La storia di un 63enne che con entusiasmo si rilancia nel mondo del lavoro. A tempo parziale. Senza il sostegno della cassa disoccupazione.
LUGANO - A 63 anni, dopo il licenziamento, ha fatto di tutto per rientrare nel mondo del lavoro. Ma la cassa cantonale di disoccupazione decisamente non lo ha premiato. È la storia di un agente immobiliare del Luganese, rimasto a piedi a inizio 2022 e rimessosi in gioco nel medesimo ruolo a tempo parziale (60%) qualche mese più tardi. «Il mio collocatore era contento. Mi aveva detto di lanciarmi pure che tanto la disoccupazione mi avrebbe pagato la differenza».
Cavilli – E invece no. Il 63enne immobiliarista si è scontrato con una lunga serie di cavilli burocratici. È lui stesso a raccontarli. «Inizialmente quelli della disoccupazione mi hanno fatto notare che il mio nuovo impiego era sottopagato rispetto agli standard abituali. Io ho contestato questa affermazione, evidenziando che in realtà in proporzione venivo pagato di più in confronto all'impiego precedente».
Sistema di controllo – Ma non basta. «I funzionari mi fanno presente che come agente immobiliare non c'è un sistema di timbratura. Quindi era difficilmente dimostrabile che io lavorassi al 60% e non ad esempio al 70% o al 50%. Si sono attaccati al fatto che non c'era un sistema di controllo delle presenze, quando in realtà io avevo un contratto chiaro che parlava di un rapporto lavorativo al 60%. Anche su questo ho faticato per fare capire a queste persone che nel mio mestiere c'è tanta flessibilità e non puoi timbrare come per altre professioni».
Uno strano paradosso – La battaglia del 63enne non è ancora finita. «A un certo punto fanno un calcolo in base a uno stipendio medio a tempo pieno di 3.900 franchi al mese. La disoccupazione mi avrebbe riconosciuto il 70% di quanto mi mancava. Siccome però io col nuovo lavoro al 60% guadagnavo di più rispetto al 70% di 3.900 franchi mi hanno detto che non avevo diritto ad alcuna copertura».
La fatica dei lavoratori "anziani" – La delusione dell'immobiliarista è enorme. «Io a 63 anni non volevo essere un peso per la società. Mi sono rimesso in gioco con entusiasmo. Anche l'impiegato dell'Ufficio regionale di collocamento non aveva parole di fronte al modo in cui sono stato trattato. Cosa avrei dovuto fare? Aspettare in eterno un impiego a tempo pieno? Si sa benissimo che per i lavoratori "anziani" è durissima rientrare nel mondo del lavoro. Io ci sono riuscito ma la disoccupazione mi ha penalizzato per il fatto di essere a tempo parziale. Lo trovo tremendamente ingiusto. Avrei fatto meglio a starmene con le mani in mano. Così si manda un messaggio distorto a tutte le persone in disoccupazione».
La voce dell'IAS – Pierluigi Zuccolotto, capo dell'Ufficio prestazioni dell'Istituto assicurazioni sociali (IAS), non commenta il caso specifico per questioni di segreto professionale. Ma interpellato da Tio/20Minuti sottolinea: «È considerato guadagno intermedio il reddito proveniente da un’attività lucrativa che l’assicurato ottiene entro un periodo di controllo e il cui importo è inferiore all’indennità di disoccupazione cui ha diritto. È considerata perdita di guadagno la differenza tra il guadagno intermedio ottenuto nel periodo di controllo, ma corrispondente almeno all’aliquota usuale per la professione e il luogo, e il guadagno assicurato».
Dove sta l'inghippo – Fin qui, linguaggio tecnico a parte, sembra tutto quadrare. Ma allora dove sta l'inghippo? «Se il salario versato per l’attività espletata a titolo di guadagno intermedio non è conforme agli usi professionali e locali, la cassa disoccupazione deve adeguarlo al salario in uso per l’attività interessata. La cassa stabilisce se la remunerazione è conforme basandosi sulle disposizioni legali, la statistica dei salari, i salari in uso nell’azienda o nel settore, i contratti tipo o i contratti collettivi di lavoro. Nel caso di una remunerazione non commisurata alle prestazioni, ad esempio quando si ha a che fare con provvigioni, non si può parlare di questa conformità».