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CANTONE«Ha agito per vendetta. E voleva sbarazzarsi dell'amante della moglie»

22.07.24 - 18:54
Chiesti quattro anni e due mesi di carcere per il 63enne del Luganese accusato di aver pianificato di uccidere l'amante della moglie.
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«Ha agito per vendetta. E voleva sbarazzarsi dell'amante della moglie»
Chiesti quattro anni e due mesi di carcere per il 63enne del Luganese accusato di aver pianificato di uccidere l'amante della moglie.

LUGANO - «Dopo che la moglie l'ha lasciato ha cercato di riconquistarla. Ma quando ha capito che non c'era possibilità di farle cambiare idea, si è convinto che non aveva altra scelta se non quella di eliminare il suo concorrente». È con queste parole che la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo ha riassunto l'agire del 63enne italiano processato oggi alle Assise criminali di Lugano, chiedendo una pena di quattro anni e due mesi di carcere, più un trattamento terapeutico ambulatoriale.

La difesa ha invece chiesto un massimo di tre anni di detenzione, con una sospensione condizionale almeno parziale. La sentenza è attesa per domani alle 16.30.

«Ricerca spasmodica dell'arma» - Dopo l'addio della moglie «il 63enne si è lanciato in una ricerca spasmodica dell'arma che voleva utilizzare contro l'amante, ovvero una pistola, e ha insistito nel suo piano», ha esordito Lanzillo. «Nella sua ricerca l'uomo si è inizialmente ritrovato con una pistola finta, ha poi acquistato un fucile con silenziatore, e infine ha cercato di barattarlo con una pistola. Se avesse voluto solo intimidire il rivale sarebbe bastata la prima pistola, rivelatasi essere una semplice scacciacani, invece ha continuato a cercare una pistola vera e propria. Se avesse invece davvero voluto solo suicidarsi avrebbe inoltre potuto utilizzare il fucile che era riuscito a ottenere».

«Scuse per nulla credibili» - Il fine, quindi, sarebbe stato uno solo: «Voleva sbarazzarsi dell'amante della donna». Il movente, per la pubblica accusa, è quindi «quello della vendetta, e come tale egoistico e riprovevole». L'uomo «non ha poi saputo giustificare il suo comportamento, accampando una serie di scuse per nulla credibili e in contraddizione l'una con l'altra».

La procuratrice ha inoltre sottolineato che «l'impegno dimostrato dall'uomo nel voler identificare la vittima, e lo sforzo da lui profuso nel procurarsi un'arma potenzialmente letale è sicuramente compatibile con il reato di atti preparatori di omicidio». Il 63enne ha inoltre «anche ammesso e confermato di aver detto ad amici e conoscenti di voler far male all'amante».

Tra i vari messaggi sospetti inviati dall'imputato, Lanzillo ne ha citato uno in particolare: «"Io sicuramente non vivrò, ma non so se anche lui vivrà a lungo. Prima di far piangere a mia mamma la perdita di un figlio farò in modo che anche sua mamma pianga un figlio"».

Medio-alto rischio di recidiva - Dal profilo psichiatrico l'uomo è affetto da un disturbo di personalità misto con tratti borderline e istrionici, ha concluso la pubblica accusa. «Non ha adeguata consapevolezza della propria aggressività, dimostra scarsa tolleranza e ha un atteggiamento affettivo immaturo e instabile». Il rischio di recidiva, sia verso l'amante che verso la moglie, è stato poi rilevato come medio-alto. La perita ha quindi proposto che il 63enne venga sottoposto a una misura terapeutica ambulatoriale.

«Non aveva identificato l'amante» - La parola è poi passata alla difesa, che ha chiesto il proscioglimento dell'uomo dalla maggior parte delle imputazioni, compresa quella di atti preparatori di omicidio intenzionale. «L'imputato ha sempre sostenuto di non voler mettere in atto un omicidio nei confronti dell'amante, peraltro non identificato, della moglie», ha premesso l'avvocato Benedetta Noli. «Nel caso di specie non ci sono poi gli estremi per il reato di atti preparatori di omicidio intenzionale, perché l'identità dell'amante non è mai stata scoperta dall'imputato. La prossimità temporale della preparazione è quindi dubbia».

La tesi del suicidio, per la difesa, è inoltre credibile. «Sin dai primi verbali il 63enne traccia un racconto del tutto negativo della sua vita, e si è confidato con molte persone rispetto al suo stato emotivo e psicologico. La notizia di una probabile separazione gli ha inferto l'ennesimo colpo».

«Cercava un modo di uccidersi» - Noli sostiene poi che se l'intenzione del 63enne fosse stata quella di uccidere «il fucile con silenziatore sarebbe potuto essere l'arma migliore, e invece ha continuato a cercare una pistola». Emergono inoltre nelle sue attività online «ricerche relative alle varie modalità in cui si può mettere fine alla propria vita. Non si rilevano al contrario ricerche riguardo alla pianificazione di un omicidio».

Infine, per quanto concerne gli atti sessuali con minorenni compiuti dall'uomo via social network, la difesa evidenzia che l'imputato «ha riconosciuto i suoi errori e ha provato un senso di ripugnanza verso sé stesso». Viene però specificato che «nella vita reale non ha mai provato interesse per persone minorenni, e la perita ha confermato che non è affetto da pedofilia né da pedopornodipendenza. I video scambiati tra l'uomo e le minorenni erano poi già registrati, e non girati in tempo reale, perciò non si può parlare di un atto sessuale».

«No all'espulsione» - Per quanto concerne infine l'espulsione l'avvocato Noli ha chiesto il caso di rigore. «L'imputato è in Svizzera da 39 anni e con i parenti in Italia non ha quasi più legami».

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