L'ex-capo di Raiffeisen è accusato di aver occultato 9 milioni, per lui chiesti 6 anni di carcere
C'è chi parla già di processo a senso unico, ma non tutti sono d'accordo.
ZURIGO - Si è aperto questa mattina a Zurigo, uno dei più grossi processi finanziari della storia svizzera recente. Alla sbarra ci saranno infatti l'ex-capo di Raiffeisen Pierin Vincenz e altre 6 persone, tra le quali anche l'ex-capo della società di carte di credito Aduno (ora Viseca).
Entrambi sono accusati di frode e di appropriazione indebita di diversi milioni di franchi (9 milioni Vincenz e 16 Stocker) e anche di falsificazione in documenti e concorrenza sleale.
Per il 65enne Vincenz, il pubblico ministero chiede 6 anni da scontare in carcere dai quali dovrebbero venire scontati i 108 che ha già trascorso dietro le sbarre. Oltre alla pena detentiva è richiesto un rimborso all'istituto di credito della totalità del presunto maltolto, così come 120'000 franchi di spese legali.
Malgrado ciò, al suo arrivo davanti alla Corte, ha mostrato un grosso sorriso e un bell'umore: «Buon giorno a tutti, tutto bene?», ha apostrofato i giornalisti, «io sì, sto bene».
Il processo, particolarmente atteso dai media Oltregottardo che lo ritengono di risonanza pari a quello storico di Swissair, si terrà non in tribunale ma alla Volkshaus di Zurigo, che è una grossa sala per concerti ed eventi della città che può ospitare fino a 1'000 persone. A parte questa eccezionalità il resto si svolgerà secondo copione, anche se uno dei co-imputati di Vincenz è recentemente risultato positivo al Covid.
Sebbene molti osservatori siano fiduciosi che vi sarà una condanna e che quindi si tratti fondamentalmente di un processo a senso unico, c'è anche chi ritiene che il tutto non sarà affatto scontato.
Si tratta del noto professore di diritto penale dell'Università di Friburgo, Marcel Niggli, che in un'intervista pubblicata sulla stampa svizzera tedesca ha confermato di essere «imbarazzato per la debolezza dell'accusa». Secondo lui, infatti, il peso di dimostrare la colpevolezza degli imputati verterà tutto sulle spalle del pubblico ministero. Il motivo, secondo lui, «è che l'argomentazione dell'accusa è incredibilmente debole, malgrado gli anni impiegati nelle indagini».
Il motivo-cardine riguarda proprio i "tesoretti" di Vincenz e Stocker: «La parte più difficile è dimostrare che la non dichiarazione dei profitti dei fondi di private equity sia effettivamente dolo», ha commentato Niggli anche sulle pagine del TagesAnzeiger, «l'occultamento in sé non è un comportamento fraudolento, perché vi sia effettivamente frode è necessario provare che vi sia un danno. E visto che Raiffeisen e Aduno hanno ci hanno comunque guadagnato, ritengo che non sarà affatto scontato dimostrarlo, è una strada che potrà dimostrarsi parecchio in salita».