Dramma di Solduno, parla la difesa: «Se aveva intenzioni omicide, come mai non ha finito il lavoro quando la ragazza era a terra?».
LUGANO - «Oggi ci troviamo a giudicare le azioni di una persona malata». È riferendosi al suo assistito, il 22enne sangallese accusato di aver tentato di assassinare la sua ex compagna, che questo pomeriggio l'avvocato Luca Guidicelli ha aperto la sua arringa difensiva. Il legale ha chiesto che il giovane venga condannato a otto anni di detenzione, da scontare sotto forma di trattamento stazionario in una struttura chiusa, e che venga prosciolto dalle accuse di tentato assassinio e tentato omicidio.
L'accusa, lo ricordiamo, aveva chiesto 17 anni di carcere. La sentenza è attesa per lunedì alle 17.30.
«Il perito ha ravvisato in lui un grave disturbo della personalità di tipo misto, nonché una sindrome depressiva ricorrente», ha sottolineato la difesa. «Non è nient'altro che un povero malato mentale del quale la società deve prendersi cura». Per Guidicelli l'imputato «non è dunque un killer senza scrupoli, ma un ragazzo malato e ossessivo». Quello da lui messo in atto «è infatti un piano bislacco che non aveva alcuna possibilità di successo. E, per quanto possa apparire strano per una persona sana di mente, lui non era venuto in Ticino per uccidere qualcuno, ma solo per parlare con la sua ex compagna».
«Una caotica improvvisazione» - L'avvocato ha parlato poi dell'arsenale che il sangallese teneva nella sua borsa la sera dei fatti, il 21 ottobre 2021. «L'accusa ci vede una premeditazione dell'atto. La domanda che io mi pongo però è la seguente: se l'imputato fosse stato un vero killer, determinato nel suo progetto, avrebbe portato tutto quell'armamentario? Sarebbe bastato il fucile». Inoltre «niente di quel famoso piano si è realmente concretizzato: tutto, quella sera, è diventato una caotica improvvisazione dettata dalle emozioni del momento».
«Non è andato fino in fondo» - Secondo la difesa il giovane non aveva poi alcun desiderio di uccidere. «Se l'imputato aveva intenzioni omicide perché allora non ha finito il lavoro quando la ragazza giaceva a terra ferita? E perché, quando è tornato nell'appartamento, non ha sterminato il suo nuovo fidanzato?», ha chiesto Guidicelli alla Corte. «Sono forse i comportamenti di un killer questi? No, sono comportamenti tipici di chi ha compreso di aver commesso un errore». E, per quanto concerne l'assenza di scuse e di pentimento sollevata dall'accusa: «Non è vero che non ha preso coscienza delle sue azioni: si è più volte scusato, anche in quest'aula».
La parola è infine passata all'imputato: «Da due anni mi trovo in carcere, dove in parte ho ripreso contatto con la realtà. Alla Stampa ho avuto modo di riflettere su quanto ho fatto e chiedo perdono alla mia ex compagna per tutte le sofferenze che le ho provocato. Se potessi tornare indietro e cambiare quanto ho fatto lo farei. Mi scuso anche con la sua famiglia e con il suo fidanzato, al quale ho inutilmente provocato una grande paura. Mi dispiace che sono solo una grande delusione».