Respinte, per il 36enne sopracenerino, le richieste di pena sia della difesa che dell'accusa, giudicate entrambe troppo blande.
LUGANO - Dovrà scontare altri due anni e sette mesi di carcere, per una detenzione complessiva di tre anni e mezzo, il 36enne del Sopraceneri oggi alla sbarra alle Assise criminali di Lugano per aver picchiato, segregato e costretto a vari atti sessuali, tra il 2021 e il 2022, la sua oggi ex compagna. Non sarà dunque scarcerato immediatamente come chiesto invece dalla difesa ma anche dall'accusa, la cui richiesta di pena è stata ritenuta nuovamente troppo bassa, e quindi inadeguata.
L'uomo, che dovrà anche sottoporsi a un trattamento ambulatoriale e versare 13'000 franchi di risarcimento per torto morale alla vittima, è infatti stato ritenuto colpevole di coazione sessuale ripetuta, coazione ripetuta, lesioni semplici e vie di fatto reiterate. Nulla di fatto, invece, per quanto riguarda il sequestro di persona, ritenuto «non realizzato perché la vittima, trovandosi in una stanza al piano terra, sarebbe potuta scappare dalla finestra».
«Noncurante della sofferenza della donna» - «La colpa è oggettivamente estremamente grave per il reato principale, e grave per gli altri reati», ha detto il giudice Amos Pagnamenta annunciando la sentenza. Il 36enne «ha agito mosso dalle sue più basse pulsioni sessuali e dalla volontà di punire nel modo più meschino la vittima. In tutto ciò si è dimostrato noncurante del dolore e delle sofferenze, sia fisiche che psicologiche, di una persona che amava».
Prove schiaccianti - Il giudice ha poi tenuto a sottolineare che «se la vittima non avesse avuto la prontezza di registrare quello che stava vivendo in quella relazione avremmo sicuramente assistito alla stregua negazione, da parte dell'imputato, della sua responsabilità». E in effetti, a dispetto delle prove schiaccianti, «all'inizio dell'inchiesta l'uomo ha tentato di respingere ogni accusa».
«Non è apparso sincero» - Il fatto che il 36enne abbia intrapreso di sua spontanea volontà un percorso di psicoterapia è stato invece giudicato positivamente nella commisurazione della pena. Al contrario, quanto riferito dall'imputato in termini di dispiacere e rimorso «non è apparso, anche oggi, del tutto sincero». L'uomo «sembra infatti limitarsi a ripetere concetti sentiti e risentiti dai terapeuti», ha concluso Pagnamenta.