Il ticinese Gian Paolo Donghi, lui stesso paraplegico, dà supporto a chi in seguito a un incidente o a una malattia rimane paralizzato.
RIVA SAN VITALE - «Io ci sono passato. E per me oggi è un onore aiutare queste persone». È così che Gian Paolo Donghi, 50enne di Riva San Vitale, ci parla del delicato e importante lavoro che svolge dal 2008, quello di consulente per l'Associazione svizzera dei paraplegici (ASP). E lo fa in occasione del Disability Pride Month, celebrato globalmente ogni luglio.
«Do sostegno agli italofoni che in seguito a un incidente o a una malattia diventano paraplegici o tetraplegici», spiega. «Il tutto ha inizio già dal ricovero alla clinica di Nottwil, e prosegue anche dopo il periodo di riabilitazione, quando la persona rientra a casa».
L'incidente che cambiò tutto - E se c'è qualcuno che conosce molto bene questo percorso, è proprio Donghi. «Io stesso sono in sedia a rotelle. Nel 1992, quando avevo 18 anni, ho avuto un incidente in moto. C’era un buco nell'asfalto e ci sono caduto dentro, riportando una lesione midollare. Sono quindi stato ricoverato a Nottwil, dove sono rimasto per sette mesi».
Dalla sofferenza alla rinascita - Ma dopo un primo periodo di buio si è fatta strada, piano piano, la luce. «È stata una batosta, sicuramente, e ho sofferto, anche perché in seguito all’incidente sono stato un mese intero in cure intense. Una volta che ho iniziato a ritrovare il mio equilibrio, però, non mi sono più fermato. Ho fatto una riqualifica professionale, ho ricominciato a fare sport entrando nel Gruppo Paraplegici Ticino e negli InSuperAbili, sono diventato membro del comitato di inclusione andicap e infine ho iniziato a lavorare per l'ASP come consulente».
«Dopo lo shock, si va avanti» - Un ruolo, quest’ultimo, di certo non facile da ricoprire. «È tragico subire un trauma di questo tipo, c’è poco da girarci intorno», afferma Donghi. «All’inizio è molto pesante e difficile, perché ci si trova, da un giorno all’altro, con la vita stravolta. Normalmente però, una volta affrontato lo shock, prevale comunque la volontà di reagire e andare avanti. È come rinascere, bisogna ricominciare da capo e rimparare tutto».
Ma il prezioso supporto offerto dal ticinese non si ferma alla sfera psicologica. «Fornisco a queste persone tutte le informazioni che potrebbero essere utili, da ciò che concerne l’accessibilità a quanto offriamo in termini di consulenza giuridica, fino all'offerta di attività sportive e di svago. Assistiamo inoltre le famiglie nel preparare l’abitazione per il rientro a casa del paziente: di norma ci sono infatti diversi lavori da intraprendere per rendere gli spazi accessibili al 100%».
«Ci siamo anche noi» - A proposito di accessibilità, nel nostro cantone è da poco volto al termine "Futuro inclusivo", un mese di giornate d'azione nazionali per i diritti delle persone con disabilità. «È importante far vedere ai politici e alla società in generale che ci siamo anche noi, e parlo sia per chi è affetto da disabilità fisiche che mentali», sottolinea Donghi. «In termini di inclusività la Svizzera ha ancora diversi limiti, in particolare nel mondo del lavoro. Occorre sensibilizzare maggiormente le aziende e incentivarle a impiegare persone con disabilità, nonché a sviluppare progetti imprenditoriali inclusivi».
Per quanto concerne invece le barriere architettoniche «non tutte le stazioni ferroviarie sono accessibili: a volte le rampe sono troppo ripide, e manca l’ascensore. Va detto comunque che nel nostro Paese si sono fatti grandi passi avanti in questo senso, e penso che nei prossimi anni raggiungeremo un’accessibilità completa».
Commenti fuori posto - Viene infine ritenuto «fondamentale» organizzare e promuovere eventi e occasioni di socializzazione volti a coinvolgere sia persone con disabilità che persone normodotate. «Qui in Ticino c’è una buona sensibilità nei confronti delle persone con disabilità, ma a volte capita ancora di trovarsi in situazioni spiacevoli», spiega Donghi. «Una sera, ad esempio, ero in auto e stavo cercando un posteggio. A un certo punto ho notato che una signora aveva occupato abusivamente un parcheggio per disabili, così le ho chiesto “Scusi ma perché ha lasciato la macchina qui?”. Lei in tutta risposta mi ha detto "Non pensavo che i disabili andassero in giro la sera". Insomma..c’è sempre margine di miglioramento».