Tentato omicidio a Massagno: chiesti otto anni e otto mesi di carcere, più l'espulsione, per un 26enne rumeno.
LUGANO - «Ho usato la pistola unicamente per difendermi, lui mi ha aggredito con il coltello e mi sono spaventato». È quanto ha sostenuto oggi in aula il 26enne rumeno a processo alle Assise criminali di Lugano per aver sparato a un suo amico e socio in affari, la notte del 12 settembre 2022, in via Nosedo a Massagno.
La pubblica accusa, che lo ritiene colpevole di tentato omicidio per dolo diretto, ha però chiesto otto anni e otto mesi di carcere, più l'espulsione dalla Svizzera per 12 anni.
«Mi hanno truffato» - «Ho conosciuto la vittima nel 2019, poi l'ho rivisto nel 2022 e mi ha proposto di comprare insieme a lui delle società in Svizzera. Si trattava di attività di noleggio e compravendita auto», ha spiegato l'imputato, che risiede in Italia. «Per questo investimento io ho versato prima 35mila franchi e poi altri 70mila, ma il 33enne e la sua ragazza mi hanno truffato e derubato».
Il denaro, spiega, «era della mia famiglia e della mia ex ragazza. Ho ricevuto della documentazione riguardante i 35mila franchi, ma sui 70mila non ho mai ricevuto niente, e a luglio 2022 ho chiesto i miei soldi indietro». L'amico, però, temporeggia. «Avevo la percezione di essere stato derubato, poi ho saputo che la fidanzata di lui andava in giro a dire che mi avevano truffato».
Tra i due volano quindi insulti e minacce e nell'agosto del 2022 il 26enne acquista una pistola. «Mi sono spaventato, l'ho presa perché lui aveva messo in mezzo altre persone pericolose del suo entourage», si giustifica.
«Non so perché non ho denunciato» - «Perché, se si sentiva truffato e derubato, non ha denunciato il tutto alla polizia?», chiede allora il giudice Pagnamenta. «Non saprei, se non fosse successo quello che poi è successo probabilmente l'avrei fatto», risponde l'imputato.
«Ma perché è venuto in Svizzera quella notte? Per sentirsi dire quello che si era già sentito dire due giorni prima, quando vi siete incontrati a Lugano?», lo incalza Pagnamenta. «Volevo parlargli di nuovo, avevo bisogno di rassicurazioni», replica il giovane.
«Per sbaglio ho sparato» - Si passa quindi ai fatti. Il 26enne parte in auto dal suo domicilio in Italia e giunge a Massagno, sotto casa della vittima, intorno a mezzanotte e mezza. «Lui è arrivato con un suo amico e io sono sceso dall'auto, ma lui mi ha aggredito verbalmente, per poi darmi una spinta», racconta l'imputato. «Ha quindi cercato di tirarmi un pugno, io sono indietreggiato e ho intravisto la lama di un coltello. Con questo ha tentato di aggredirmi, e a quel punto, per spaventarlo, ho tirato fuori la pistola e per sbaglio ho sparato».
«Avevo paura di lui» - Il giovane precisa poi di aver reagito in quel modo perché il suo ex amico «è stato condannato per alcuni tentati omicidi in Italia, quindi io avevo paura di lui».
Versioni discordanti - Ma per il giudice qualcosa non quadra. «Il fatto che la vittima avesse il coltello lei l'ha dichiarato solo dopo mesi dai fatti, nei primi verbali non se ne parla neanche lontanamente. Anzi, lei aveva dichiarato testualmente che il 33enne "non era armato e non aveva niente in mano"», fa notare Pagnamenta. «Non ricordo i verbali di quel periodo. Quella di oggi è la versione giusta», dice il 26enne.
«Non pensavo di averlo colpito» - Appare infine sospetto anche il fatto che dopo lo sparo l'imputato se ne sia immediatamente andato e che l'arma non sia mai stata ritrovata. «Non ho notato subito di averlo colpito. Sono salito in auto e ho sentito una sorta di lamento, ma me ne sono andato con l'idea di non averlo colpito, perché non avevo visto sangue né altro», puntualizza infine il giovane.
«Poteva essere omicidio» - La parola passa quindi alla pubblica accusa. «Se oggi siamo qui per un omicidio tentato e non consumato è per mera casualità», esordisce il procuratore pubblico Roberto Ruggeri. «È infatti grazie alla reazione avuta dalla vittima, che è riuscita a spostarsi, che il 33enne è stato colpito al braccio».
Quanto avvenuto quella notte, per Ruggeri, «è infatti stato un vero e proprio regolamento dei conti. L'ha detto l'imputato stesso in corso di inchiesta "i conti si fanno in strada"».
«Ha sparato per orgoglio ed ego» - Secondo Ruggeri l'imputato ha sparato all'ex amico e socio in affari «sicuramente perché si sentiva truffato, ma anche per orgoglio ed ego. Nel loro ambiente si era infatti sparsa la voce che era stato truffato e lui voleva dimostrare che non si sarebbe fatto sottomettere, voleva tornare a essere una persona rispettata, in particolare agli occhi della sua allora fidanzata».
«Voleva ucciderlo» - Il 26enne, quella notte, «era armato e pronto a tutto. E quel colpo era mirato contro la vittima con lo scopo di ucciderlo». Il proiettile non sarebbe quindi stato esploso né per paura, né per legittima difesa.
In corso di inchiesta, infine, il rumeno «ha detto tutto il contrario di tutto», ha concluso Ruggeri, chiedendo la condanna per tentato omicidio per dolo diretto.
A esprimersi, nel pomeriggio, sarà ora la difesa.