La testimonianza di chi non ha potuto elaborare il lutto. La legge svizzera concede 14 settimane solo dopo il quinto mese.
BERNA - L'interruzione della gravidanza è un dolore immane. Un vuoto profondo, un abisso, dal quale una madre ha bisogno di tempo per metabolizzare il lutto. Tempo che spesso, la legge svizzera non concede.
Prima della 23esima settimana? - Nel nostro paese infatti le donne che partoriscono un bambino morto dopo la 23esima settimana di gravidanza possono richiedere 14 settimane di congedo pagato (due invece per il padre). Ma cosa succede se il dramma avviene prima di questo termine? Le donne svizzere sono abbastanza tutelate?
I tentativi della politica - Nel 2019 il deputato del PS Reynard Mathias aveva chiesto spiegazioni attraverso un'interpellanza al Consiglio federale. Così rispondeva l'Esecutivo: «Dal punto di vista giuridico, un aborto spontaneo o il parto di un bambino nato morto prima della ventitreesima settimana di gravidanza sono considerati impedimenti al lavoro non dovuti a colpa della lavoratrice, ma a motivi inerenti alla sua persona». E ancora: «Tuttavia, la legge prevede una durata annua limitata del diritto al salario: il periodo durante il quale il datore di lavoro è tenuto a versarlo dipende dalle tabelle o dalle scale elaborate dai tribunali per migliorare la prevedibilità, che variano da un Cantone all'altro».
Una risposta che non ha soddisfatto il consigliere nazionale di Zugo, Nik Gugger, che, attraverso una mozione, è tornato a interrogare il governo. «Qualche giorno di congedo retribuito sarebbe un gesto importante per dare alle famiglie il tempo di elaborare il lutto, di rompere il tabù e di riconoscere la propria sofferenza», ha spiegato a 20Minuten.
Un tabù - La politica sul tema è chiaramente divisa. Tra i proclami e slogan però è importante dare voce a chi è coinvolto direttamente. «Ho dovuto indurre il travaglio alla 23a settimana di gravidanza», ha raccontato al quotidiano d'oltralpe Dina (32 anni). «Sono stata in travaglio per 48 ore, ma durante il primo giorno ho lavorato da casa. Il mio capo sapeva che stavo perdendo il bambino». Dina non aveva ancora raggiunto la 23esima settimana. Sette giorni dopo la morte del feto è dovuta ritornare a lavoro. «Ho provato dolori come dopo un parto "normale". Il mio corpo aveva bisogno di guarire, così come la testa».
«Mi sentivo in colpa» - «Ho subito quattro aborti spontanei, tutti avvenuti prima della 12esima settimana di gravidanza», spiega invece C.P. (37 anni). «Dopo il primo, ho preso tre giorni di malattia, ma poi sono tornata al lavoro. Da un lato pensavo che sarebbe stata una buona distrazione, ma dall'altro mi sentivo in colpa per essere rimasta a casa anche se non ero "malata". Il mio datore di lavoro ha detto che potevo prendermi il tempo libero di cui avevo bisogno, ma avrei dovuto ottenere un certificato medico».
Licenziata subito - Una testimonianza simile alla storia di A.P. «Tutte le donne dovrebbero avere diritto a 14 settimane di congedo», spiega la 28enne. «Ho avuto un aborto spontaneo alla 18esima settimana. I medici mi hanno dato un mese di malattia. A quel tempo ero impiegata con contratto temporaneo. Il giorno in cui è scaduto il mio certificato sono stata licenziata». La motivazione? «I costi eccessivi per l'azienda».
Insomma il quadro è complesso e poco chiaro. Una cosa è certa: lo stress post traumatico non colpisce le donne solo dopo la 23esima settimana. «Anche in caso di perdita durante le prime settimane, la persona colpita e la famiglia possono soffrire molto», conferma la Società svizzera di ginecologia (SGGG).