E* è una persona transgender collocata nella sezione femminile dello Stampino. Lo abbiamo incontrato e si è raccontato.
LUGANO - E* è un detenuto transgender di 36 anni. Ha intrapreso un processo di transizione per passare dal sesso femminile a quello maschile. L'amministrazione carceraria dello Stampino ha deciso di collocarlo con le donne per ragioni di sicurezza. Lo abbiamo incontrato negli scorsi giorni. Ecco quello che ci ha raccontato.
Prima di arrivare allo Stampino eri alla Farera. Lì dove sei stato collocato?
«Per quello che riguarda le attività formative o professionali ero con le donne. A contatto con gli uomini sarebbe stato molto più complicato e pericoloso. Mi insultavano dalle finestre. Fortunatamente sono stato trasferito allo Stampino (carcere aperto). Alla Farera (carcere preventivo) la doccia era in camera. Alla Stampa (carcere chiuso) sarebbe stata in comune. Non oso immaginare cosa sarebbe potuto succedere. Ritrovarsi in doccia con una decina di maschi che non hanno rapporti sessuali da cinque o sei anni, non è proprio una situazione in cui si vuole incappare. Mi spiego?»
Ti hanno dunque trasferito allo Stampino.
«E per fortuna. Qui l'amministrazione mi rispetta. E penso che questo abbia influenzato (in positivo) il comportamento dei detenuti. È un gioco di specchi. E tutto parte dall'alto».
Ti senti al sicuro qui?
«Non si sa mai con chi si avrà a che fare. Ricordo di aver lavorato in mensa con un ragazzo che aveva picchiato a morte una persona transgender. Mi aveva fatto una battuta un po' infelice. Portavo una maglietta con una scritta in inglese e mi aveva chiesto se c'era scritto "devi morire". Allora gli ho detto: "Beh, se lo leggi così, forse è per te". Non mi ha più detto niente».
Hai mai subito atti di discriminazione o violenze da parte delle guardie?
«Assolutamente no. Piuttosto, sono i poliziotti che si lasciano andare a certi comportamenti. Una volta ero in Ministero pubblico per una perquisizione. Portavo una protesi che serve a formare una protuberanza nei pantaloni. Un poliziotto "voleva tagliarla per vedere se c'era qualcosa dentro". Insomma, altre battute infelici. Ne avevo parlato al procuratore. Lui si era arrabbiato e penso che li abbia ripresi, perché la volta dopo sono stati zitti».
Come ti trattano i detenuti uomini?
«Con alcuni ho stretto amicizia. Per quanto si possa essere amici in un contesto carcerario. Ogni tanto qualcuno viene a cercarmi per coinvolgermi in qualche attività. Mi dicono: "dai che manchi solo tu". Un'altra volta un ragazzo mi ha detto: "Non importa se sei di là, sei uno di noi". Queste cose mi fanno andare avanti».
E le donne?
«Sono molto amico di una ragazza che conosco dalla Farera. Lei ha seguito tutto il mio percorso. Ne conosco un'altra da fuori. Ci siamo incontrati tanti anni fa. Due signore più anziane non capivano come mai mi trovassi nella "loro" sezione. Poi si sono rese conto che era per la mia sicurezza. Ora mi sostengono e comprendono il mio stato di disagio. Dicono che dovrei stare con gli uomini, ma personalmente non penso sia una buona idea».
*Nome noto alla redazione