Il governo attende ancora notizie da Berna. E i sindacati premono per la ristorazione. Gobbi: «Settore da aiutare»
Pellegrini (Ocst): «Il lavoro ridotto non basta. Cantone e Confederazione devono venire in soccorso delle imprese».
BELLINZONA - La settimana è finita, e da Berna nessuna notizia. A Palazzo delle Orsoline si attendono ancora le indicazioni del Consiglio federale, per confermare la proroga delle misure anti-Covid fino a marzo. Intanto i sindacati hanno iniziato un forte pressing in soccorso - in particolare - del settore della ristorazione.
Tra i due fuochi si trova il Consiglio di Stato. Norman Gobbi ai microfoni di Radio Ticino oggi ha invocato «un sostegno chiaro e immediato» ai ristoratori «e ai loro fornitori». Il presidente del Cds ha sottolineato l'importanza «anche sociale» del settore, e la posizione delicata del governo. «C'è chi chiede una chiusura totale, altri chiedono maggiori libertà e noi ci troviamo in mezzo».
Gli occhi sono puntati sul weekend. Nella seduta di ieri il Consiglio di Stato «non ha potuto prendere decisioni» ha sottolineato Gobbi, perché «il materiale atteso da Berna non era ancora arrivato». Il termine per la consultazione scade domenica sera, ma la situazione «è ancora tutt'altro che chiara anche per chi lavora nelle istituzioni».
È già abbastanza chiara invece la posizione dei sindacati. In particolare l'Ocst ha lanciato un appello, affinché vengano erogati maggiori aiuti alle aziende. «Il lavoro ridotto è senz'altro uno strumento importante e fondamentale, ma non è sufficiente» osserva il segretario regionale Marco Pellegrini. «I lavoratori ricevono lo stipendio, ma rischiano di ritrovarsi senza più un datore di lavoro».
Se durante il primo lockdown bar e ristoranti hanno potuto «fare fronte alle spese fisse con le proprie risorse» ora non è più così, avverte Pellegrini. «Il rischio è che anche aziende funzionanti, se prive di grandi accantonamenti, chiudano i battenti». Il settore è «fondamentale» soprattutto in territori come il Locarnese, ma anche nel Luganese e nelle Valli, ricorda il sindacalista. «È il momento che le istituzioni se ne occupino. C'è poco da girarci intorno: occorre aprire il portafogli».
Dal Cantone e dalla Confederazione il sindacalista auspica anche «chiarezza sulle tempistiche» in una prospettiva a lungo termine. «Non si può navigare a vista, di mese in mese. Le aziende vogliono sapere se nei prossimi tre-quattro mesi potranno aprire. E se non potranno, su quali aiuti potranno contare».