Ticino Manufacturing prende posizione sul nuovo CCL sottoscritto da tre aziende del Mendrisiotto.
«Le accuse mosse negli scorsi giorni sono prive di fondamenta: nessun lavoratore si trova in una situazione peggiorativa», assicura l'organizzazione.
MASSAGNO - «Senza questo CCL, visti i tempi dell’introduzione della legge sul salario minimo e la concomitanza con la pandemia, sarebbe stato inevitabile procedere a licenziamenti di massa che avrebbero coinvolto non solo la minoranza dei collaboratori senza qualifiche, ma anche quei profili qualificati o altamente qualificati direttamente legati all’attività delle imprese». Ticino Manufacturing prende posizione sulla sottoscrizione da parte di tre aziende del Mendrisiotto di un nuovo contratto collettivo di lavoro e sulle relative critiche piovute negli scorsi giorni.
Nessun peggioramento, anzi benefit - Accuse che per l'organizzazione «sono in gran parte prive di fondamenta e ignorano realtà che meritano di non essere dimenticate, poiché contribuiscono da decenni al benessere del nostro cantone». Stando a Ticino Manufacturing, contrariamente a quanto sostenuto ieri da un'operaia della Cebi di Stabio, nessun lavoratore si trova ora in una situazione peggiorativa. Al contrario, il contratto prevederebbe diversi benefit, un concetto meritocratico che tiene conto della formazione e dell’anzianità e un’indennità di residenza per i lavoratori residenti (un clausola «moderna e innovativa» che nessun altro CCL al momento contempla).
Posti di lavoro in pericolo - Insomma, il nuovo CCL «definito dopo un intenso dialogo con le parti interessate» permetterebbe da un lato di mantenere le condizioni di lavoro invariate (se non addirittura di migliorarle). Dall'altro «di evitare che l’entrata in vigore della soglia minima mettesse in pericolo l’esistenza stessa delle aziende e i molti posti di lavoro, la maggior parte dei quali con salari superiori alla soglia minima definita dal Gran Consiglio».
Firmati contratti ben peggiori - Ticino Manufacturing non lesina però nemmeno una stoccata nei confronti dei sindacati storici, che si sono schierati apertamente contro il nuovo contratto collettivo. Innanzitutto sottolineando come attualmente sono diversi i CCL da Unia e Ocst che contemplano salari minimi inferiori alla soglia definita dal Gran Consiglio. Inoltre prendendo atto «con grande preoccupazione» delle loro reazioni nei confronti delle attività e dell’operato dei membri dell'organizzazione: «Questi ultimi sono attivi sul territorio ticinese da molti anni, garantiscono numerosi impieghi sopra la soglia minima e si sono sempre adoperati, con non poche difficoltà, per il mantenimento di tutti questi posti di lavoro in Ticino». La sola alternativa sarebbe quindi stata quella di delocalizzare parte della produzione o interi settori.
L'altra organizzazione che difende il nuovo CCL, il sindacato Tisin, per il momento non ha voluto esprimersi. Lo farà domani mattina nel corso di una conferenza stampa, in cui verrà presentato nel dettaglio il contratto collettivo del lavoro per il settore delle industrie.