Passeggiate meditative, ma anche visite a scopo di ricerca storica. Il professor Claudio Visentin: «Aiuta a vivere».
LUGANO - L'esempio letterario più noto sull'argomento è certamente "L'Antologia di Spoon River", libro cult del poeta americano Edgar Lee Masters, una camminata a ritroso nella storia di una cittadina immaginaria e dei suoi abitanti compiuta attraverso degli epitaffi, quei riassunti di poche parole che tentano di descrivere l'essenza di una vita.
Un turismo da raccoglimento - Ma i pellegrinaggi o le passeggiate dentro ai cimiteri hanno anche dato origine a veri e propri fenomeni di costume, come il turismo cimiteriale in adulazione anche post mortem a vip, big della musica o letterati, oppure come passatempo itinerante nel tempo libero per ammirare statue e opere scultoree in quei camposanti elevati quasi a museo.
Passeggiate nei piccoli cimiteri abbandonati - In questa ronda pellegrina di forestieri mossi dalla curiosità per l'aldilà, c'è anche la variante dell'andar per cimiteri abbandonati portandosi dietro una certa propensione al raccoglimento, mossi dal gusto di meditare, per ripensare magari il proprio posizionamento nel mondo. Taluni, dopo queste camminate catartiche, tornano ispirati e decidono di rinchiudere dentro a un libro le emozioni e i sentimenti provati. Come ha fatto il professor Claudio Visentin, docente al Master di Turismo Internazionale dell'USI, autore di "Passeggiate nei piccoli cimiteri».
«Mi son trovato in un momento un po' triste, un po' particolare della mia vita - racconta il professore - avevo perso alcune persone care e ho cominciato a fare questi pellegrinaggi nei piccoli cimiteri di campagna, un modo mio di misurarmi con questo tema, il tema del morire, che ci riguarda ovviamente tutti da vicino». Cammin facendo, dentro a quegli ameni camposanti simili a piccole ghost-town, Visentin scopre di non essere solo in questi vagabondaggi spirituali.
Tante le persone "cimi-turiste" - «Ho scoperto che tantissime persone sono "cimi-turiste", come le chiamo io - spiega - cioè amano andare in giro per i cimiteri e ognuna aveva una storia di un piccolo cimitero da raccontarmi. Quindi questa è una passione che io pensavo che fosse solitaria, un po' stravagante. E invece è molto più condivisa di quanto si crede. Il cimi turismo - aggiunge - è proprio questo, cioè andare in un cimitero dove non ci sono sepolte persone della famiglia».
Andare per vite di altri «aiuta a capire che non sono l'unica persona importante al mondo - ricorda il professore - e che c'è tanta gente a cui sono successe tante cose e quindi è qualcosa che aiuta a vivere. Scavare nelle vite degli altri rimanda a un senso più ampio di umanità».
Per il professore questa passeggiata tra i morti «aiuta a tornare nei paraggi della nostra vita avendo messo meglio a fuoco le nostre priorità. È questo il senso profondo di questa esperienza. Possiamo anche non affrontarla una riflessione sulla morte - dice - ma rimane comunque sotto, in qualche modo c'è sempre dentro di noi. In questi piccoli cimiteri - riflette - la morte è più a misura d'uomo, ci sono gli animali, ci sono gli alberi, c'è l'erba, tutto il contrario dei grandi cimiteri urbani pieni di statue, di tombe, dove la gente ruota intorno a essi molto rapidamente».
I piccoli cimiteri di campagna «danno ovviamente un senso di ritiro, di pace, di misura d'uomo che rende più facile secondo me pensare a questo problema».
Cimi-turismo e memoria storica - Questo genere di "tour" svolge a volte anche una funzione di carattere storiografico. Visentin ne è testimone, quando racconta ad esempio che proprio durante uno di questi suoi pellegrinaggi si è imbattuto in una lapide che ritraeva un giovane soldato con un epitaffio la cui unica parola rimasta incisa era "amore".
«Pensavo che fosse amore dei genitori, dei parenti di questo milite ritratto in divisa - spiega - poi invece attraverso la data di morte e una ricerca di fatti di quel periodo sono riuscito a risalire al giornale dell'epoca e ho trovato una storia incredibile, quella di questo Edoardo Pre, che è la storia tra l'altro tragica di un femminicidio. Siamo nel millenovecentotrentadue ed è il cinque di giugno. Una maestrina viene uccisa a colpi di falcetto da un giovane contadino che si era innamorato di lei: al rifiuto della maestra del paese di continuare la relazione, lui la uccide».
I cimiteri ticinesi abbandonati di Neggio e Besazio - Il professore si è trovato a discutere più volte dell'argomento anche con un noto grafico ticinese, Orio Galli, anche lui un "viandante" dei cimiteri abbandonati. Anche Galli pone la questione dell'andar per cimiteri fra i due poli del "raccoglimento" e della "memoria storica". «Chi volesse fare un'indagine sul passato di un villaggio ha anche questa possibilità - fa presente Galli - il lascito degli epitaffi. Il mio interesse per la storia è nato proprio da una visita a uno di questi cimiteri. Tutta la morte - racconta - dovrebbe essere vissuta in funzione dei vivi». È passando in quello di Besazio che Galli ha ricostruito le vicende famigliari dei suoi avi, giunte fino in quel di San Pietroburgo. «Mio nonno emigrò in Russia nel 1890, dove conobbe quella che sarebbe diventata mia nonna. Ecco perché mio padre venne chiamato Sergio, in russo Serghej, il più famoso santo della chiesa russo-ortodossa».
E fra i camposanti più antichi si trova anche quello di Neggio. «Il cimitero di Neggio - spiega Enrico Notari, vera e propria memoria storica del luogo - fu costruito durante l'editto di Napoleone che proibiva la sepoltura nelle chiese e ha funzionato fino al 1913». È un cimitero che, seppur abbandonato da 111 anni, annovera ancora un manutentore, l'operaio comunale Ferruccio Lorenzetti. Da 27 anni «3 o 4 volte all'anno vengo a tagliare l'erba e fare pulizia». Il luogo non è frequentato solo da "pensatori" o ricercatori di storia. «Qualcuno porta via delle cose - racconta Alessio Guggiari - sono spariti dei coppi e anche due angioletti». Insomma, un posto anche ambito da un certo genere di antiquari.