L'esperto di sanità Bruno Cereghetti spiega perché un aumento delle casse malati l'anno prossimo non si giustifica
Dal crollo del settore ambulatoriale al rinvio degli interventi, alla morte - purtroppo - dei pazienti che più avevano bisogno di cure costose. Ecco perché gli assicuratori malattia non potranno avanzare pretese elevate in autunno
BELLINZONA - Se non battono già cassa, hanno comunque messo le mani avanti. Giorni fa Santésuisse ha parlato di un aumento del 5% dei costi della salute nel primo trimestre dell’anno. Una pillola amara, quella annunciata dagli assicuratori malattia, ma soprattutto sorprendente visto il contemporaneo crollo della medicina extra coronavirus.
«I costi della malattia nei primi sei mesi di quest’anno, in ragione del Covid, sono diminuiti. Su questo non ci piove, checché ne dicano gli assicuratori» sottolinea Bruno Cereghetti, esperto di sanità e socialità e fino al 2010 a capo dell’Ufficio cantonale dell’assicurazione malattia.
Può elencare punto per punto gli elementi del risparmio?
«Iniziamo col dire che il coronavirus non conosce cure e vaccino. Non ci sono quindi costi specifici. Stimiamo che in Ticino ci siano state finora 35mila persone toccate dal virus, ma quelle che si sono ammalate sono state quasi 3’500 con un costo ambulatoriale, in generale, relativamente ridotto».
Questo a fronte di chi non è più andato dal dottore…
«Gli studi medici in questi mesi erano vuoti per paura del coronavirus. Monetariamente, in ambito ambulatoriale, i costi sono decresciuti».
Se dal settore ambulatoriale passiamo invece all’ospedaliero?
«Lo stesso discorso vale per lo stazionario. Perché tutta la parte degli interventi elettivi è stata bloccata. È vero che ci sono i costi delle ospedalizzazioni dovute al Covid, e in particolare le cure intense che costano molto di più della media. Ma tutto sommato, fortunatamente, sono state relativamente contenute. Purtroppo non nel canton Ticino, ma certamente nel resto della Svizzera. Da noi invece c’è stato un flagello di ospedalizzazioni e di morti».
Se ponessimo sulla bilancia i costi del coronavirus, da un lato, e la mancata medicina, dall’altro?
«Il piatto penderebbe senz’altro a favore degli assicuratori. Chiaramente nella seconda parte dell’anno, a meno di nuove ondate, ci sarà un certo recupero degli interventi elettivi che sono stati procrastinati. Tra l’altro c’è un altro dato, curioso, che depone a favore del risparmio. Stranissimamente si nota che - è una tendenza mondiale ma vale anche per il Ticino - durante il periodo del coronavirus sono sensibilmente diminuiti gli infarti e gli ictus. Non c’è al momento una risposta scientifica ma ne vediamo l’effetto».
Ci sono altri fattori che influiranno sui costi della malattia?
«Peserà, purtroppo, ed è un tasto dolentissimo, l'elevato numero dei decessi che tocca il Ticino in modo esponenziale, essendo la zona del mondo dove ci sono stati più morti per centomila abitanti. L’età media delle vittime è superiore agli ottant’anni e si trattava di polimorbidi che avevano bisogno di molte cure. Questi, purtroppo, sono morti e non sono più una spesa per gli assicuratori che risparmieranno 4-5 anni di costi, poiché la speranza di vita è stata abbassata dal virus».
In conclusione se gli assicuratori malattia batteranno cassa in autunno…?
«… ci sarebbe decisamente qualcosa che non funziona. In generale c’è un trend di aumento dei costi per effetto dell’anzianità della popolazione. Paradossalmente il coronavirus è intervenuto a dare una frenata artificiale. Per cui sarebbero veramente malvenuti gli assicuratori se arrivassero con pretese esorbitanti di premio per il 2021. Anche perché hanno promesso, e li controlleremo, che tutti i costi legati al coronavirus saranno assunti attraverso le riserve che oggi sono indecentemente elevate. Che almeno vengano usate bene».