Claude Wild, ambasciatore svizzero a Kiev, lascerà l'Ucraina a fine febbraio. Il suo racconto.
KIEV - 24 febbraio 2022. I carri armati russi entrano in Ucraina. È l'inizio dell'invasione. Un'invasione che ha ormai quasi raggiunto l'anno e la cui fine resta un'incognita. Chi ha vissuto in prima linea questo dramma è l'ambasciatore elvetico a Kiev Claude Wild che a fine mese abbandonerà definitivamente l'Ucraina per passare alla (più tranquilla) Strasburgo, dove rappresenterà la Svizzera presso il Consiglio d'Europa. Il diplomatico ha raccontato al Blick quest'anno complicatissimo, dall'evacuazione in fretta e furia dell'Ambasciata a marzo - con un'unità speciale che lo ha scortato fuori dal Paese -, alla riapertura (senza bandiera).
Ma il momento che più lo ha segnato è un altro. «Non dimenticherò mai - confida al giornale zurighese - il fetore dei cadaveri in decomposizione a Izyum. Ero presente quando vennero scoperte e scoperchiate le fosse comuni nella città liberata». Vedere la morte da vicino ha toccato il diplomatico ginevrino. «Tutta questa brutalità ti lascia un segno indelebile. Quasi tutti i giorni morivano conoscenti, collaboratori o amici. È tutta un'altra cosa che osservare la guerra a distanza di sicurezza o guardando solo cifre».
Secondo Wild la Svizzera ha reagito con «rapidità e determinazione» alla guerra, benché abbia deciso di non inviare armi, applicando il suo diritto alla neutralità. «Non c'è solo il fronte militare, ma ci sono anche i fronti economici e umanitari. In questi due ambiti - precisa - la Svizzera è molto attiva, ad esempio donando soldi alle grandi organizzazioni umanitarie presenti in Ucraina». Ma non solo. «Le squadre elvetiche - sottolinea l'ambasciatore - si recano nelle zone di guerra per riparare le condotte dell'acqua».
La Svizzera è criticata da più parti da un lato per la questione delle armi, dall'altro perché non intende confiscare i patrimoni russi. «Chiedersi se la ricostruzione dell'Ucraina debba avvenire con i soldi sequestrati ai russi è una domanda legittima. Ma la maggior parte dei paesi europei non ha la base giuridica per questi espropri».
L'ambasciatore, infine, ricorda i suoi quattro anni passati a Kiev. «Non è facile partire, lasciando qui la mia squadra durante la guerra. Ma le regole sono chiare: un ambasciatore è obbligato a lasciare un Paese dopo quattro anni. Questa guerra comunque ci ha mostrato quanto velocemente un paese e la sua gente possano essere distrutti per ragioni totalmente assurde», conclude Wild lanciando un appello all'importanza di proteggere in maniera «proattiva» la libertà, perché senza di lei svanisce tutto.