Secondo la SECO, l'immigrazione ha reso più semplice assumere personale qualificato e specializzato per le aziende elvetiche.
BERNA - L'immigrazione dallo spazio UE negli ultimi vent'anni ha contribuito in maniera significativa a soddisfare la richiesta di manodopera in Svizzera. È la conclusione a cui giunge il 19esimo rapporto dell'Osservatorio sulla libera circolazione delle persone, in cui vengono elencati i benefici del reclutamento di lavoratori dall'estero, come il freno all'invecchiamento demografico.
Con la libera circolazione, indica oggi in una nota la Segreteria di Stato dell'economia (SECO), per le aziende elvetiche è diventato più semplice assumere personale indigeno e attingere al potenziale di manodopera dello spazio Ue, soprattutto per coprire il fabbisogno di professionisti qualificati e spesso specializzati.
Anche nel caso delle attività con un livello di qualificazione medio-bassa, il reclutamento di manodopera nei Paesi dell'Unione europea si è rivelato importante. Questo è vero ad esempio nei mestieri artigianali o nelle professioni della vendita, dove l'offerta di lavoratori indigeni si è sempre più rarefatta.
Dal 2002, il numero di abitanti della Svizzera è salito dello 0,9% all'anno, una quota maggiore di quella di altre nazioni del Vecchio Continente. È il sintomo di un'economia e di una crescita forti, ha sottolineato durante una conferenza stampa la direttrice della SECO Helene Budliger Artieda. La libera circolazione però non è la sola ragione, ha ammesso.
Invecchiamento della popolazione
L'immigrazione nell'ambito della libera circolazione si è caratterizzata per la forte presenza di persone in età lavorativa: per questo negli ultimi due decenni ha avuto un impatto notevole sul processo di invecchiamento della popolazione, spiega la SECO. Questo fenomeno di «ringiovanimento» trova riscontro anche in un confronto trasversale con altri Paesi europei.
In futuro, l'incremento della popolazione in età attiva dipenderà sempre più dall'immigrazione. Già oggi infatti il totale di persone di 65 anni ha superato quello dei ventenni. Ciò significa che chi lascia il mercato del lavoro è in superiorità numerica rispetto a chi vi entra. Il divario demografico continuerà ad ampliarsi con l'imminente pensionamento dei baby boomer.
Svizzera sempre attrattiva
L'invecchiamento demografico della società in tutta Europa sta accentuando la concorrenza internazionale per attrarre i professionisti più richiesti, continua la SECO. Nel corso della ripresa economica dopo la pandemia, le difficoltà di reclutamento si sono accentuate.
Ciononostante, l'attrattiva della Svizzera nei confronti della manodopera straniera non sembra sia stata intaccata. L'anno scorso, in un contesto caratterizzato da una forte richiesta e da una disoccupazione storicamente bassa, il tasso di immigrazione netta nell'ambito dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone e l'occupazione dei frontalieri hanno registrato un forte aumento. Uno slancio proseguito pure nella prima metà del 2023.
Poco aiuto sociale
Per quanto riguarda la disoccupazione, gli immigrati sono esposti a un rischio superiore alla media, soprattutto chi arriva dall'Europa meridionale e orientale. Si tratta in effetti di persone sovente con rapporti di lavoro instabili, per esempio stagionali.
Al contrario, la percentuale di richieste di prestazioni di aiuto sociale si attesta a un livello molto basso, persino inferiore rispetto a quello dei cittadini svizzeri. Non vi sono quindi indicazioni che chi si trasferisce nella Confederazione nell'ambito della libera circolazione sia più spesso dipendente dall'assistenza sociale rispetto alla popolazione autoctona a causa di lavori precari.
Aspetti negativi
Non tutto però è rose e fiori. La libera circolazione tende a incoraggiare forme di precariato come i lavoratori distaccati, ha fatto notare davanti ai media il capo economista dell'Unione sindacale svizzera (USS) Daniel Lampart, categoria per la quale esiste un rischio molto elevato di dumping.
Il lavoro su chiamata si è fatto più frequente, ha aggiunto l'esperto, il che va a favore delle aziende attive nel prestito del personale e mette pressione sugli stipendi. Vi è peraltro un buco nella protezione dei salari nei settori sprovvisti di un contratto collettivo di lavoro (CCL) come la vendita al dettaglio, ha evidenziato Lampart.