Salari bassi e poche prospettive? «Vi mostro l’altra faccia della medaglia», dice Stefano Rizzi, direttore della Divisione dell’economia
BELLINZONA - Il Ticino dei salari più bassi della Svizzera. Il Ticino da cui fuggono i cervelli. Il Ticino delle persone che faticano ad arrivare a fine mese. Immagini che stanno emergendo da mesi. «Ma c’è anche un Ticino delle opportunità», sostiene Stefano Rizzi, direttore della Divisione dell’economia, ospite di tio.ch.
L’immagine di un Ticino immobile senza prospettive la irrita?
«Sì. Perché non è così. Tante aziende investono in Ticino e anche dall’estero continua ad esserci un forte interesse per il nostro territorio, che si fa sempre più conoscere per le competenze e la capacità di innovazione. Il Ticino ha poco più di 350’000 abitanti e offre oltre 240’000 posti di lavoro: tra il 2010 e il 2020 ne sono stati creati quasi 30'000. Recenti dati hanno poi rilevato come la produttività è aumentata di molto in Ticino, soprattutto negli ultimi 5 anni. Come si fa a dire che c’è immobilismo?»
Eppure il ticinese medio sembra soffrire e c’è chi sostiene che non ci sia una visione.
«Abbiamo fatto una scelta di campo molto chiara negli ultimi anni: la strategia di sviluppo economico punta con determinazione sull’innovazione. Rafforzando costantemente le condizioni quadro è stato possibile creare un ecosistema particolarmente favorevole alla nascita e alla crescita di attività innovative. Questo ci ha permesso di essere riconosciuti come “leader dell’innovazione” a livello internazionale.»
Leader dell’innovazione? È un tema di cui si parla tanto. Ma di cui traspare poco all’opinione pubblica.
«A dimostrarlo ci sono pure degli studi internazionali. Ad esempio, secondo un’analisi del 2023 della Commissione Europea, il nostro Cantone, tra le 239 regioni considerate, si classifica nei primi dieci sistemi dell’innovazione a livello europeo e al secondo posto, dopo Zurigo, a livello svizzero. Questo ci ha permesso di rafforzare la competitività e attirare investimenti.»
Come fate ad attirare queste aziende?
«Grazie all’adesione del Cantone all’agenzia di marketing territoriale Greater Zurich Area, promuoviamo il Ticino all’estero come una regione della Svizzera. Tra il 2020 e il 2023, si sono insediate ben 40 nuove aziende dall’estero. In particolare aziende dei rami delle scienze della vita, dell’informazione e della comunicazione, della meccatronica e del lifestyletech. Per i prossimi 5 anni sono previsti circa 500 nuovi posti di lavoro grazie a queste imprese».
D’accordo. Ma chi finisce poi per lavorare in queste aziende?
L’impressione è che il ticinese medio ne resti escluso. «Queste imprese offrono sicuramente delle occasioni per il personale residente. È evidente d’altra parte che dal bacino ticinese non possono arrivare tutti i profili che queste aziende hanno bisogno e quindi siamo confrontati con la sfida di attrarre talenti anche dall’estero.».
Chi ci garantisce che la precedenza nella ricerca del personale vada ai residenti?
«La nostra strategia comprende anche l’aggancio tra queste realtà e il Servizio aziende degli Uffici regionali di collocamento. Così da dare concrete opportunità ai residenti in cerca d’impiego».
Gli uffici regionali di collocamento ultimamente sono stati un po’ contestati...
«La strategia di sostegno al collocamento è in costante evoluzione, come lo è il contesto in cui è chiamato ad operare. In questo senso, sono in corso diverse azioni volte a ottimizzare il Servizio pubblico di collocamento con un occhio di riguardo ai pubblici più sensibili e un approccio sempre più personalizzato.».
Cosa replica a chi sostiene che i cervelli ticinesi fuggano dal Ticino?
«È giusto che i giovani facciano esperienza e colgano anche opportunità di crescita fuori Cantone. Altrettanto importante che questi professionisti abbiano la possibilità di tornare ad occupare le interessanti posizioni che si creano in Ticino. Per questo sono state sviluppate diverse misure tramite le quali siamo riusciti a fare tornare diversi talenti. E continueremo a farlo.»
Sì. Ma in Ticino si guadagna circa il 20% in meno rispetto alla mediana svizzera.
«Considerando solo il salario mediano dei residenti, la differenza tra Ticino e Svizzera è decisamente più contenuta, ca. il 10%.».
La sua affermazione è un’ammissione del dumping salariale: i frontalieri spesso guadagnano di meno.
«Con il nuovo accordo fiscale i nuovi frontalieri saranno portati a trattare i salari al rialzo, e questo a vantaggio di tutti i lavoratori, e non da ultimo delle finanze di Cantone e Comuni.»
Qualcuno, piuttosto che sfinirsi a cercare lavoro, preferisce mettersi in proprio.
«Sempre più persone decidono di mettersi in proprio, ma perché vedono delle opportunità. Ci sono tante belle storie di imprenditorialità, che sosteniamo con un accompagnamento, con la formazione e anche con sostegni finanziari. Anche in questo il Ticino, con il servizio Fondounimpresa, è all’avanguardia.»
Senta, lei ci sta mostrando un Ticino in cui sembra andare tutto bene. Cosa risponde a chi fa fatica ad arrivare a fine mese?
«Non sto dicendo che tutto è perfetto. Sto solo mostrando un’altra faccia della medaglia. Il Cantone sta facendo investimenti importanti e abbiamo un patrimonio di competenze nelle nostre università e imprese che permette di investire sul futuro, pensiamo ad esempio alla nascita del Parco dell’innovazione a cui stiamo lavorando.»
E allora la sfiducia palpabile che regna da qualche tempo come la giustifica?
«Da una parte è un pessimismo che può essere oggettivo. Ci sono situazioni effettivamente problematiche e vanno affrontate. Dall’altra probabilmente è più facile guardare agli aspetti negativi piuttosto che evidenziare anche quelli positivi. Io sono fiducioso. E credo molto nelle potenzialità del Ticino».