Quanto fanno paura le minoranze? Secondo un sondaggio meno di quanto si possa pensare.
ZURIGO - Osservandola più da vicino, non è poi così chiusa. Stiamo parlando della Svizzera e dei suoi cittadini: stando infatti allo studio presentato questa mattina a Zurigo dal titolo “Insieme nella diversità”, gli svizzeri hanno un atteggiamento relativamente positivo nei confronti di quest'ultima.
I dati mostrano come circa metà degli oltre 4000 partecipanti ai due sondaggi - che ha visto coinvolte persone della Svizzera tedesca, francese e italiana -, veda l’aumento della diversificazione, negli ultimi decenni, come qualcosa di sostanzialmente positivo. Non solo: considera la diversificazione come una caratteristica centrale della Svizzera ed è favorevole alla visibilità delle minoranze, alla loro richiesta di diritti e alla loro rappresentanza politica. Un altro terzo, si è mostrato parzialmente d'accordo con queste affermazioni.
La ricerca, commissionata all'Istituto Gottlieb Duttweiler dal Percento culturale Migros, ha cercato di rivelare quanto siano diversificate o uniformi le cerchie di conoscenze della popolazione svizzera relativamente a origine, sesso, età, lingua, posizione sociale, stile di vita, convinzioni religiose, filosofiche o politiche e menomazioni fisiche, mentali o psichiche.
Una Svizzera accogliente - Il quadro che emerge, dunque, è di una Svizzera piuttosto accogliente. Lo conferma il fatto che l'arrivo di nuovi vicini o vicine stranieri, o con un orientamento sessuale differente, non susciti particolare emozione: la maggior parte delle persone intervistate ha risposto infatti in modo sostanzialmente neutro. Solo circa il 5% dei partecipanti ai due sondaggi ha provato emozioni negative all'idea di avere nuovi vicini o vicine con un alto livello di istruzione o provenienti da altre parti della Svizzera o dalla campagna.
Chi piace meno - Il dato peggiora invece per vicine o vicini fittizi musulmani, con lo status di rifugiati o simpatizzanti dell'UDC, per cui più del 30% ha dichiarato di aver provato emozioni negative nei loro confronti.
E se nella maggior parte dei casi le persone intervistate appartenenti a coppie di opposti, come ricchi/poveri, con un alto livello di istruzione/basso livello di istruzione o giovani/anziani, non prova sentimenti né positivi, né negativi nei confronti dell'“altra parte”, le posizioni politiche opposte (PS e Verdi o UDC) polarizzano la popolazione. Insomma, agli svizzeri non piace più di tanto avere un vicino di casa che la pensa diversamente.
Giovani più chiusi di quanto possa sembrare - Dallo studio si riscontra inoltre che tra i diversi gruppi di età prese in considerazione, sono i più giovani - tra i 16 e i 29 anni - a essere maggiormente polarizzati nei confronti delle minoranze (persone vegane, transgender e non binarie od omosessuali). Un quadro diverso rispetto all'immagine che solitamente traspare dai media, dove solitamente sembrano essere gli adulti e le persone con qualche anno in più a rivelarsi meno aperti nei confronti della diversità.
Bolle chiuse ma omogenee - Dall'indagine emerge poi un altro aspetto interessante. I risultati mostrano che quasi due terzi dei poveri e dei ricchi non conoscono nessuno, o solo poche persone, del gruppo opposto.
Ma per quale ragione, allora, le persone non riescono a conoscere "il diverso"? La maggior parte dei gruppi ha citato la mancanza di opportunità, piuttosto che l'effettiva assenza di interesse. Un'opportunità mancata insomma, dato che - secondo lo studio - avere la possibilità di entrare in contatto con gruppi diversi da quelli di provenienza può aiutare a ridurre l'insorgenza di sentimenti negativi.
Anche l'esposizione mediatica ha la capacità di migliorare la percezione, e di conseguenza l'atteggiamento che la popolazione ha nei confronti delle minoranze. Un esempio recente è rappresentato dalla vittoria all'Eurovision Song Contest di Nemo che, in qualità di persona non binaria dichiarata (e attivista, tra l'altro) ha permesso di migliorare significativamente l'atteggiamento nei confronti delle persone non binarie.
Il contatto tra gruppi diversi consentirebbe dunque di attenuare i pregiudizi, incoraggiando gli individui a riconsiderare le proprie riserve e a creare legami con altri, anche se “diversi”.