliamo chiudere le scuole - ha precisato Berset, interpellato da un giornalista -. Ma i Cantoni sono spinti a essere pronti se la situazione dovesse peggiorare. Mi auguro che non dovranno essere messe in pratica, ma tutto potrebbe deteriorarsi rapidamente».
Stop alle eccezioni, siamo tutti uguali - Ma le "eccezioni" finora previste per le regioni con un’evoluzione epidemiologica favorevole, che potevano prevedere allentamenti, sono ora revocate. Dal 9 gennaio (e fino al 22) dovranno così restare chiusi, in tutta la Svizzera, i ristoranti e le strutture per la cultura, il tempo libero e lo sport. Interrogato da un giornalista, Berset ha spiegato che il Consiglio federale è rimasto in contatto con i Cantoni. «Se sia stata una buona idea prevedere delle eccezioni non è facile dirlo - ha aggiunto -. Ma le nuove mutazioni del virus (i casi riscontrati in laboratorio sono passati dai 28 di ieri ai 37 di oggi, ndr.) non le potevamo prevedere e se dovessero evolversi come nel Regno Unito... dobbiamo impedirlo».
Sette giorni per decidere - La paura è per il periodo post festività. È infatti calato il numero di persone che si sono fatte testare. Inoltre, si teme per la "variante inglese" e la "variante sudafricana", già riscontrate in Svizzera. Ma ciò che preoccupa di più è la pressione sugli ospedali. Tra sette giorni il Consiglio federale prenderà una decisione definitiva sul prolungamento dei provvedimenti e sulla loro durata e su ulteriori misure per attenuarne le conseguenze economiche.
«Dobbiamo evitare una terza ondata» - «Ora siamo nella fase più difficile della maratona, ma non possiamo abbandonare la gara - ha aggiunto Berset -. La popolazione è stufa, è affaticata. Ci sono famiglie a lutto. Tanti settori toccati economicamente. Capiamo che è frustrante e difficile. Ma dobbiamo cercare di trovare la strada migliore, dimostrare solidarietà nei confronti di tutti, pure della ristorazione, della cultura, dello sport, del tempo libero». Il consigliere federale ricorda l'inizio del 2020: «Quello che faceva la Cina ci serviva da insegnamento. Ora lo stesso vale con il Regno Unito, che in dicembre è stato molto trasparente con la sua situazione. Dobbiamo cogliere questa occasione per evitare una terza ondata».
I vaccini - «Negli ultimi giorni la situazione mi ha un po' stupito, sono un po' basito - ha aggiunto Berset -. È da marzo 2020 che se ne parla. Già a novembre abbiamo detto ai Cantoni di organizzarsi. Ci siamo riservati più di 15 milioni di dosi. A inizio gennaio siamo partiti, è andata più in fretta del previsto. Le dosi aumenteranno, abbiamo già mezzo milione per gennaio, un milione a febbraio. Le dosi ci permetteranno di vaccinare tutta la popolazione adulta svizzera, in pochi mesi. È un’ottima notizia. Abbiamo già 230'000 dosi in circolazione in questo momento. Entro la fine dell'estate avremo a disposizione le dosi per vaccinare tutta la popolazione svizzera (che lo desidera)».
Il punto della situazione - «A che punto siamo oggi, dopo i giorni di festa? - chiede Berset, che subito si risponde -. Non lo sappiamo. Il numero dei tamponi è calato e i dati non sono ancora "aggiornati" dopo le feste. Ci aspettavamo un dimezzamento dei casi con queste misure, ma non è avvenuto. La curva non è scesa. Con le festività ne sappiamo meno di prima anche sul tasso di riproduzione. E non vogliamo sorprese negative. Bisogna prepararsi. Abbiamo la buona notizia della campagna dei vaccini che è partita, ma abbiamo la cattiva notizia di una nuova variante. E non possiamo escludere una terza ondata. Continuate a rispettare le misure e fatevi testare. Al minimo sintomo. Fate il tampone. Dobbiamo trovare una strada per evitare che la situazione deteriori ulteriormente».