È accusato di tentato assassinio il responsabile della feroce aggressione avvenuta al distributore di benzina di via Motta a Bellinzona.
LUGANO - 4 febbraio 2022. È un normale venerdì pomeriggio in quel di Bellinzona. Poco prima delle 16, però, nell'officina connessa al distributore di benzina Eni di via Motta un 57enne italiano residente nel Bellinzonese viene selvaggiamente aggredito e colpito alla testa, per almeno sette volte, con una mazza di legno. L'uomo, gravemente ferito, rischia la vita e finisce per riportare lesioni cerebrali permanenti.
Oggi, a distanza di due anni, si apre infine il processo dell'aggressore, un 51enne svizzero di origini polacche che all'epoca dei fatti gestiva la stazione di servizio. L'imputato deve rispondere di tentato assassinio, subordinatamente tentato omicidio, ripetuta appropriazione indebita e falsità in documenti.
L'imbroglio - Ma qual è il movente? L'uomo, è emerso dalle indagini della pubblica accusa, si è scagliato contro il 57enne per una questione di soldi. Oltre a gestire il distributore di benzina, l'allora 49enne vendeva infatti macchine in nero e si era offerto di vendere il furgone della vittima a 25mila franchi. Invece di vendere l'autoveicolo, l'uomo ha però pensato ai suoi interessi e ha ceduto il furgone a una persona a cui doveva dei soldi, di fatto fregando il 57enne e lasciandolo a mani vuote: «Purtroppo l'ho dato a un'altra persona, quale pagamento, per annullare un debito», ammette in aula. Un debito, questo, che aveva peraltro contratto fregando un altro cliente.
Fame di soldi - In seguito, quando il 57enne ha iniziato a chiedere come mai il suo veicolo non si trovasse più sul piazzale antistante il distributore di benzina, «ho iniziato a inventarmi una valanga di bugie, dicendo che l'avevo venduto, poi che l'avevo spostato, eccetera», spiega l'imputato, che ha mentito per mesi, facendo insospettire e arrabbiare l'italiano.
Il 51enne afferma comunque «che era sua intenzione risarcire la vittima». Ma il giudice Amos Pagnamenta vuole vederci chiaro: «A un certo punto lei i 25mila franchi li aveva. Attraverso investimenti online ne aveva infatti ricavati ben 100mila». L'uomo, però, ha continuato a investire e investire, ignorando i solleciti del 57enne e accampando scuse: «La voglia di guadagnare era forte, ho dato la priorità ad altre cose», si giustifica.
«Sì, ho disinnescato la videosorveglianza» - Si parla poi del giorno dell'aggressione, il 4 febbraio 2022, quando l'imputato ha dato appuntamento alla vittima al distributore di benzina dicendogli che gli avrebbe dato il denaro. Quel giorno, osserva Pagnamenta, la videosorveglianza dello stabile era stata disinserita. «Ci ho "paciugato" io..ho provato a disinserirla e ci sono riuscito», ammette l'imputato. «Aveva già una mezza idea, dunque, che poteva succedere qualcosa di non bello?», insiste il giudice. «Nell'ultimo periodo, nel chiedere i soldi, il cliente aveva alzato i toni ed era molto arrabbiato..temevo che mi avrebbe aggredito», replica l'uomo in tutta risposta. Ma Pagnamenta non ci sta. «Mi spiega la logica del disinserire la sorveglianza se aveva paura di essere aggredito?», chiede, evidenziando che «a verbale aveva dichiarato che "effettivamente avevo pensato di dargli una lezione, non ne potevo più della sua insistenza nel chiedere i soldi che gli spettavano"».
«Ho preso la mazza e non ci ho più visto» - Si arriva quindi ad analizzare il clou della vicenda. «Siamo arrivati nel magazzino e lui mi ha chiesto i soldi», racconta l'imputato. «Io gli ho detto di no e lui si è alterato. Mi ha iniziato a spintonare e mi ha messo le mani addosso. Io ho avuto paura, mi sembrava un orso impazzito, quindi ho cercato di difendermi, ho preso la mazza e ho dato il primo colpo. Da lì non ci ho più visto e gli ho dato colpi su colpi». Ma la Corte sospetta una premeditazione: «La mazza guarda caso si trovava già pronta nel magazzino. E c'era anche un coltello», fa notare il giudice. «È un caso», sostiene l'uomo.
L'imputato nega inoltre di aver colpito la vittima a tradimento, mentre era girata, nonché di aver intenzionalmente mirato a testa e viso: «Penso di averlo preso in testa all'inizio, poi un po' dappertutto. Andavo a casaccio mirando la parte alta del corpo». E, rispetto ai colpi che sarebbero stati sferrati quando la vittima era già a terra inerme: «Tendo a escludere di averlo colpito quando lui è finito a terra».
Il cambio abiti - A rafforzare i sospetti della Corte rispetto alla premeditazione c'è però anche il fatto che dopo aver sentito le sirene della polizia l'aggressore si è cambiato i pantaloni zuppi di sangue. «Non so perché l'ho fatto, non volevo farmi vedere tutto insanguinato», commenta lui. «Perché, se la sua intenzione non era quella di ucciderlo, quando ha visto la macchia di sangue sul pavimento lei non ha chiamato l'ambulanza ma si è cambiato i pantaloni?», lo incalza infine Pagnamenta. «Non lo so».
Il dibattimento riprenderà domani con gli interventi della pubblica accusa e della difesa.