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SVIZZERAFirme false, scoppia un polverone a Palazzo federale

03.09.24 - 15:50
I politici presenti a Berna chiedono di fare luce sullo scandalo. E c'è già chi chiede il divieto della raccolta firme dietro pagamento.
Tamedia
Fonte ats
Firme false, scoppia un polverone a Palazzo federale
I politici presenti a Berna chiedono di fare luce sullo scandalo. E c'è già chi chiede il divieto della raccolta firme dietro pagamento.

BERNA - Fare innanzitutto luce su quanto accaduto. È la prima reazione a caldo dei partiti dopo lo scandalo delle potenziali firme false in iniziative e referendum scoppiato ieri. E c'è già chi chiede - come ad esempio la consigliera nazionale Greta Gysin - il divieto di raccogliere sottoscrizione dietro pagamento.

Come prevedibile, lo scoop di Tamedia sull'avvio di un'inchiesta da parte del Ministero pubblico della Confederazione (MPC) su possibili frodi nelle raccolte firme - il sospetto è che società commerciali che si occupano di svolgere questo compito abbiano imbrogliato, falsificando delle sottoscrizioni - ha sollevato un polverone a Palazzo federale.

«Sono costernato e indignato, anche se al momento non conosco l'effettiva portata dell'accaduto», ha detto oggi a Keystone-ATS il presidente della Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati (CIP-S) Daniel Fässler (Centro/AI). Il "senatore" chiede la massima trasparenza: «Voglio sapere dalla Cancelleria federale quando ha saputo la cosa e se ha ricevuto informazioni trasparenti da Cantoni e Comuni».

Il fatto che si verifichino irregolarità nella raccolta delle firme non deve comunque sorprendere, ha sostenuto Fässler. «Il sistema ha un grande potenziale di abuso perché è difficile controllare ogni singola firma». Se poi ci sono soldi in ballo il rischio aumenta: «Si creano incentivi per le frodi».

Fässler, come altri parlamentari contattati, afferma di essere venuto a conoscenza del problema attraverso la stampa. L'appenzellese si è detto sorpreso del fatto di non essere stato informato, tanto più che fino alla fine dello scorso anno faceva parte della Commissione della gestione, organo che si occupa della vigilanza sull'Amministrazione federale.

Pericolo per la democrazia - Anche la presidente della Commissione delle istituzioni politiche del Nazionale (CIP-N), la ticinese Greta Gysin, ha espresso il suo disappunto: «La falsificazione delle firme mette in pericolo le nostre istituzioni e la democrazia diretta», afferma l'ecologista su X. Dal suo punto di vista il pagamento delle firme dovrebbe essere vietato. Il suo partito presenterà ancora questa settimana una proposta in tal senso in seno alla CIP-N.

Il consigliere nazionale Roger Nordmann (PS/VD) formula un'altra proposta: chiedere a un campione di firmatari se riconoscono la propria firma e se era loro intenzione sostenere l'iniziativa. Se le risposte lasciano emergere dubbi sull'effettivo raggiungimento del numero minimo di sottoscrizioni, allora andrebbero verificate tutte le firme e dichiarate nulle le iniziative che non raggiungono chiaramente quota 100'000, sostiene il vodese su X.

Da parte sua, il consigliere nazionale bernese del PLR Christian Wasserfallen, anch'egli membro della CIP-N, dice di essere irritato del fatto che la Cancelleria federale fosse al corrente della cosa ma che non abbia comunicato attivamente, così come il Consiglio federale. «Questo comportamento non rafforza la fiducia nelle istituzioni».

Wasserfallen è però scettico in merito alla proposta di Gysin: «Continuo a non credere al divieto di raccolta firme a pagamento». Le piccole associazioni sarebbero penalizzate e i diritti dei cittadini sarebbero limitati. «La raccolta di firme a pagamento non è un problema, purché si svolga correttamente».

Anche il capo del gruppo parlamentare dell'UDC Thomas Aeschi (ZG) è contrario al divieto di raccolta firme a pagamento: «Abbiamo il diritto di raccogliere le firme come vogliamo». Il democentrista sottolinea poi come per i referendum il lasso di tempo per trovare le sottoscrizioni necessarie è limitato - 100 giorni - ed è quindi più probabile che si ricorra all'aiuto esterno. Se una società esterna si impegna a raccogliere firme, questo lavoro fa però fatto seriamente, puntualizza lo zughese.

Inoltre, se il tasso di inganno è sufficientemente elevato da far temere che l'iniziativa non abbia raggiunto le 100.000 firme valide, è necessario controllare tutte le firme e invalidare i testi che non hanno raccolto il numero sufficiente di iniziali, scrive da parte sua Normann su X.

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COMMENTI
 

Foxdilollo78 2 mesi fa su tio
Non credo che l’agenzia esterna abbia l’obbligo di racimolare un minimo di firme dunque non vedo perché debbano inserire firme non valide, devono solamente verificare che chi firma inserisca dati verosimili… la stessa cosa lo dovrebbe fare il partito che raccoglie le firme… il rischio sarebbe lo stesso… in più di sottoscrivere una petizione bisogna pure richiedere il passaporto? Hmmmm

Busca 2 mesi fa su tio
Risposta a Foxdilollo78
Il problema nasce quando le firme vengono pagate alla società esterna che le raccoglie che potrebbe “barare” per incassare di più.
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