Le difficoltà del reinserimento sociale dei prigionieri dopo lunghi periodi di detenzione. La parola dell'esperto.
ZURIGO - Dopo 33 anni in un carcere di massima sicurezza, le autorità della Virginia hanno deciso di rilasciare Jeny Söring. Il tedesco, accusato di aver ucciso, insieme alla fidanzata Liz, la famiglia di lei nel 1985, è stato rinviato in Germania con un divieto di tornare negli Stati Uniti.
L’estradizione di Söring ha fatto molto discutere. Lui si dichiara non colpevole, eppure la sua versione nel corso degli anni è cambiata più volte. Ma è possibile per una persona che ha trascorso più di 30 anni in carcere tornare a una vita normale? 20Minuten ha posto la domanda a Thomas Knecht, psichiatra carcerario e forense da dodici anni a Herisau. «Quasi nessuno in Svizzera rimane dietro le sbarre così a lungo. Qui l’ergastolo significa 15 anni. In ogni caso i prigionieri che devono scontare questi periodi sperimentano uno sviluppo significativo. Il carcere offre tante possibilità: si impara a vivere in gruppo, a gestire il tempo libero e a organizzare il proprio lavoro».
Si può dire che una detenzione lunga sia una buona cosa?
«La prigione permettere di staccare la spina, è una boccata d’aria da tutte le preoccupazioni e gli stress della vita. Non mancano però gli esempi negativi. Ogni tanto capita che un carcerato non ha nessuna intenzione di approfittare di queste offerte educative».
Le carceri americane sono peggiori di quelle svizzere?
«Negli Stati Uniti le prigioni sono molto più grandi. Non è quindi possibile fornire lo stesso livello di attenzione e supporto ad ogni detenuto. Ma c'è anche un'altra differenza importante. Il sistema carcerario è incentrato più verso la disciplina che verso il trattamento terapeutico».
Come si aiuta un prigioniero a tornare a una vita normale?
«La magistratura è ben consapevole di queste difficoltà e adotta misure di prevenzione. Ad esempio, si ha la possibilità di abituare gradualmente qualcuno alla vita normale concedendogli vacanze sempre più lunghe, oppure attraverso uno stage lavorativo prima della definitiva liberazione. Lo shock della realtà viene assorbito dopo un lungo periodo di prigionia».
Quali prospettive future hanno i detenuti dopo il carcere?
«Le prospettive sono molto buone. Stare lontani dalla società per lungo tempo non comporta solo degli svantaggi. Una persona matura e ha tempo per riflettere. Il mondo in carcere è più semplice di quello esterno. Si tratta di mostrare ai prigionieri come dovranno poi comportarsi fuori. Dopo il carcere molte persone dimostrano di essere altri esseri umani e concittadini. Più grave è il reato, minore è la probabilità di recidiva. Per gli omicidi, ad esempio, il tasso di recidiva a livello mondiale è compreso tra lo zero e il tre percento. Per i reati legati alla droga la percentuale supera invece il 50%».