Confermato il movente terroristico: «L'imputata ha commesso un doppio tentato assassinio a sfondo jihadista».
La donna «rientra nel profilo del lupo solitario».
BELLINZONA - Nove anni di carcere, sospesi in favore di un trattamento stazionario in una struttura chiusa, e una multa di 2'000 franchi. È questa la sentenza decisa oggi al Tribunale penale federale di Bellinzona per la 29enne che il 24 novembre 2020 aveva accoltellato due donne alla Manor di Lugano.
L'imputata dovrà inoltre rifondere alla vittima 30'000 franchi per torto morale, più il risarcimento delle spese legali.
Tre volte colpevole - La giovane è stata giudicata colpevole di tutti i capi d'accusa: ripetuto tentato assassinio, violazione della legge federale che vieta i gruppi "Al-Qaïda", "Stato Islamico" e associati e ripetuto esercizio illecito della prostituzione. Spetterà ora al Cantone decidere in quale struttura sarà trasferita la 29enne.
La procuratrice pubblica Elisabetta Tizzoni, che aveva strenuamente difeso la tesi del terrorismo, aveva chiesto 14 anni, mentre la difesa, che ha in più forme definito la giovane «una pazza, non una jihadista», otto.
«Colpa gravissima» - «L'imputata non è apparsa minimamente pentita, anzi si è detta fiera di quanto fatto. Il suo unico rammarico è quello di non essere riuscita a uccidere le sue vittime. Il suo agire denota particolare freddezza, egoismo, crudeltà e sadismo. La sua colpa è quindi gravissima», così la giudice Fiorenza Bergomi. E il movente terroristico è stato confermato: «Ciò che ha commesso la donna è un doppio tentato assassinio a sfondo jihadista».
Disturbata, ma comunque terrorista - L'imputata «ha agito secondo le sue capacità, limitate dai suoi disturbi psichici e dal lieve ritardo mentale», ma con la volontà di promuovere le idee dello Stato Islamico, sottolinea la giudice. «Esistono infatti, quando si parla di terrorismo, persone che presentano problemi psichiatrici e che non hanno contatti con dei gruppi terroristici, ma agiscono come lupi solitari».
Un atto premeditato e studiato - La 29enne «ha programmato l'atto, ha studiato quale arma utilizzare e come procurarsela», specifica Bergomi, sottolineando come la donna abbia dimostrato grande lucidità. La giudice mette poi l'accento sulla premeditazione: «Ha pensato all'orario migliore, ha scelto delle vittime donne perché più facili da sopraffare. Il suo obiettivo era quello di uccidere più miscredenti possibile e voleva che tutti sapessero che stava agendo in nome dell'Isis».
Propaganda terrorista - La Corte ha basato il suo giudizio anche sui messaggi pro Stato Islamico scambiati via chat con un giovane siriano, tra cui la frase "Voglio servire Dio fino a morire" e le immagini della bandiera dell'Isis. «Tali comunicazioni erano chiaramente idonee a fare propaganda in favore dell'Isis».
L'imputata, che è affetta da gravi turbe psichiche e non ha mai mostrato pentimento, aveva agito al quinto piano del negozio, al reparto casalinghi, scagliandosi contro due donne con un coltello da pane e urlando «Allahu Akbar» e «Sono qui per l'Isis». La vittima principale, oggi 21enne, ha riportato gravi ferite a collo e viso e danni permanenti a mani e polsi.