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SVIZZZERA4500 richiedenti via dalla Svizzera, ma in 2500 non hanno il passaporto

01.09.24 - 15:37
Richiedenti asilo e reati: espulsioni difficili e politica sotto pressione. La SEM:« Il processo di identificazione ha tempi molto lunghi»
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Fonte SonntagsZeitung
4500 richiedenti via dalla Svizzera, ma in 2500 non hanno il passaporto
Richiedenti asilo e reati: espulsioni difficili e politica sotto pressione. La SEM:« Il processo di identificazione ha tempi molto lunghi»

ZURIGO - Richiedenti d'asilo che commettono reati. Questione spinosa per il Consigliere federale Beat Jans, sotto pressione per l'annosa questione dei rimpatri. Partiamo dall’ultimo esempio finito alle cronache. Meno di due settimane fa a Davos due richiedenti l'asilo respinto hanno picchiato, insultato, preso a sputi e inseguito un ebreo ortodosso. Ebbene i due sono già in libertà e la politica si interroga. A cominciare dal Consigliere di Stato dei Grigioni del PS che ha preso una posizione netta sulla questione: «Non tolleriamo che persone che hanno il permesso di stare qui attacchino altre persone - ha detto Peter Peyer alla SonntagsZeitung - sia per la religione che per il colore della pelle».

La situazione dei due giovani a piede libero è però ingarbugliata: non hanno documenti, non è chiara la loro nazionalità e per questo non si può procedere all’espulsione. Non un caso isolato, visto che nella Confederazione sono 4500 i richiedenti che dovrebbero lasciare la Svizzera (dati SEM) e sono in attesa. Di questi 2500 non hanno il passaporto. Ma mentre si cerca di controllare l'identità di queste persone (la maggior parte di quelli di cui si conosce l'origine arrivano da Algeria, Marocco, Eritrea, Iraq e Iran), senza documenti è impossibile far ritorno in Patria. Difficile dunque venirne a capo: «Non sempre è possibile verificare un'identità al di là di ogni dubbio - spiega la Segreteria di Stato della Migrazione -, il processo di identificazione richiede tempi molto lunghi».

Nel frattempo la Germania, specie dopo gli ultimi episodi di attacchi terroristici, ha intensificato i rimpatri mettendo su un aereo i criminali con destinazione Afghanistan, per la prima volta dopo la presa del potere dei Talebani. ma non solo dato che sta pensando di fare la stessa cosa verso la Siria. Al netto di ciò, a Berna si esita (Beat Jans ha preso nota di questa decisione, secondo il suo dipartimento), mentre la SEM ha detto di monitorare costantemente la situazione e gli sviluppi. Nelle scelte pesa il fatto che in Siria c'è la guerra: questo metterebbe a rischio i rimpatriati, oltre che i poliziotti, chiamati ad accompagnare il rientro.

Ma c'è chi dalla politica alza la voce. «Se qualcuno commette un reato grave, e parlo di crimini contro la vita e l'incolumità fisica, non di borseggio, allora ha perso il diritto di rimanere in Svizzera e deve sopportare le conseguenze dell'espulsione», tuona Martin Bäumle consigliere nazionale dei Verdi Liberali. Per il politico sarebbe opportuno, e dunque in linea con il diritto internazionale, deportare i colpevoli di reati in Afghanistan e Siria.

E se anche per Petra Gössi, portavoce dei Liberali Radicali, «nel caso di criminali stranieri, il governo federale deve agire ed espellerli», di avviso diverso è consigliere nazionale dei Verdi Balthasar Glättli che non condivide il giro di vite messo in atto da Berlino e avverte che «muri sempre più alti non portano più sicurezza all'Europa, ma meno». E il dibattito si infiamma.

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