I mancati introiti legati alla ristorazione stanno mettendo a dura prova le stazioni sciistiche ticinesi.
Ma il take away comporta anche maggiori costi. Alcune stazioni hanno deciso di applicare dei supplementi sullo scontrino, anche perché sulle piste sono aumentati i rifiuti.
LUGANO - Dopo qualche discesa sugli sci, non c’è niente di meglio di una pausa ristoratrice. Con gli esercizi pubblici costretti a restare chiusi a causa delle disposizioni emesse dalle autorità, l’unica possibilità per chi si reca nelle varie stazioni - pranzo al sacco a parte - è quella di acquistare cibo e bevande nei cosiddetti take away che sono sorti sulle piste. A volte un po’ improvvisati, altre decisamente più organizzati.
Due patatine, 22 franchi - Che la ristorazione in quota non sia propriamente a buon mercato non è una novità: i costi da sopportare sono maggiori e queste entrate servono spesso a compensare il bilancio deficitario della messa in esercizio degli impianti. Eppure c’è chi si lamenta di prezzi divenuti sproporzionati e insostenibili. «Abbiamo preso due porzioni di patatine fritte in un semplice cono di carta, a nove franchi l’una, e ci siamo trovati sullo scontrino pure due franchi di supplemento per ogni porzione. Totale: 22 franchi», si dispiace una sciatrice che si è recata nei giorni scorsi a Bosco Gurin.
Lavoro supplementare per i gattisti - «Per chi acquista una bevanda non c’è alcuna differenza, mentre chi compera un pasto, caldo o freddo, effettivamente paga questo supplemento: un franco è per il packaging, un franco per lo smaltimento dei rifiuti», conferma la responsabile della comunicazione della località Walser Karin Zanolini. «Le persone non si rendono conto che con questo nuovo servizio la raccolta dei rifiuti non avviene più solo al ristorante, ma anche a bordo pista». Alla sera infatti i gattisti non devono occuparsi solo della fresatura e della messa in sicurezza delle piste, ma raccolgono pure in continuazione vetri, PET e carta. «Ci è quindi sembrata un’azione plausibile, come capita in altri settori». Le reazioni stizzite di alcuni clienti lasciano però l’amaro in bocca alla portavoce: «Già è difficile lavorare in queste condizioni, sapere di gente che si lamenta per due franchi in più è un po’ triste».
A Carì un supplemento per il bagno - Anche perché questo tipo di servizio non solo non è redditizio, ma «non permette nemmeno di coprire i costi del personale, nonostante abbia funzionato piuttosto bene», spiega dal canto suo Gabriele Gendotti, presidente della società che gestisce gli impianti di Carì. La chiusura dei ristoranti ha determinato infatti una forte diminuzione delle entrate, ma nonostante ciò si è deciso di rinunciare ad applicare un supplemento per il take away: «Chiediamo solo un franco per l'utilizzo dei bagni». Per quanto riguarda ordine e pulizia, non sono stati riscontrati particolari problemi.
A Campo Blenio 100mila franchi in meno - Pure a Campo Blenio-Ghirone la clientela si è comportata piuttosto bene e non sono stati applicati supplementi. Ma anche qui i mancati introiti sono notevoli: «A livello di cifre, rispetto al medesimo periodo dello scorso anno, abbiamo perso quasi 100'000 franchi. Anche perché molta più gente rispetto agli altri anni opta per il pranzo al sacco portato da casa», sottolinea il direttore degli impianti Denis Vanbianchi.
Ad Airolo ci si può scaldare per qualche minuto - A causa di «costi molto elevati dovuti alla pandemia», ad Airolo Pesciüm si è deciso di chiudere gli impianti dal lunedì al giovedì (una decisione simile è stata presa anche a Bosco Gurin). Qui l'offerta della ristorazione è molto ampia ed è possibile recarsi all'interno perlomeno per ritirarla. «Il cliente può stare per un attimo al caldo, anche se poi una pietanza calda portata all'esterno, in montagna, diventa subito fredda», annota Alberto Bottinelli, gerente della gastronomia. Rispetto ai prezzi tradizionali «la differenza è poca, qualche centesimo», anche perché i clienti si sono mostrati educati e diligenti nel riporre sacchetti e tovaglioli nei cestini.
Al Nara si vorrebbe una soluzione ibrida - Situazione problematica pure al Nara, dove circa il 50% degli incassi viene garantito dalla ristorazione, spiega Matteo Milani, presidente degli amici del Nara. «Consumare i pasti all'esterno, specie nelle giornate fredde, non è evidente. La clientela comunque si è adeguata». Per quanto riguarda la sporcizia, «era fisiologico che avremmo trovato qualcosa in più», conferma Milani. Nonostante ciò, si è deciso di non applicare alcun supplemento. L'auspicio, per il futuro, è però quello di passare a una soluzione ibrida, «più ordinata»: un take away con la possibilità di avere un tracciamento ai tavoli situati all'esterno.
Insomma, da qualsiasi prospettiva lo si guardi - che sia quella del consumatore o quella degli esercenti - il prezzo da pagare per il take away è considerevole.