Il Festival dallo spirito aperto di Maja Hoffmann sta per prendere il via
LOCARNO - Maja Hoffmann si appresta a partecipare alla sua prima edizione del Locarno Film Festival, che si aprirà mercoledì, in veste di presidente. Keystone-ATS ha parlato con lei del futuro della manifestazione.
A luglio dello scorso anno Maja Hoffmann era stata nominata, poi confermata a settembre, quale nuova presidente del Locarno Film Festival dopo ben 23 anni firmati da Marco Solari.
Nel 2023 era stato istituito un comitato, presieduto da Mario Timbal, per la ricerca del nuovo presidente del festival. Ed è stato proprio «Timbal a venirmi a cercare per riprendere questa presidenza», spiega Maja Hoffmann in un'intervista a Keystone-ATS negli spazi del LUMA Westbau di Zurigo.
Una presidenza diversa - «Per un lungo periodo ho detto di no perché per molte ragioni non posso compararmi a Marco Solari», dice. «Ho iniziato a negoziare un tipo di presidenza diversa da quella che si conosceva. È diversa nel senso che poggia molto sull'équipe e anche sulla presenza in Ticino del vice presidente Luigi Pedrazzini, una solidità di grande importanza», precisa Hoffmann.
Dopo la sua nomina, si erano levate anche voci critiche. Soprattutto dal punto di vista della Svizzera italiana, ci si era chiesti quanto spesso la Hoffmann, che ha molti impegni e vive a Basilea, Zurigo e Arles, sarebbe stata a Locarno. Una parziale assenza che viene quindi riposta nella presenza fissa sul territorio ticinese di Pedrazzini.
Un'organizzazione importante in particolare nel «primo anno di transizione nel quale si deve ristrutturare il funzionamento per cercare di darsi i migliori modi di progredire nel tempo e rimanere rilevanti nell'epoca in cui viviamo», spiega Hoffmann.
Interesse artistico e culturale - «Non nego che il mio interesse è molto più nell'ambito artistico o culturale piuttosto che nella raccolta fondi o il posizionamento politico», indica la nuova presidente. Ci si completa però bene in seno all'équipe, «è un lavoro collettivo», dice.
«Ci spostiamo da una struttura molto verticale, verso una struttura un po' più trasversale che ho potuto testare nel corso degli anni con la mia Fondazione privata (LUMA, ndr.), ma molto impegnata pubblicamente ad Arles, nel sud della Francia», aggiunge Hoffmann.
«Il progetto di Arles mostra che quando siamo impiantati nel locale siamo più forti», spiega. L'obiettivo è poi quello di diffonderlo internazionalmente. Non si tratta di un confronto fra i due progetti, ma piuttosto di quanto Hoffmann può apportare a Locarno impiegando un approccio analogo.
«Arrivo quindi con poco ego, ma con un desiderio profondo di far avanzare le cose e di far perdurare la missione del festival che trovo già molto ben definita», spiega.
Spirito aperto - A una visione specifica la nuova presidente preferisce uno spirito aperto: «Dobbiamo mantenere la fiducia di chi ci sostiene e attirare nuove persone che ci aprano la via verso il futuro. Bisogna provare ad analizzare quello che succede nel mondo, quindi ci vuole un'apertura di spirito che forse non esisterebbe se restiamo su una posizione troppo rigida».
«Se vogliamo attirare i cineasti, che sono al centro del programma, dobbiamo saper mostrare apertura altrimenti non verrebbero. A questo livello penso di essere un buon elemento per poter continuare questa missione», dice.
«Mi piace che questo festival sia indipendente, che ci sia la libertà di scegliere, ma che si possa anche discutere e che si possano raccogliere le idee man mano che si presentano», indica.
Sfide per la cultura e il cinema - Chiediamo alla nuova presidente quali siano le sfide a cui deve far fronte la cultura e in particolare il cinema: «Non è soltanto una sfida per il cinema, è una sfida per tutti. Penso ci sia un'accelerazione e una presa di coscienza in tutto ciò che succede nel mondo, inevitabile, ma che bisogna mantenere ottimismo e una libertà d'azione che ci permetta di rimanere fiduciosi».
Possiamo far fronte alle sfide nel mondo del cinema soltanto in relazione ad altre discipline culturali. Il primo passo è quello di sostenere la cultura: «Bisogna dare di più se vogliamo un luogo in cui immaginare mondi futuri. Non c'è niente di più bello del cinema per convogliare quest'emozione, che è necessaria».
Invece di «sotterrare» la cultura bisogna valorizzarla perché «è il mezzo che ci permette di trovare soluzioni agli altri problemi e far avanzare l'umanità», spiega.
Vedremo una collaborazione fra la sua Fondazione LUMA e il Locarno Film Festival? «Per ora faccio da ponte fra i due, sono pronta ad accogliere un think tank (laboratorio d'idee, ndr) a Arles o a ospitare giovani cineasti. Ma non c'è collaborazione a livello finanziario perché non sarebbe opportuno». «Sono contro al ricevere molti nuovi finanziamenti che definiscano il loro proprio progetto all'interno del Festival», precisa.