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La parola ai ragazzi: «Sì, i social li usiamo ma sappiamo quello che facciamo»

LUGANOLa parola ai ragazzi: «Sì, i social li usiamo ma sappiamo quello che facciamo»

23.09.24 - 22:32
"HappyLab", organizzato da IBSA Foundation affronta il mondo social con 200 adolescenti delle scuole. Ecco cosa ci hanno raccontato.
Tio.ch/Deposit
La parola ai ragazzi: «Sì, i social li usiamo ma sappiamo quello che facciamo»
"HappyLab", organizzato da IBSA Foundation affronta il mondo social con 200 adolescenti delle scuole. Ecco cosa ci hanno raccontato.

Social media, croce o delizia? Se per gli adolescenti sono ormai sempre di più una parte consistente della propria vita quotidiana, per i genitori spesso rappresentano un pericoloso buco nero, dove i figli possono essere risucchiati.

L'iniziativa - Proprio per rispondere a domande basilari e per cercare di capire se questo mondo virtuale influenza o meno il benessere degli adolescenti, interviene l’iniziativa "HappyLab", organizzata dalla IBSA Foundation per la ricerca scientifica, che dal 23 e fino al 27 settembre coinvolgerà circa 200 adolescenti del Ticino.

E sono proprio loro, i ragazzi a prendere la parola per dire che «si, i social media li usiamo ma sappiamo quello che facciamo». Una risposta che potrebbe lasciare spiazzati visto che sempre più spesso si pensa che i più giovani siano "ipnotizzati" da questa realtà ma, fortunatamente, non è cosi.

Le voci - A confermarlo è Riccardo. «Uso principalmente Tik Tok e Instagram. Il primo solo per vedere contenuti che mi interessano mentre l'altro anche per interagire - ci racconta - Poi c'è WhatsApp ma solo per la messaggistica. Ne faccio un uso ragionato senza eccessi». E se gli si chiede se siano più le insidie o le opportunità offerte ciò che conta «è capire perché li si vuole usare. C'è magari chi vuole pubblicizzare un prodotto e allora i social media saranno utili perchè inviano messaggi rapidi ed efficaci visto che uno dei segreti è proprio quello di ridurre all'osso il contenuto. Il rischio, e allo stesso tempo la capacità, è quella di riuscire a individuare eventuali fake news. Non è mai il mezzo il problema ma come lo si usa».

Il Laboratorio ha anche l’avallo del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS). Con i ragazzi dialogheranno Laura Marciano, ricercatrice alla Harvard T.H. Chan School of Public Health di Boston e gli esperti di Rete Operativa, tra cui Dario Gennari, cofondatore dello studio medico Rete Operativa e psicoterapeuta.  

Un'altra voce è quella di Asmaa. «Cerco di usarli poco e a ragion veduta. Preferisco magari utilizzare i video games per giocare con gli amici che conosco e sapendo chi c'è dietro un nome. All'inzio li usavo di più, ma poi mi sono accorta che potevo entrare in contato con persone di cui ignoravo tutto e di cui ovviamente non sapevo se mi potevo fidare. Allora ho smesso. Accadeva quando avevo circa 13 anni ma presto ho capito. Capita ovviamente di guardare video di persone che mi piacciono ma sto attenta a interagire perché sono sempre tanti quelli che interagiscono e non si sa mai cosa può celarsi dietro».

Un'ultima voce è quella di Tobia che dice come «non li uso molto perché ho compreso come ci possano essere dietro dei pericoli». Fondamentale in tale mondo che ci sia la presenza della famiglia. «I miei genitori mi hanno spiegato bene cosa può accadere e infatti oltre whatsapp e poco altro non sono un assiduo utilizzatore. Magari li impiego per creare alcuni contatti con amici ma sono sempre allerta. Preferisco il contatto umano e visivo».

I laboratori - Per ragionare, in modo concreto, su cosa significhi avere più identità, e sui rischi (o i benefici) collegati, i partecipanti a HappyLab sono poi stati invitati a dipingere una serie di maschere (bianche, in partenza) per rappresentare il modo in cui si sentono sui social, raccontando poi, attraverso un dialogo collettivo, il perché delle loro scelte stilistiche, che molto spesso fanno emergere aspetti interessanti della personalità.

Il commento - «È frequente, in effetti - come dimostra lo studio HappyB, realizzato da Laura Marciano - che gli adolescenti abbiano un account “ufficiale”, dove si espongono poco, e poi un account più ristretto, per gli amici, dove si mostrano per come sono davvero. Infine, molti creano anche un account “fake” per osservare quello che fanno gli altri».

La consapevolezza, è dunque uno dei concetti cardine. «Un livello giusto (né troppo basso, né troppo alto) di consumo dei contenuti digitali è legato a miglior benessere – dice Laura Marciano – L’uso dei social non è di per sé un male, ma deve essere gestito in modo sano, collegandosi alla Rete con uno scopo specifico e per un periodo di tempo ragionevole, senza che ciò implichi un malessere cognitivo e comportamentale, che tende a cancellare il resto della vita».

Cifre - I numeri, in effetti, raccontano quanto sia urgente aiutare i ragazzi a trovare l’equilibrio e la consapevolezza: secondo lo studio JAMES (un’indagine che viene svolta ogni due anni in Svizzera), il 79% dei tredicenni usa i social ogni giorno, e questa percentuale aumenta al 97% fra i diciottenni. Quanto al numero di ore trascorse davanti allo smartphone, nel 2022 la media per i ragazzi fra i 12 e i 19 anni è stata di tre ore e mezzo durante i giorni scolastici, e di ben cinque ore nel fine settimana (l’utilizzo medio dello smartphone da parte della popolazione svizzera nel suo complesso è, invece, di circa due ore al giorno).

Il commento - «Quando si parla di benessere e identità giovanile, è fondamentale creare spazi di confronto e riflessione – afferma Silvia Misiti, Direttrice di IBSA Foundation - È esattamente con questo obiettivo che abbiamo pensato di creare gli HappyLab, parte del progetto Happiness2.0 e del più ampio Let's Science».

Il progetto - HappyLab è un’attività che rientra in un progetto più ampio, Happiness2.0, avviato da IBSA Foundation in collaborazione con l’USI (Facoltà di comunicazione), grazie anche a un finanziamento “Agorà” del Fondo Nazionale Svizzero per la ricerca scientifica. Oltre a HappyLab, il progetto Happiness 2.0 prevede “HappyApero” (condivisione di esperienze fra ragazzi, genitori e insegnanti) e “HappyTable” (discussione fra i direttori delle scuole superiori del Ticino, insegnanti e rappresentanti delle associazioni dei genitori).

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