Le novità sulla situazione dell'epidemia di coronavirus. Al via la conferenza stampa da Bellinzona
A Palazzo delle Orsoline intervengono Norman Gobbi, il comandante della Polizia Matteo Cocchi e il medico cantonale Giorgio Merlani
Contagi fermi al palo, per fortuna. Controlli rigorosi. Sembra che l'epidemia di Covid in Ticino sia finalmente sotto controllo. Dopo vari "doppio zero", oggi si sono registrati due casi positivi, ma la guardia rimane alta.
Il Consiglio di Stato e lo Stato Maggiore Cantonale di Condotta (SMCC) hanno organizzano un breve incontro informativo oggi pomeriggio alle 16.30, in diretta streaming da Bellinzona. A Palazzo delle Orsoline sono presenti il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi, il comandante della Polizia cantonale Matteo Cocchi e il medico cantonale Giorgio Merlani.
Il momento informativo si è concluso.
A oggi ci sono state 983 adesioni per il test sierologico e 900 test effettuati. A inizio luglio verrà indetta una conferenza stampa per illustrare i risultati della campagna. «Non verrà mai proposto un test a tutta la popolazione, almeno fino a quando non sarà chiaro come interpretare i risultati del test. Non escludo che in futuro possano essere rimborsati come spese sanitarie, ma è presto per dirlo».
Luigi Di Maio ha detto che «si può andare tranquillamente in Italia». Merlani è d'accordo? «Al momento a Milano il virus non circola come prima, la situazione è cambiata. Allo stato attuale forse andrei a Milano. Ma ci sono situazioni in certe regioni, in Italia e in altri paesi, che sono sicuramente peggiori che da noi. Quindi il rischio è più elevato. Se il cittadino va all'estero faccia le sue valutazioni, ma sia cauto perché se torna in Ticino con il virus, poi il problema ce lo abbiamo anche noi».
Troppe poche persone portano la mascherina, eppure i contagi restano contenuti. «Questo dipende dalla quantità di virus circolante. Al momento è bassissima, e le situazioni di contagio sono meno che all'inizio. La distanza tra le persone non sarà di due metri, ma è comunque maggiore di prima. Non ci si dà più la mano, non ci si scambiano effusioni. Sembrano banalità, ma è proprio con questi canali che il virus si trasmette»
Alla domanda di tio.ch/20minuti sulla chiusura obbligatoria degli esercizi pubblici - ancora fissata a mezzanotte - «la decisione è federale» risponde Norman Gobbi. «Gli orari sono tutti discutibili, abbiamo segnalato delle incongruenze anche perché nei vari cantoni ci sono culture e abitudini diverse. Ma la decisione spetta a Berna».
Per quanto riguarda la app per i tracciamenti «ci sono alcuni piccoli problemi da affrontare cammin facendo» ma «la questione più grande è come gestire le persone e la questione della protezione dei dati» spiega Merlani. La app «non indicherà precisamente con chi e quando è avvenuto il contatto a rischio». Lo strumento «è interessante e utile ma vanno chiariti alcuni aspetti, nei prossimi giorni, perché l'app possa essere veramente efficace».
Gobbi precisa che «finora non avevamo mai vissuto questa esperienza» per cui «in un sistema aperto in cui un virus poco conosciuto si è diffuso in questo modo è stato necessario orientarsi quotidianamente, e trovare sempre nuove misure». Gobbi non esclude che «se necessario potrà esserci di nuovo un lockdown totale» ma questo «sarà evitabile se ci atterremo alle indicazioni dell'autorità sanitaria e a quanto imparato finora».
La parola passa di nuovo a Norman Gobbi. «Ci sono state misure più e meno efficace. Gli errori sono stati commessi in buona fede, specie per quanto riguarda la popolazione a rischio, gli over 65, alcuni dei quali hanno resistito benissimo, anche alcuni over 90. Gli errori riguardano la protezione di queste persone. Proprio pensando a loro dobbiamo essere molto più puntuali e mirati nel tutelare la salute di questa fascia della popolazione, nel caso di un nuovo emergere dell'epidemia».
La raccomandazione finale di Merlani è alla prudenza. «Durante le vacanze, in particolare. Abbiamo avuto due primi casi importati dall'estero nelle scorse settimane, provenienti dal Sud America. L'invito è di rimanere quindi prudenti soprattutto negli spostamenti. Ce l'abbiamo fatta fino a adesso, non roviniamo tutto».
Per quanto riguarda il contact-tracing i dati aggiornati parlano di 9 persone in isolamento, e 14 persone in quarantena. «Come detto in occasione dei primi controlli, siamo passati da 10 contatti a rischio per ogni persona positiva, adesso siamo a 2». Dalla partenza del contact-tracing sono 101 le persone che sono state sottoposte a quarantena. La maggior parte dei contatti avvengono in strutture sanitarie, in ambito sanitario, e alcuni casi importati.
«In Svizzera siamo fortissimi sui test, siamo a 145 test effettuati per ogni risultato positivo. Si cerca molto, il virus c'è ancora ma non si sta diffondendo in maniera sconosciuta» afferma Merlani. «È importante che chiunque abbia i minimi sintomi contatti il proprio medico e si sottoponga al test».
«Il cittadino deve sapere che il virus è ancora presente, in particolare in alcuni posti» ricorda Merlani. «Invito alla prudenza soprattutto in caso di viaggi all'estero. Il Ticino ha una bassissima prevalenza del virus, quindi va bene le vacanze, va bene muoversi, ma attenzione alle misure di igiene che vanno applicate anche all'estero».
La situazione comunque «non è finita» e il lavoro del medico «è sostanzialmente fare il pessimista» afferma Merlani. «Non voglio spaventare nessuno. Nell'ultima settimana sono comparsi nuovi casi, due casi qui, due casi là, le crisi cominciano così, lo vediamo in altri paesi». I dati attuali «non sono motivo di preoccupazione ma devono tenerci vigili».
Adesso «comunque il dispositivo va in stand-by e potrà tornare ad attivarsi immediatamente». Merlani conferma che «la gestione dell'epidemia torna in mano all'ufficio del medico cantonale, con un gruppo di lavoro che potrà modificarsi nel tempo». Merlani coglie l'occasione per «ringraziare il governo per la collaborazione efficace». Il medico cantonale «è un barometro, non fa lui il tempo. Il merito del Cantone e dello Stato maggiore è di avere reagito prontamente e mettere in atto in modo efficace le indicazioni».
La parola passa a Giorgio Merlani. Il medico cantonale tiene a precisare che «non è finita» e sottolinea come «non bisogna far passare il messaggio che la situazione è risolta, perché come dimostrano paesi vicini la situazione può tornare a degenerare rapidamente».
«Se posso fare un primo bilancio dello Stato maggiore, devo dire che le attività fatte negli anni scorsi, le esercitazioni, la preparazione, è stata efficace, e adesso abbiamo maturato nuove esperienze che potremo rapidamente mettere in campo nel malaugurato caso di nuovo insorgere dell'epidemia» conclude Cocchi.
Per quanto riguarda la sicurezza «abbiamo avuto di nuovo i primi incidenti stradali e alcuni fenomeni» spiega Cocchi. «Torneranno le rapine e la criminalità, le problematiche giornaliere con cui la Polizia tornerà ad essere confrontata».
La riapertura delle frontiere «ha comportato nelle scorse settimane uno sforzo maggiore» continua Cocchi. «I passaggi alla frontiera si stanno riavvicinando alla situazione pre-coronavirus, anche se non siamo ancora allo stesso livello».
«I membri dello Smcc hanno potuto lavorare bene, nella situazione di gravità alcune decisioni sono state prese in modo più semplice, perché in Ticino ci si conosce, ci si fida a vicenda. Una parte del merito va anche alle strumentazioni e ai dispositivi moderni di cui il Cantone si era dotato negli anni passati, compresa la nuova legge sulla Protezione della popolazione».
«È chiaro che termina una situazione che durava da tempo. Abbiamo operato settimanalmente, giornalmente, prendendo molte decisioni a supporto del governo e della sanità. Momenti difficili che hanno toccato tutti i membri anche dal punto di vista emotivo. Alcune notte le abbiamo passate al telefono, anche nelle retrovie, per prendere decisioni importanti con conseguenze importanti» aggiunge Cocchi.
Il monitoraggio da parte delle autorità «deve continuare» e in questo senso «toccherà all'ufficio del medico cantonale occuparsene, come prima dell'emergenza» aggiunge Cocchi. «Nelle prime settimane di luglio bisognerà rimanere vigili e seguire le indicazioni del Cantone e del medico cantonale. Alcune risorse rimarranno comunque a disposizione del medico cantonale per sgravarlo di funzioni che non gli competono direttamente».
La parola passa a Matteo Cocchi, capo dello Stato maggiore di condotta. «Nei prossimi dieci giorni dovremo pianificare un passaggio di consegne, lo Smcc andrà in prontezza, ossia potrà essere riattivato in poco tempo, basandoci sulle esperienze maturate» spiega Cocchi.
Il Ticino «è visto come Cantone latino nello stile di vita» ma «in questo frangente è stato molto efficente» aggiunge Gobbi, che conclude l'intervento ricordando che «finché il virus rimane tra noi la partita non è finita».
«Spesso le eventuali discordanze tra noi e Berna erano dovute alle situazioni diverse. Ci trovavamo in fasi diverse, ma il dialogo ha permesso di superare le divergenze» aggiunge Gobbi. «Ora la revoca dello stato di necessità non significa che tutto è passato. La presenza del virus è ancora confermata. Certi comportamenti di igiene e distanza sociale vanno seguiti ancora. La lotta e lo spirito comunitario devono continuare, ricordandoci della vicina Lombardia dove i casi continuano a essere alti, e ammontano a due terzi dei casi italiani».
Sicuramente «degli errori e delle incongruenze ci sono state» ammette Gobbi. «Sia a livello federale che di coordinamento con i Cantoni. Ma nel complesso la reazione è stata buona e ha permesso di tornare rapidamente anche se con prudenza alla normalità».
«Il Ticino e la Svizzera hanno dimostrato di poter agire in modo efficace nel quadro internazionale. Non siamo mai arrivato al collasso sanitario, c'è stata una rapida risposta economica in sostegno delle aziende, e a livello sociale a sostegno delle fasce deboli. La Svizzera si è confermata uno dei paesi più sicuri, durante e dopo la crisi del Covid» aggiunge Gobbi.
Per quanto riguarda l'informazione alla popolazione «ringraziamo anche i cittadini che hanno contribuito a diffondere le notizie e le informazioni sui giusti comportamenti da tenere» precisa Gobbi. «La comunicazione in generale è stata trasparente e tempestiva, a tutela della salute pubblica. Questo ha contribuito a creare uno spirito di comunità ancora più solido, grazie a un gioco di squadra tra chi si è preso carico dei malati a tutti i cittadini e le cittadine di questo Cantone».
«L'amministrazione pubblica viene criticata spesso per operare a compartimenti stagni» aggiunge Gobbi. «Questa volta abbiamo giocato di squadra, a tutti livelli, tenendo costantemente informata la popolazione».
«Sfruttando il ponte della festa del Papà si è approfittato per chiudere tutte le attività. Abbiamo vissuto due mesi pieni di blocco totale, fino al 20 di aprile, quando abbiamo anticipato la decisione federale» continua Gobbi. «Abbiamo comunque deciso di prolungare lo stato di necessità fino al 30 giugno per prudenza, ora per decisione del governo decadrà lo stato di necessità, anche se rimarrà attivo un nucleo per monitorare la situazione».
«Con l'inizio dell'emergenza abbiamo provveduto al blocco dei grandi eventi, compresi i carnevali. Poi si è passati, una decina di giorni dopo, alla chiusura delle frontiere. Il 16 marzo - ripercorre Gobbi - sono state chiuse totalmente le scuole, prima quelle post-obbligatorie e poi quelle obbligatorie».
La conferenza stampa inizia con il presidente Gobbi che prende parola. «Per quanto riguarda le misure prese, lo stato di emergenza termina il 30 giugno. Il coronavirus è ancora presente tra di noi, sia in Ticino sia nel resto della Svizzera. Voglio riassumere l'intensità del lavoro svolto in questi mesi».