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CANTONEAccoltellò alla schiena l'amico: «Va reinserito, non espulso dalla Svizzera»

16.10.24 - 12:04
Chiesta la rinuncia all'espulsione per l'accoltellatore di Vezia, oltre a una pena ridotta a tre anni e mezzo di detenzione.
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Accoltellò alla schiena l'amico: «Va reinserito, non espulso dalla Svizzera»
Chiesta la rinuncia all'espulsione per l'accoltellatore di Vezia, oltre a una pena ridotta a tre anni e mezzo di detenzione.

LUGANO - No all'espulsione, e una pena meno severa. È quanto è stato chiesto oggi durante il processo d'appello del 40enne italiano che lo scorso 12 giugno 2023 a Vezia, in preda ai fumi dell'alcol, ha accoltellato alla schiena un suo amico e vicino di casa, ferendolo gravemente, e ha minacciato la donna che frequentava puntandole un coltello alla gola.

Lo scorso maggio, lo ricordiamo, l'uomo era stato condannato in primo grado a quattro anni e mezzo di detenzione sospesi in favore di un trattamento stazionario. Oggi l'imputato contesta diversi reati dei quali è stato ritenuto colpevole, in particolare tentato omicidio per dolo eventuale, esposizione a pericolo della vita altrui, sequestro di persona e ripetuta coazione.

«Voglio restare» - Il 40enne chiede anche di essere risparmiato dall'espulsione dalla Svizzera, ordinata in primo grado per un periodo di sette anni. «Vorrei restare, qui ho mia madre e mia sorella. In Italia ho dei parenti, ma non ho legami con loro», ha sottolineato in aula.

Colpito alle spalle, per ben tre volte - «Chiediamo la conferma della condanna emessa in primo grado», ha detto dal canto suo la procuratrice pubblica Valentina Tuoni. «Tutti i fatti sono stati confermati. La vittima principale è stata colpita alla schiena con un coltello, a sorpresa e con tre fendenti, mentre stava cercando di calmare l'imputato (che stava dando in escandescenze dopo una lite furiosa con la compagna ndr.)». Il fatto che il 40enne si sia allontanato dopo avere accoltellato l'amico «non fa poi che confermare l'intenzione del tentato omicidio», ha aggiunto la procuratrice.

Per quanto riguarda invece l'episodio avvenuto poco prima con la compagna :«L'imputato stesso ha ammesso che avrebbe potuto fare del male alla donna».

«Una carica di violenza spropositata» - «La sua colpa è oggettivamente grave, solo grazie al caso le coltellate da lui inferte non hanno avuto un esito letale», ha proseguito Tuoni. «Ha colpito da tergo e di sorpresa, senza che l'amico potesse difendersi, il che conferma la sua determinazione nell'agire. Va poi evidenziato che nello stesso giorno il 40enne ha messo in pericolo l'integrità di due diverse persone, dimostrando una carica di violenza spropositata per ragioni futili».

Nessun passo indietro, da parte della pubblica accusa, nemmeno per quanto riguardo l'espulsione dal Paese: «Il perito psichiatrico ha rilevato in lui un grave pericolo di recidiva. Sussiste perciò un interesse pubblico preponderante alla sua espulsione».

«È stato un raptus» - A prendere la parola è stata poi la difesa, che ha chiesto una riduzione della pena a tre anni e mezzo di detenzione e la rinuncia all'espulsione. «L'imputato non è stato lineare nei suoi resoconti dei fatti, è vero, ma nemmeno la vittima principale», ha esordito l'avvocato Giuseppe Gianella. «In merito al tentato omicidio, va sottolineato che l'agire del 40enne è stato frutto di un raptus istantaneo, senza premeditazione alcuna». Per Gianella va inoltre applicata un'attenuante generica legata alla dinamica dell'accaduto: «La vittima è andata a casa sua e ha scelto di calmarlo usando violenza, perché l'ha spinto e l'ha buttato sul divano, storcendogli anche la mano».

«Nessun pericolo per la vita di lei» - Per quanto concerne invece la minaccia alla compagna: «Non c'è stata pressione e il coltello è stato utilizzato in un modo che non ha messo in pericolo la vita della donna (con la lama verso l'alto, e non sulla gola ndr.). Lei ha poi dichiarato di non avere avuto paura, e a un certo punto è riuscita ad arrivare alla porta e a scappare. Certo l'imputato l'ha bloccata e l'ha trattenuta, ma queste dinamiche rientravano nella normalità nel loro rapporto».

La difesa reputa quindi che l'uomo debba essere assolto dalle imputazioni di esposizione a pericolo della vita altrui e sequestro di persona.

«Cresciuto a pane e botte» - Per Gianella, inoltre, in primo grado non sono stati presi in considerazione, nella commisurazione della pena, il ritardo mentale lieve del 40enne e il suo vissuto: «Ha avuto un padre violento ed è cresciuto a pane e botte. La morte del padre avvenuta l'anno scorso l'ha inoltre turbato profondamente e l'ha spinto all'abuso di alcol».

«L'espulsione lo metterebbe in grandissima difficoltà» - Infine, per quanto riguarda l'espulsione, la difesa ha chiesto il caso di rigore: «L'imputato è nato e cresciuto qui e il suo legame con il territorio è forte. L'alto rischio di recidiva rilevato dal perito psichiatrico non deve inoltre essere preso in considerazione, perché l'imputato sta già seguendo un percorso e facendo dei miglioramenti. È giusto che paghi il suo conto con la giustizia, ma va reinserito nella società. In caso di espulsione sarebbe posto in grandissime difficoltà, perché non potrebbe fare visita a sua madre e sua sorella».

La sentenza è attesa nelle prossime settimane.

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