Il grido d'allarme di Gastrosuisse, secondo cui la situazione si sarebbe «ulteriormente aggravata» con il 2G.
Il residente Casimir Platzer: «Il settore è in difficoltà economiche. Serve una soluzione pratica sui casi di rigore».
BERNA - Quasi il 70% di ristoranti, bar e caffè sono in perdita a causa delle misure anti-coronavirus. A rivelarlo è l'associazione di categoria Gastrosuisse, secondo cui la situazione si è aggravata con l'introduzione dell'obbligo per i clienti di disporre del certificato Covid e ancor di più da dicembre, quando è entrata in vigore la regola del 2G (ingresso solo per vaccinati o guariti).
«La situazione economica del settore rimane seria», ha detto, citato in un comunicato odierno, il presidente Casimir Platzer. Secondo un sondaggio effettuato nella prima settimana dell'anno, quasi sette esercizi su dieci accusano un deficit. E il tutto si ripercuote anche sui dipendenti, che si trovano sempre più in difficoltà.
Dopo l'ulteriore inasprimento deciso lo scorso mese dalle autorità, le attività legate alle festività hanno in particolare accusato il colpo, prosegue Platzer. Le aziende del settore hanno fatturato solo il 53% rispetto a un normale anno commerciale.
Per quanto riguarda gli aiuti, l'associazione accoglie con favore il fatto che il programma per i casi di rigore sarà rilanciato e che il governo sta cercando d'indennizzare gli ambienti colpiti il più rapidamente possibile e in modo uniforme in tutto il Paese. L'attuazione sarà comunque decisiva: "Serve una soluzione pratica", afferma Platzer.
Gastrosuisse chiede inoltre al Consiglio federale un sostegno finanziario retroattivo, così da compensare non solo i costi scoperti del 2022, ma anche quelli fino a settembre 2021. Senza dimenticare che eventuali ulteriori strette per mano dell'esecutivo sono una costante spada di Damocle che incombe sull'intera ristorazione.