Il comitato ticinese: «L'aumento dell'età di pensionamento delle donne anticipa quello a 67 anni per tutti».
BELLINZONA - «Si tratta di una riforma che peggiora e aggrava le disuguaglianze» spiega Chiara Landi (Unia). «Ancora oggi in Svizzera le donne sono pagate meno degli uomini per fare lo stesso lavoro. È un’ingiustizia inaccettabile», ha ricordato Tamara Merlo (Più Donne).
Sono solo alcune delle voci del comitato ticinese che dice "No" ai due quesiti referendari che porteranno alle urne gli elettori svizzeri il prossimo 25 settembre. Il comitato è composto da diverse realtà associative, politiche e sindacali che si sono riunite oggi per ribadire la necessità di opporsi all’aumento dell’età di pensionamento delle donne.
«Ciò che in realtà si cela in questa riforma è la volontà di portare l'età pensionabile per tutti a 67 anni», ha detto Françoise Gehring (Sev). Che aggiunge: «Anche gli uomini hanno tutto l’interesse a smascherare una riforma che altro non è che un insidioso grimaldello per aumentare l’età della pensione. I progetti in questo senso ci sono già e sono ben concreti».
Nell'incontro il comitato ha ricordato che «in Svizzera le donne guadagnano in media il 19% in meno degli uomini. La maggior parte del lavoro domestico, educativo e di cura viene svolto gratuitamente dalle donne, che per questo hanno un grado d’occupazione mediamente più basso degli uomini. Queste disuguaglianze - spiegano - hanno poi un impatto diretto sulle pensioni delle donne, che sono in media del 37% inferiori a quelle degli uomini».
Secondo un recente rapporto del Wef (Gender Gap Report 2022) «a livello globale le donne raggiungeranno la parità tra 132 anni», ha rimarcato Davina Fitas (Ocst). «La Svizzera ha mezzi per garantire una pensione dignitosa a tutte e tutti» afferma il comitato, ricordando che «nel 2020 le casse dell’AVS hanno registrato un risultato positivo di 1,9 miliardi di franchi e 2,58 miliardi nel 2021. La Costituzione federale - ricorda in una nota il comitato - stabilisce che l'AVS deve garantire i bisogni fondamentali, eppure con AVS 21 si vanno a risparmiare sulle spalle delle donne 10 miliardi di franchi, un vero e proprio furto» sottolinea Lorena Gianolli (Vpod).
Per il comitato ticinese del "no" aumentare l'età di pensionamento «significa aumentare il numero di persone in disoccupazione o spingerle a chiedere gli aiuti sociali. Senza dimenticare che l’aumento dell’IVA peserà proporzionalmente in modo nettamente maggiore sui redditi bassi rispetto ai redditi alti» aggiungono. L’IVA, ha ribadito Massimiliano Ay (PC) «è un'imposta altamente anti-sociale e che andrebbe a ridurre ulteriormente il potere d’acquisto dei cittadini in un contesto caratterizzato dal rincaro».
Lorenza Giorla (FA) ha ricordato che la politica «dovrebbe pensare a compensare l’aumento dei prezzi, a ridurre il tempo di lavoro, a ridurre i premi insopportabili della cassa malati» piuttosto che «andare a colpire ulteriormente chi deve campare con basse pensioni. Con AVS 21 si pagherà di più e si riceverà di meno. Solo i più benestanti potranno permettersi di andare in pensione anticipata».