Il premier Conte sotto attacco da parte di commercianti, vescovi e associazioni Lgbt
ROMA - Più che la fase 2, oltre confine sembra essere iniziata la fase delle polemiche. Dopo le misure annunciate ieri sera dal premier Giuseppe Conte, nella vicina Penisola si è levato un coro di proteste da più parti. Le associazioni dei commercianti (Confcommercio) lamentano il ritardo nelle riaperture (il 18 maggio i negozi, a giugno i ristoranti). La Conferenza dei vescovi punta il dito contro il blocco delle messe. Le associazioni Lgbt (Arcigay ad esempio) criticano la scelta di dare libertà di movimento alle coppie sposate, tralasciando quelle di fatto.
Il governo vacilla. E forse non è un caso che, con poco preavviso, Conte abbia scelto in serata di andare nel cuore della crisi della Covid-19: la Lombardia governata da quell'Attilio Fontana con cui i rapporti sono stati perlomeno altalenanti. Nella Regione-traino dell'industria italiana, fortino della Lega che grida al "riaprite tutto", Conte ribadisce la sua ratio della fase 2: «Non ci sono le condizioni per tornare alla normalità».
Il premier non lasciava Roma per visite ufficiali dal 27 febbraio. Lo fa in uno dei giorni più difficili dell'emergenza, per la tenuta del suo consenso: Milano, Bergamo, Brescia. Poi, probabilmente, Codogno e Lodi. Il premier vuole mettere la faccia sul dramma lombardo garantendo la presenza del governo e ribadendo un messaggio in conflitto, implicitamente, con quello di Fontana e di Luca Zaia, governatore del Veneto. Questi, solo poche ore prima, mette in campo un'ordinanza infatti ben più "aperturista" del decreto (Dcpm) del governo, permettendo, ad esempio, lo spostamento nelle seconde case o nelle barche. In questa sua controffensiva il premier può contare sul sostegno di Partito democratico (Pd) e Movimento 5 Stelle (M5S). Molto meno di Italia Viva (Iv), che con Matteo Renzi, di ora in ora aumenta il raggio di azione del suo pressing sul capo del governo.
Il rischio cortocircuito, a maggio, non è escluso. Non a caso, anche nel Pd c'è una certa fibrillazione, accompagnata dalla volontà di passare in prima linea. «C'è la necessità di dare un'anima politica a questa nuova fase», sottolinea il Pd al termine della segreteria riunita da Nicola Zingaretti.
Tradotto. C'è la necessità di politiche economiche che abbiano "soluzioni inedite", politicamente ben riconoscibili. Soluzioni che, in chiave Pd, potrebbero essere segnate da una forte presenza pubblica nella politica industriale. Dall'altra parte, nel M5S segnato dalle divisioni sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes), si cerca di ritrovare il bandolo della matassa su un tema bandiera: il reddito di emergenza. La linea dei vertici del Movimento è più che mai in assonanza con quella di Conte. Ma il deputato Alessandro Di Battista, in un lungo post, sembra quasi avvertire i suoi in un linguaggio tipicamente "pentastellato": «La crisi del "sistema" liberista non farà altro che acuirne l'aggressività».
In questo contesto Conte è chiamato ad una corsa a ostacoli. Già sul Dcpm, nel governo, non si escludono alcune modifiche - con nuovo decreto quindi - che chiariscano alcuni capitoli che, nelle prime ore, hanno generato confusione. E che pongano fine alla polemica, che Conte avrebbe di certo voluto evitare, tra governo e Conferenza episcopale italiana (Cei) sulla proroga dello stop alle messe. Polemica cavalcata prontamente dal centrodestra e sulla quale il Pd si è affrettato ad offrire una soluzione giuridica: un emendamento al decreto 19 sulla crisi della Covid-19 che chiarisca un percorso normativo per la celebrazione delle messe.
Dalla Lombardia Conte vuole ribadire un altro concetto che segnerà la sua fase 2: «Il governo non cerca consenso, cerca di fare le cose giuste». E, in questo senso, «non dobbiamo buttare a mare tutti i sacrifici fatti fin qui». Anche per questo, è il monito del premier alle Regioni, «la ratio è un piano nazionale, se ognuno va per la sua strada è impossibile avere un piano». Parole che nel giorno in cui anche Vittorio Colao, numero uno della task force per la fase 2, precisa che «bisogna ripartire ma in sicurezza» e spiegando «la necessità di raggiungere un'uniformità del contagio» sul territorio. Dal 4 maggio, aggiunge Colao, «le aperture coinvolgeranno 4,5 milioni di lavoratori». E domani, a Genova per il completamento della campata del Ponte Morandi, Conte cercherà di mostrare l'altro volto della fase 2: quello di una ripartenza nel segno della semplificazione e del via ai cantieri.