Non mostra alcun rimorso la 29enne alla sbarra per il doppio tentato assassinio avvenuto a novembre 2020 a Lugano.
La giovane si prostituiva e, afferma lei stessa, inviava il denaro guadagnato in Medio Oriente «per finanziare lo Stato islamico e l'acquisto di armi per la guerra santa».
LUGANO - Tagli profondi. Uno, che pochi millimetri più in là sarebbe stato fatale, al collo. Uno sul mento. E poi, diversi, sulle mani e sul braccio.
Sono immagini scioccanti, quelle mostrate oggi al Tribunale penale federale di Bellinzona. Immagini che mostrano l’entità delle ferite inferte alla vittima principale del doppio accoltellamento avvenuto il 24 novembre 2020 alla Manor di Lugano. Ma che all’imputata, che ha utilizzato un coltello per tagliare il pane con una lama da oltre 21 centimetri, «non fanno nessun effetto». «Non mi sembra niente», insiste.
«Lo rifarei» - Di pentimento, poi, neanche l’ombra. «Dico solo che Allah è grande. E, se potessi tornare indietro, lo rifarei. Però meglio, con dei complici», dice infatti la 29enne, interpellata dalla giudice su cosa pensasse, oggi, di quanto da lei fatto. L’idea era quella «di dimostrare che a compiere un atto terroristico sono capace anch’io, non solo gli uomini». «Mi sono detta, adesso faccio qualcosa anch’io per onorare lo Stato islamico».
Nell’agire, conferma l’imputata, «ho detto Allahu Akbar tre volte, nel modo più aggressivo possibile, perché volevo che si capisse che si trattava di un attentato».
«Se non mi avessero fermato avrei continuato» - Per fermare la foga assassina della donna, si vede poi nel filmato ripreso dalla videocamera di sorveglianza del negozio, ci sono voluti trenta lunghi secondi di lotta e l’intervento di più clienti. «Se non mi avessero fermato io avrei continuato», conclude la 29enne, ammettendo che aveva aggredito la seconda vittima pensando che la prima fosse ormai in fin di vita.
Foto e testi incriminanti - Per quanto concerne invece il legame dell'imputata con gruppi "Al-Qaïda", "Stato islamico" e associati, dalle indagini della Polizia federale sono emersi numerosi scambi di messaggi dal contenuto pro Stato Islamico tra la giovane e il siriano della quale si era infatuata, oltre a immagini da lei inviate che mostrano la bandiera dell'Isis e una fotografia di Abu Bakr al Baghdadi, già capo del sedicente Stato islamico.
La prostituzione e i soldi inviati in Siria - La 29enne è inoltre accusata di aver esercitato illecitamente la prostituzione attraverso siti di incontri come Badoo, Netlog, Scokka e Twoo, con guadagni mensili tra i 4'000 e i 6'000 franchi. «Praticavo soprattutto rapporti orali, con una sola persona rapporti completi e per questi incassavo 200-250 franchi a prestazione», spiega la donna, specificando però che non teneva il denaro per sé.
Un nuovo capo d'accusa - Buona parte dei soldi guadagnati, afferma infatti la giovane, venivano inviati in Medio Oriente «per finanziare l'acquisto di armi per la guerra santa, a favore dello Stato islamico». Complessivamente, a detta dell'imputata, si sarebbe trattato di una somma di 18'000 franchi circa. «Li inviavo tramite altre persone, perché ero stata bloccata quando ho provato a farlo da sola attraverso la Western Union». Per quanto riguarda invece le spese personali, spiega, utilizzava i soldi dell'assistenza. Visti i nuovi elementi emersi, la procuratrice federale Elisabetta Tizzoni ha così esteso l'accusa integrando anche il reato di invio di denaro allo Stato islamico.