I centri di ricerca di tutta Europa sono presi di mira dalle attività di spionaggio di vari regimi autoritari. Facciamo il punto.
BERNA - Le università svizzere sono minacciate da attività di spionaggio straniere. Questa la conclusione di uno studio pubblicato a fine gennaio dal Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC). Lo studio non menziona la nazionalità degli agenti, ma in generale si tratta di stati autoritari che utilizzano studenti stranieri presenti sul territorio elvetico per monitorare il comportamento dei connazionali che frequentano le nostre università.
Il Servizio delle attività informative della Confederazione - Ma andiamo con ordine. Il SIC è uno strumento di politica di sicurezza della Svizzera che «si occupa dell’individuazione tempestiva e della lotta contro il terrorismo, dell’estremismo violento, dello spionaggio, della proliferazione delle armi di distruzione di massa e delle tecnologie dei loro vettori nonché dei cyberattacchi alle infrastrutture critiche», si legge nel sito internet della Confederazione. Inoltre, il SIC raccoglie informazioni importanti in materia di sicurezza e le analizza.
Le conseguenze di questi atti di spionaggio potrebbero essere gravi per università e ricercatori: perdita di contratti, fondi per le ricerche, esclusione da gruppi internazionali, perdita di reputazione e posizione peggiore nelle classifiche internazionali.
Allarmare e sensibilizzare - L’obiettivo del SIC è allarmare le università e le istituzioni di ricerca per arginare un problema che potrebbe sfociare in complicazioni più gravi. Gli esempi elencati nello studio rivelano l'estensione del fenomeno.
Un giovane scienziato di un'università europea (non viene specificata quale) è stato per esempio invitato tramite Linkedin da un dipendente di un think tank asiatico per uno scambio professionale. Lo scienziato è stato invitato all'estero. I dipendenti del think tank erano in realtà rappresentanti del servizio di intelligence che volevano reclutare lo scienziato come fonte di informazioni per dati sensibili dal suo ambiente di lavoro.
Lo studio menziona anche l'esempio di un dottorando straniero iscritto a un'università svizzera che ha sporto denuncia alla polizia perché si sentiva sorvegliato dai connazionali del suo paese, membri di un'associazione studentesca. Dalle indagini è emerso che i connazionali erano stati incaricati dall'ambasciata di tenere sotto sorveglianza i cittadini all’estero.
«Non bisogna essere paranoici» - Il fenomeno, secondo l'esperto dei servizi segreti Adrian Hänni, riguarda però tutte le università europee. I servizi segreti non sono interessati solo alle aree tecniche, ma anche alle scienze politiche.
È importante prendere sul serio questo pericolo, senza però esagerare. «Non bisogna diventare paranoici», ha spiegato l'esperto a 20Minuten. Se la cultura d'accoglienza e lo scambio di conoscenze venissero compromessi a causa di questi rischi, il danno per la Svizzera sarebbe probabilmente maggiore rispetto al pericolo di spionaggio, afferma Hänni.
«Spaventare centinaia di migliaia di studenti in Svizzera ora non avrebbe senso». Basta prende alcuni provvedimenti precisi. I dottorandi e gli accademici che sono attivi a livello internazionale dovrebbero fare attenzione in determinate situazioni. È importante, per esempio, controllare il background degli scienziati ospiti. «Quando il contatto viene stabilito da estranei tramite reti come Linkedin, una popolare piattaforma di reclutamento per i servizi cinesi, bisogna stare attenti».