«Abbiamo cercato di salvaguardare la salute dei pazienti», così la capostruttura della casa anziani di Sementina.
BELLINZONA - «Si facevano attività di gruppo come la tombola e i giochi di parole, sì. Ma venivano mantenute le distanze sociali». È quanto ha dichiarato oggi la ex caporeparto e attuale capostruttura della casa anziani di Sementina, sentita in veste di persona a conoscenza dei fatti, nel secondo giorno di dibattimento per il caso della casa anziani di Sementina.
La struttura, lo ricordiamo, è finita nell'occhio del ciclone per sospette negligenze rispetto alle misure Covid dopo che tra marzo e aprile 2020 ben 22 dei suoi residenti, su un totale di 80, sono deceduti a causa del virus.
«I controlli c'erano» - «Facevo dei controlli per capire se i collaboratori avevano compreso le misure sanitarie e se le stavano applicando», racconta l'allora caporeparto, «in particolare verificavo che gli isolamenti fossero fatti correttamente e che sulle porte vi fossero le indicazioni su come procedere in sicurezza».
«Non si testava sistematicamente» - Per quanto concerne invece i test, «i residenti che presentavano dei sintomi che non erano ancora riconducibili al Covid non erano testati sistematicamente, ma venivano monitorati». «Di principio», aggiunge, «si cercava di tenerli isolati, ma non si applicava un confinamento in camera perché secondo le direttive allora vigenti i pazienti potevano muoversi liberamente nella casa anziani».
A ordinare i test, chiarisce la ex caporeparto, «era di solito la direttrice sanitaria, o in alternativa i medici di famiglia dei degenti. Se i medici di famiglia non erano immediatamente reperibili interveniva in seconda battuta la direttrice sanitaria».
«Dal personale nessuna perplessità» - Ha mai ricevuto delle lamentele da parte del personale rispetto alla gestione dell'emergenza sanitaria da parte della direzione?, chiede però il procuratore generale Andrea Pagani. «Che io ricordi, no», risponde la capostruttura. E, sottolinea, «da parte della direttrice sanitaria c'è sempre stato pieno sostegno e totale disponibilità».
Tombola sì, ma a distanza - Si passa poi al capitolo "attività di gruppo". «Le attività socializzanti, quelle che si svolgevano con i residenti di tutti i piani, erano state sospese da subito, penso il 9 marzo», afferma la capostruttura. Sono però state mantenute «delle attività terapeutiche passivo-cognitive ai piani, senza i residenti positivi». Tra queste, conferma, c'erano attività come la tombola, i giochi di parole e le attività di lettura. Il loro mantenimento «era volto a sostenere le necessità dei residenti e dare loro una struttura giornaliera». Si era comunque detto, specifica, «che doveva essere mantenuta una distanza sociale e che si doveva evitare lo scambio di materiale tra gli ospiti. I gruppi erano poi esigui, le attività che ho visto coinvolgevano massimo 10 residenti».
Il tracciamento? «Non si riusciva più a farlo» - Rispetto all'assenza di una lista dei contatti per il tracciamento dei casi, la capostruttura relativizza: «Mi era stato detto di segnalare i pazienti positivi e i contatti da loro avuti con altri residenti attraverso un rapporto che inviavo ai miei superiori. Quando la situazione è precipitata non si è però più riuscito a monitorare tutto».
«Poco personale, era più semplice farli mangiare insieme» - La maggior parte dei pazienti, tiene infine a sottolineare l'ex caporeparto, «avevano dei disturbi cognitivi importanti, non è stato dunque facile far comprendere loro i nuovi limiti. Essendoci carenza di personale era più semplice farli mangiare ai piani, nelle cucinette, piuttosto che da soli in camera. Così facendo li avevamo tutti lì insieme ed era più facile supervisionarli». «Abbiamo cercato di salvaguardare la salute dei pazienti con le conoscenze che avevamo al momento, cercando di non farli sentire troppo isolati visto che non avevano più contatti diretti con i familiari», conclude.