Manuele Bertoli espone le misure decise dal DECS per ripartire in sicurezza tra i banchi.
La dottoressa: «I bambini non trasmettono il virus». Ma in Ticino diagnosticato un caso di sindrome di Kawasaki
Il Consiglio di Stato ha deciso di confermare la riapertura delle scuole dell'obbligo pubbliche e private dall'11 maggio 2020, così come avviene nel resto della Svizzera. Aperture che dovranno ovviamente avvenire nel rispetto delle indicazioni specifiche sanitarie dell'Ufficio del medico cantonale e dell'Ufficio federale della sanità pubblica. Il DECS ha quindi emanato delle puntuali direttive. Toccherà alle sedi scolastiche organizzarsi in modo da rispettarle.
Ovviamente, dovranno essere rispettate le norme igieniche e di distanziamento sociale. Ai docenti verrà messa a disposizione una mascherina chirurgica per giornata lavorativa. Dove non è presente un sistema di ventilazione forzata, bisognerà arieggiare i locali 4 volte al giorno per 10 minuti (ogni ora in aula). Niente fazzoletti sporchi in aula, se non c'è un bidone chiuso. Un allievo per banco e distanza tra i tavoli.
Ma vediamo quali sono le caratteristiche di questo ritorno tra i banchi scolastici. Scarica il documento
Scuola dell'infanzia e scuola elementare (stop all'insegnamento a distanza):
- la scuola dell'infanzia riapre con frequenza facoltativa;
- la scuola elementare riapre a frequenza parziale (quattro mezze giornate o due giornate intere) con meno allievi (massimo metà di una sezione di 25 allievi);
- entrata e uscita da scuola saranno scaglionate (i bambini non dovrebbero essere accompagnati/prelevati dai nonni)!);
- ricreazione e utilizzo dei servizi igienici devono essere organizzati in modo da evitare i contatti;
- è abolita la mensa. Di principio le famiglie dovranno occuparsi dei propri figli quando non sono a scuola, ma resteranno a disposizione servizi di accudimento in caso di necessità;
- in caso di difficoltà a mettere in pratica le direttive, la direzione scolastica può chiedere all'ispettorato la deroga al rispetto dell'obbligo scolastico per le classi di prima e seconda elementare. Ma deve essere motivata. E il DECS potrà autorizzare la dilazione dell'apertura al 18 maggio.
Scuola media (prosegue, in parte, l'insegnamento a distanza):
- anche la scuola media riapre in maniera frazionata: presenza parziale delle classi in sede per al minimo un giorno (o due mezze giornate distinte) con numero di allievi in modo da poter garantire le misure sanitarie;
- molte materie continueranno con l'insegnamento a distanza, solo quattro saranno svolte in presenza, a scuola;
- entrata e uscita da scuola saranno organizzate in modo scaglionato;
- pause e utilizzo dei servizi igienici devono essere organizzati in modo da evitare i contatti.
In conferenza stampa Manuele Bertoli, direttore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS), Giorgio Merlani, medico cantonale, Lisa Kottanattu, specialista in pediatria e malattie infettive, capo servizio dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) e Andrea Pellegrinelli, sindaco di Capriasca, vicepresidente dell’associazione Comuni Ticinesi, rappresentante dell’Ente regionale di sviluppo del Luganese.
La conferenza stampa si è conclusa. Grazie per averla seguita su Tio.ch!
Cosa risponde a chi teme che l'impegno della scuola a distanza sarà vanificato?
Bertoli: «Questo discorso lo posso capire, ma sono certo che se in febbraio avessimo iniziato a dire passiamo in parte alla scuola a distanza, le perplessità sarebbero state tante e difficili. Poi abbiamo visto che si è dovuto fare e si è fatto. Anche questo è un altro passaggio, si chiede un nuovo cambio di passo, ma è necessario farlo per cercare di tornare più vicini a un concetto di scuola che siamo abitutati a conoscere. La scuola fatta di relazioni dirette a cui gli allievi hanno diritto. Non è perché un sistema a distanza può funzionare, che bisogna restare a questo sistema e non tornare verso la scuola più classica. È verso quella che dobbiamo incamminarci».
Emanuele Berger: «Per le medie la formazione a distanza resta il punto di riferimento fino al 19 giugno. Ma la scuola riapre, per riallacciare i contatti. È una cosa in più».
Cosa risponde a chi teme che l'impegno della scuola a distanza sarà vanificato?
Bertoli: «Questo discorso lo posso capire, ma sono certo che se in febbraio avessimo iniziato a dire passiamo in parte alla scuola a distanza, le perplessità sarebbero state tante e difficili. Poi abbiamo visto che si è dovuto fare e si è fatto. Anche questo è un altro passaggio, si chiede un nuovo cambio di passo, ma è necessario farlo per cercare di tornare più vicini a un concetto di scuola che siamo abitutati a conoscere. La scuola fatta di relazioni dirette a cui gli allievi hanno diritto. Non è perché un sistema a distanza può funzionare, che bisogna restare a questo sistema e non tornare verso la scuola più classica. È verso quella che dobbiamo incamminarci».
Emanuele Berger: «Per le medie la formazione a distanza resta il punto di riferimento fino al 19 giugno. Ma la scuola riapre, per riallacciare i contatti. È una cosa in più».
Quali sono le sfide future?
Andrea Pellegrinelli, sindaco di Capriasca, vicepresidente dell’associazione Comuni Ticinesi, rappresentante dell’Ente regionale di sviluppo del Luganese: «Il Cantone ha coinvolto da subito i Comuni. Le cose che hanno messo sul tavolo sono le difficoltà organizzative.Non abbiamo fatto una consultazione a tappeto perché non ne avevamo tempo. Abbiamo sentito diverse realtà. Sono uscite le difficoltà concrete che le direzioni si troveranno a dover risolvere. Che dipendono dai Comuni, dalla grandezza, dal numero di bambini/ragazzi. La flessibilità concessa dal Cantone è proprio per le difficoltà che ci saranno. Dovremo pensare anche all'accudimento sulla fascia del mezzogiorno. Il problema più grosso è contemporaneamente preoccuparsi dell'accudimento della metà di allievi non a scuola, problemi di personale e di spazio fisico. Alle direzioni aspetta un lavoro gigantesco per far stare in piedi tutto il castello. Sappiamo che ci saranno dei problemi. Ma dobbiamo pensarci adesso anche per settembre. In molti Comuni c'è la consapevolezza che il bambino ha diritto ad andare a scuola, nonostante i mille problemi del momento. Le difficoltà vanno affrontate e risolte. Chiediamo comprensione alle famiglie e a tutti gli attori perché le cose non funzioneranno da subito perfettamente. Non capisco perché l'economia si muove e i bambini dovrebbero restare a casa, tra l'altro da soli».
Bertoli: «C'è l'idea di mettere a disposizione dei Comuni un helpdesk per le questioni più logistiche».
Tocca alle direzioni delle scuole medie dire se il carico del docente è eccessivo.
Bertoli: «Il modello deve funzionare, dobbiamo fare in modo che sia così. La sezione dell'insegnamento medio può aiutare. Tanti hanno già preparato una griglia. Confidiamo che le cose verranno risolte».
Chi guarisce sviluppa sempre gli anticorpi. Lo dice uno studio. Prendere in considerazione lo studio pubblicato su Nature Medicine?
Merlani: «No, la sierologia può essere utilizzato in casi singoli. A livello di slaute pubblica non è sensato. Non il 100% delle persone sviluppa anticorpi e molti li perdono in modo rapido. E ora non sappiamo nemmeno quanto protegge».
È vero che ci sono pochi fumatori nei reparti Covid-19?
Merlani: «Nessun medico vorrebbe rispondere... I dati sono preliminari e di tipo epidemiologico. Non c'è ancora una spiegazione. Io faccio molta fatica a credere che qualunque patologia palmonare in un fumatore abbia un decorso meno grave. È importante dire che la cosa ha preso tutti alla sprovvista e in Svizzera non veniva nemmeno raccolto il dato sui fumatori. Tra un mese o due saremo in grado di dire se anche in Ticino è così. Non mi sento di consigliare a nessuno di cominciare a fumare, piuttosto smettete».
Come verranno trasportati gli allievi?
Bertoli: «Si tratta soprattutto della scuola media, con 36 circondari. Noi non abbiamo prescrizioni specifiche. Dai dati, la metà degli allievi non viene trasportata. Gli altri 6'000 beneficiano di un trasporto, 4'500 hanno un abbonamento Arcobaleno. Si può pensare alla mascherina anche per gli allievi. Ma avere le scuole con metà allievi riduce anche la presenza sui bus. Gli altri 1'500 allievi usano le corse speciali (bus scolastico). Ricordo che nelle prescrizioni scolastiche, per gli allievi tra di loro non viene definita una metratura di distanza. L'indicazione dell'UFSP è per i docenti, che devono stare a due metri dagli allievi e dai genitori».
Per gli asili nido, cosa vale? Perché aprire così presto, prima di vedere i risultati della prima tappa?
Merlani: «Gli asili nido sono aperti. Le misure di igiene sono in atto. E ricordo che l'incidenza sotto ai 10 anni è bassa.
Per l'evoluzione futura... è importante la monitorizzazione della situazione. Per rilevare se qualcosa si muove. Inoltre, ci sarà il Contact tracing, per tenere sott'occhio la questione.
Abbiamo parlato di finestra di crisi tante volte. In questo momento obiettivamente non è data. Come medico in primis, avrei preferito avere un po' più di tempo e di misure messe in atto. Per meglio capire cosa sta succedendo... Io mi appello al buonsenso della popolazione».
Il mercoledì pomeriggio resta libero?
Bertoli: «Sì. Si troverà il modo di alternare il mercoledì mattina nelle settimane tra le due metà classi».
Da Tio/20minuti: che dire della malattia di Kawasaki sui bambini (malattia infiammatoria rara che colpisce le piccole arterie)? Dobbiamo avere paura?
Lisa Kottanattu: «In Ticino c'è stato un caso confermato di sindrome di Kawasaki, a metà marzo. Il bimbo era positivo al coronavirus. È una diagnosi che conosciamo, i casi ci sono sempre stati, anche prima del Covid-19. La differenza attuale è la correlazione con il coronavirus, come si è visto in Italia. Riuscire a fare un legame casuale è impossibile. Il sintomo per cui preoccuparsi è la febbre persistente, per più di 5 giorni. Ma se c'è febbre per due-tre giorni bisogna sempre andare dal pediatra, sempre quando un bambino non sta bene».
Merlani: «La sindrome non è una malattia infettiva. È una complicazione rara. Non si trasmette».
Lisa Kottanattu: «Le terapie ci sono. La Kawasaki è un'infiammazione delle piccole arterie che crea complicazioni sul cuore, anche a lungo termine. È importante una diagnosi precoce, iniziare il trattamento e seguire i bambini a lungo termine. Sono bambini sottoposti a controlli cardiologici sull'arco anche di anni. Il trattamento si esegue in ospedale, è un antinfiammatorio. La prognosi è buona, con un rischio però per le arterie di sviluppare complicazioni a lungo termine».
Test sierologici, chi verrà contattato? Ristoranti: decide il medico cantonale gli orari, le disposizioni?
Merlani: «Lo studio ha lo scopo duplice di rilevare la sieroprevalenza nella popolazione del cantone, capire quanto ha circolato il virus. Prelievo sulla punta del dito a 0, 3 e 6 mesi. Si vede se la persona ha gli anticorpi. È un campione estratto a sorte. Vogliamo sapere quanti ticinesi sono entrati in contatto con il virus. Se dovessimo scoprire che il 50% dei ticinesi sono entrati in contatto con il virus, l'impatto sarebbe molto più rallentato. Se fosse tra il 5-15%, come immaginiamo, sarebbe più lento. Ma sappiamo ancora poco quanto gli anticorpi sono protettivi, quanto restano nel corso. E pure se il virus muta. Ne sappiamo ancora davvero poco. Le persone risponderanno alle domande. E nel corso vedremo se la persona sviluppa gli anticorpi o se li perde.
Sulle riaperture dall'11 maggio... Berna fornirà le direttive».
Quanti tamponi sono stati fatti sui bambini? La città di Lugano non condivide la decisione di riaprire la scuola, cosa ne pensa?
Merlani: «I bambini vengono testati di meno. Nei bambini tra 0 e 9 anni ci sono stati 12 test positivi, dai 10 ai 19 anni sono stati 62. Si è variato dal 15 al 35% dei positivi sugli adulti, sui bambini il test positivo è sotto il 10% dei casi testati. Si evita di fare il test perché è doloroso e fastidioso».
Bertoli: «Lugano non si è spostata dalla sua posizione, nonostante le lunghe discussioni. La proposta di Lugano non è una riapertura della scuola. Solo le classi all'ultimo anno tornerebbero a scuola e solo parzialmente. Di fatto il grosso resterebbe a casa. A causa di problemi organizzativi, in particolare la messa a punto del servizio di accudimento. Ma non deve essere questo il punto di riferimento. Noi non possiamo accettare un modello che nega l'istituzione scolastica o la trasforma tanto da diventare qualcos'altro. Se ci sono problemi, ci sono tutte le comprensioni e le difficoltà per andare incontro a Lugano. Ma la scuola che riapre resta al centro. La città di Lugano, e Locarno che ha una posizione simile, non credo abbiano mezzi e risorse inferiori ad altri Comuni che si sono detti pronti a riaprire nonostante le difficoltà che tutti hanno. Dipende molto dall'atteggiamento. Se cominciamo solo a fare la lista dei problemi, non è un atteggiamento compatibile con il contesto istituzionale. Ci sono una serie di materie che non ci saranno, come educazione fisica, musicale, di arti plastiche. Per evitare il contatto tra persone e con il materiale. Alle medie anche scienze, educazione alimentare. Una parte del corpo docente si metterà a disposizione per l'accudimento».
Promozione e note finali, come avverranno?
Bertoli: «Abbiamo emesso delle direttive. Seguiranno le "direttive 3" a maggio e saranno quelle finali, proprio su queste questioni. Abbiamo già detto che di base il punto di riferimento saranno le conoscenze espresse fino al 15 marzo. I docenti potranno avere uno sguardo più largo sui loro alunni».
Quanto le cifre elencate dicono sulla possibilità di lasciare che i bambini si abbraccino?
Lisa Kottanattu: «Fare conclusioni è difficile. Se c'è qualcosa di efficace che abbiamo fatto finora sono proprio le misure di igiene e di distanze sociali. Anche con la riapertura delle scuole sarà importante puntare su questo».
«Lo scopo finale è rimettere a disposizioni di allievi e famiglie un'istituzione importante. Sottrarci a questo dovere sarebbe forse più facile, ma non sarebbe giusto né democraticamente accettabile. Incoraggio e sostengo direzioni e docenti che dall'11 maggio sapranno fare questo passo avanti e affrontare questo cambiamento. Ne abbiamo tutti bisogno. Anche la scuola saprà fare la sua parte. Se fino a oggi siamo stati capaci di gestire piuttosto bene tutto, è perché uniti abbiamo riconosciuto tutti quello che c'ero da fare. E credo che la collettività possa riconoscere che la riapertura delle scuole dell'obbligo sia uno degli obiettivi su cui essere d'accordo, anche con le preoccupazioni del caso».
«Immagino che per i docenti è una nuova sfida. E bisognerà preparare una nuova fase ancora, per settembre. Per gli allievi rimane in vigore l'obbligo scolastico. Non c'è nessuna volontà di correre dietro ai genitori, ma raccomandiamo che la scuola è un punto di riferimento. Capiamo le paure, ma è importante che i ragazzi possano ritrovare la scuola. Che possano chiudere la parentesi della scuola sospesa, pur avendo una nuova scuola. Resta la loro scuola».
«Per quanto riguarda le questioni più inerenti ad allievi e docenti, è evidente che gli allievi a rischio non andranno a scuola. Per loro verranno pensati dei percorsi individualizzati, anche da settembre. Questi bambini dovranno convivere con una situazione di pericolo per parecchio tempo. La scuola conosce già dei programmi, non è una novità, ma dipenderà la gestione dal numero. Ma la scuola lo saprà fare. Anche i docenti a rischio staranno a casa. Ci saranno certificati specifici».
Bertoli segnala che tra le materie indicate nella direttiva c'è un errore che verrà corretto.
«Per quanto riguarda la scuola media, dove c'è un insegnamento disciplinare, ci saranno materie in presenza e materie a distanza. La scuola rimane a distanza. Ma una serie di materie verrà fatta in presenza. Il minimo sarà una giornata a settimana, massimo due giorni e mezzo. Anche qui per metà classi, con le stesse precauzioni».
«L'ultimo elemento di flessibilità permetterà agli istituti che non riusciranno a garantire l'operatività, di chiedere di poter aprire una settimana dopo, il 18 maggio. Il Governo si è dimostrato flessibile, comprensivo verso le realtà locali. Ma il concetto di base rimane: la scuola deve poter riaprire come scuola. La difficoltà è poter offrire un servizio di accudimento per chi a casa non ha nessuno, che saranno sempre di più considerato che l'attività economica riapre. Combinare quindi l'aperturà a metà con l'accudimento non sarà facile, ma verrà offerto».
«Il prossimo livello, in regime autorizzativo, è previsto per gli istituti che hanno difficoltà a gestire la situazione. È possibile che qua e là qualche istituto abbia oggettive difficoltà. La direzione può chiedere all'ispettore di estendere la frequenza facoltativa anche ai bambini di prima e seconda elementare. Ma ci vogliono elementi oggettivi».
«Abbiamo discusso molto con i comuni - aggiunge Bertoli -. Abbiamo capito che la differenza tra le varie situazioni comunali impone un ragionamento flessibile. Per questo abbiamo deciso diverse aree di intervento. La scuola non riapre come prima di carnevale. Tutte le scuole passeranno a una frequenza dimezzata, con classi a metà tempo. Che accada per mattine o pomeriggio o a giorni alterni, lo decideranno i Comuni. In classe al massimo ci saranno 12 allievi. La frequenza alla scuola dell'infanzia (piccoli, medi e grandi) è facoltativa fino al 19 giugno. Per dare riscontro ai Comuni di aver compreso il problema organizzativo, perché i bimbi piccoli sono più difficili da gestire e perché in questo modo possiamo avere a disposizione qualche docente in più per il servizio di accudimento».
«Il focus è l'accoglienza, il ritorno a scuola, la rielaborazione attraverso il contatto con gli insegnanti e la discussione con i compagni di quello che sta succedendo. Anche un riallaccamento delle relazioni personali. E naturalmente la ripresa del filo legato alla situazione di apprendimento personale. Lavorare per piccoli gruppi permette di essere più vicini alla personalità dell'allievo».
«Il focus è l'accoglienza, il ritorno a scuola, la rielaborazione attraverso il contatto con gli insegnanti e la discussione con i compagni di quello che sta succedendo. Anche un riallaccamento delle relazioni personali. E naturalmente la ripresa del filo legato alla situazione di apprendimento personale. Lavorare per piccoli gruppi permette di essere più vicini alla personalità dell'allievo».
«Dall'11 marzo abbiamo previsto un'organizzazione con capi saldi: la scuola sarà a metà classe. La presenza sarà al massimo di metà allievi per classe. Per rispettare le distanze e le norme igieniche. Poi, sarà presente l'elemento igienico. Si organizza l'entrata e l'uscita da scuola, la ricreazione, le pause, tutto in maniera ordinata. Lavare le mani spesso, pulire di più negli istituti scolastici, integrare i comportamenti che già conosciamo».
Bertoli capisce la preoccupazione delle famiglie: «Ma la paura deve essere gestita con la necessità di ridare ai giovani un'istituzione di riferimento. La scuola deve poter riaprire anche se in modalità speciale, parziale e prudente. Non può sottrarsi a questo momento».
«È opportuno riaprire la scuola dell'obbligo - dice Bertoli -. Dietro c'è un ragionamento democratico. La scuola è un pilastro della nostra società. È importante che i Cantoni si siano adoperati a organizzare una scuola funzionale, di qualità e obbligatoria. Un'impostazione che è stata sospesa, vietando la scuola in presenza il 16 marzo a causa della pandemia. Ma guardando i dati e l'evoluzione della curva pandemica, il Consiglio federale ha deciso che non sussisterà più la causa di forza maggiore dall'11 maggio. I Cantoni si riorganizzano per la scuola in presenza. Il Governo federale ci dice "fatelo predisponendo dei piani di protezione". Si apre con prudenza e cautela. Il piano del DECS è il più sicuro di tutta la Svizzera. Prevede piani di protezione che in altri cantoni non sono stati pensati. Abbiamo fatto la scelta più prudente di tutti».
Riprende la parola il direttore del DECS, Manuele Bertoli: «La convivenza con il virus è necessaria. In questa direzione si sta muovendo il Governo federale e quello cantonale. Ci sono decisioni più facili e altre più difficili. Ma dobbiamo andare verso la "direzione giusta". Dal 4 maggio la finestra di crisi cantonale si chiuderà e rientreremo nella regolamentazione nazionale svizzera. Più aperture, più gente che circola. L'11 maggio ci sarà un cambiamento importante. Dentro questo si inserisce la scuola dell'obbligo».
La dottoressa ricorda che ogni anno circolano molti virus, che possono portare a decorsi molto più gravi di quelli descritti per il Covid-19. E ricorda: «La presenza del coronavirus non ha eliminato altre malattie. Portate i bambini dal medico se non stanno bene».
Prende la parola Lisa Kottanattu, specialista in pediatria e malattie infettive, capo servizio EOC: «La notizia della riapertura delle scuole ha portato molti dubbi sulla contagiosità dei bambini. La pandemia è una situazione straordinaria. È un nuovo virus che stiamo imparando a conoscere e comprendere. Le malattie virali nei bambini sono il pane quotidiano di ogni pediatra. All'inizio abbiamo detto: "Sappiamo con certezza che i bambini contribuiscono a diffondere il virus". Per questo si è chiesto di evitare i contatti generazionali. Nelle ultime settimane si è invece diffusa l'ipotesi del ruolo secondario dei bambini nella diffusione del virus. Questo ha portato a dubbi e incertezze. Ma la medicina non ha sempre la risposta pronta. I risultati sono ora arrivati: i bambini non giocano un ruolo importante nella diffusione del virus. In Ticino su tutti i tamponi risultati positivi, solo lo 0,3% era di bambini. I bambini non sono immuni, posso ammalarsi. Ma i casi sono pochi e il decorso è solitamente favorevole. In Ticino non sono mai stati i bambini i primi ad infettarsi, ma l'hanno contratto dai familiari».
«Non è finita - aggiunge il medico cantonale -. Il picco è passato, ma siamo in una fase di calma apparente, raggiunto grazie allo sforzo di tutti. Il virus è ancora là fuori. Tanto più saranno le occasioni di contatto, tanto più importante diverranno le misure di igiene. Se apriamo le attività, sarà fondamentale che i datori di lavoro, i responsabili, mettano in atto tutte le misure. E resta la responsabilità del singolo».
Merlani aggiunge: «Oggi sono partite le lettere. Nei prossimi giorni 1'500 ticinesi riceveranno la lettera da me firmata che li informa che sono stati selezionati a sorte per partecipare al test sierlogico, allo studio pensato per conoscere meglio il Covid-19».
Giorgio Merlani: «Da ieri si registrano 19 nuovi casi e 3 decessi. La situazione rimane stabile. 3'210 test in totale positivi da inizio crisi, con 321 vittime. Le vittime in casa anziani sono 146.
Nei bambini da 0 a 9 anni sono stati riscontrati 12 test positivi, dai 10 ai 19 anni sono stati 62 in tutto».
Manuele Bertoli apre la conferenza stampa da Bellinzona: «Abbiamo dovuto prendere decisioni difficili in tutta questa situazione. Tutte con prudenza. Quello che diremo oggi sottolinea che è importante riconoscere quanto la responsabilità individuale e collettiva è stata, è e sarà importante. In questo quadro si inserisce anche la parziale riapertura di settori economici e anche della scuola».