Il Consiglio di Stato, interrogato da Massimiliano Robbiani, risponde: «Non è ragionevole connotare il fenomeno come prettamente scolastico»
Sullo sfondo un caso alle scuole medie di Gravesano: «La direzione ha segnalato l'accaduto all'autorità competente in materia e le docenti di classe e di sostegno hanno coinvolto gli allievi in un confronto».
Un fenomeno «difficilmente quantificabile» ma, al contempo, «probabilmente in aumento». Lo sfondo è quello di un caso di condivisione di materiale a carattere pedopornografico, tramite le chat WhatsApp di classe, tra alcuni allievi della scuola media di Gravesano, divenuto oggetto di un'interrogazione parlamentare presentata da Massimiliano Robbiani lo scorso 24 ottobre.
Tuttavia, si legge nella risposta da parte del Consiglio di Stato, «non è ragionevole connotare il fenomeno come prettamente scolastico». E questo in virtù del fatto che la maggioranza dei casi affrontati, dalle direzioni e dai docenti, riguardano situazioni che «pur manifestandosi a scuola», non hanno la loro genesi all'interno del contesto scolastico.
Tornando al caso specifico di Gravesano, il deputato leghista - il cui atto era scaturito da una missiva recapitata alle famiglie degli allievi della scuola media in questione lo scorso 20 ottobre, in cui veniva segnalato l'accaduto - chiedeva pure quali fossero le misure messe in campo dal Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport (DECS) per «contrastare» il fenomeno. E su questo punto, il Consiglio di Stato sottolinea come prima ancora sia importante ricordare che «l'intervento della direzione della scuola non si è limitato alla lettera menzionata dall'interrogante». Infatti, «sul piano legale, la direzione ha segnalato l'accaduto all'autorità competente in materia», ossia la Sezione reati contro l'integrità delle persone. Mentre sul piano educativo, le docenti di classe e di sostegno hanno «coinvolto gli allievi in un confronto». E, non da ultimo, «l'istituto sta valutando come intensificare gli interventi di sensibilizzazione già proposti in sede».
E il DECS? L'intervento «è sia normativo che educativo». E si può entrare di più nel dettaglio. «Sul piano della regolamentazione dell’uso dei social media in ambito scolastico, le raccomandazioni introdotte tramite la risoluzione governativa 5659 del 15 dicembre 2015 sono oggetto di un adattamento che andrà a tracciare un contesto d’uso aggiornato e maggiormente restrittivo. Parallelamente, l’inserimento delle disposizioni riguardanti l’utilizzo dei social media nei regolamenti di istituto delle scuole medie è stato portato a termine dalla grande maggioranza delle sedi».
Mentre «sul piano educativo e didattico il DECS propone alle scuole due offerte formative: una dedicata alla comunicazione online e alla condivisione di immagini intime (progetto di teatro forum "Per un pugno di like") e l’altra orientata a sviluppare uno spirito critico nei confronti delle informazioni trasmesse dai media tradizionali e dai social media (progetto "Sarà vero?")». E inoltre «coordina le proposte formative provenienti da associazioni o enti esterni alla scuola. In aggiunta, è utile ricordare che nel quadro del recente perfezionamento del Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese la presenza dell’ambito "tecnologie e media" è stata rafforzata in un’ottica trasversale e, attualmente, un apposito gruppo di lavoro sta definendo degli itinerari didattici specifici per un’educazione all’uso consapevole dei media e delle tecnologie».