È quanto ha detto la difesa sul 62enne che avrebbe minacciato di morte la sua ex e appiccato un incendio nei pressi della sua abitazione.
LUGANO - «Come mai una persona che non ha mai avuto problemi con la giustizia si trova d'improvviso, nel giro di due anni, continuamente catapultata davanti alla polizia e al Ministero pubblico? È evidente che in questa relazione qualcosa è successo». A dirlo, oggi pomeriggio alle Assise criminali di Lugano, è stato Ruben Borga, avvocato difensore del 62enne italiano residente in Leventina alla sbarra per stalking e incendio intenzionale aggravato.
La difesa ha chiesto il proscioglimento integrale dell'imputato e, in caso di un'eventuale condanna, ha proposto una pena massima di un anno e due mesi di carcere e la rinuncia all'espulsione dalla Svizzera. La sentenza è attesa per le 17.
«Filmati sgranati, non si può dire che era lui» - Secondo Borga non sarebbe infatti stato il 62enne ad appiccare l'incendio divampato lo scorso 23 agosto fuori dall'abitazione della sua ex compagna. «Dai video agli atti non si può concludere assolutamente nulla. Non è possibile riconoscere l'imputato in quelle immagini sgranate, e le dichiarazioni della vittima vanno ridimensionate. Afferma infatti di averlo avvistato, ma mi sembra improbabile, visto che erano le 4 di notte e vi era una certa distanza. Inoltre lei è convinta che ad appiccare il rogo sia stato lui, quindi la sua testimonianza non ha una particolare solidità».
Sulle mani e sulle braccia dell'uomo non è poi stata trovata traccia di ustioni o bruciature, come sarebbe stato il caso se fosse stato lui ad appiccare l'incendio, viene osservato.
Le minacce - Per quanto riguarda invece i biglietti di minacce ricevuti dalla vittima, Borga ha dichiarato che il mittente non sarebbe stato l'imputato: «Sa scrivere solo in stampatello e tra i suoi averi non è stato trovato alcun scritto in corsivo».
Infine, rispetto alle denunce presentate da terze persone in merito a varie liti, l'avvocato ha sottolineato che si tratta di casi bagatellari, che comprendono piccoli danneggiamenti e insulti dialettali proferiti alla leggera.
«Non sono mai stati in pericolo di vita» - La difesa ha inoltre sostenuto che, anche in caso di condanna, non vi sarebbero comunque i presupposti per la conferma del reato di incendio intenzionale aggravato. «Né la vittima né suo figlio sono mai stati in pericolo di vita. Il fuoco è divampato da una catasta di legno situata su uno sterrato, all'aperto, a distanza di 15 metri dall'abitazione della denunciante».
Il 62enne «non è una persona cattiva», ha poi tenuto a sottolineare Borga. «Risponde a un proprio senso di giustizia e vive secondo una propria scala di valori. Ci sono state delle situazioni in cui, a suo modo di vedere, gli si è mancato di rispetto, e lui ha reagito in maniera inopportuna. Ma in ogni caso non c'è mai stata la volontà di fare male a livello fisico».
La lettera di insulti? «Era in difficoltà» - Si è parlato poi della lettera di insulti inviata dall'imputato, mentre si trovava in carcere, alla procuratrice pubblica Veronica Lipari. «Effettivamente è uno scritto dal contenuto pesante, ma non si può non prendere in considerazione lo stato di estrema difficoltà in cui l'imputato si trovava quando era in regime straordinario di carcerazione preventiva. Ed è un dato di fatto che da quando ha potuto beneficiare del regime ordinario non vi sono stati altri scritti».
Infine, riguardo all'espulsione: «L'imputato ha quattro figli e otto nipoti in Svizzera, il centro dei suoi interessi è evidentemente qui. Lui rientrerà in Italia, perché vuole rifarsi una vita lì, ma con tempi e modi che gli permetteranno di risolvere le sue questioni burocratiche».