Tra gli indagati di un'inchiesta della Procura di Bergamo, hanno oggi testimoniato
BERGAMO - Hanno ricostruito, spiegato, risposto alle domande sulle scelte fatte durante la prima ondata del Covid-19, quella che ha messo in ginocchio la Lombardia e soprattutto la Val Seriana. Decisioni per cui ora sono tra gli indagati nell'inchiesta della Procura di Bergamo per la mancata istituzione di una zona rossa per isolare i comuni di Nembro e Alzano Lombardo e per la mancata applicazione del piano pandemico che, seppur datato 2006, per la magistratura poteva limitare i danni e salvare parecchie vite.
Oggi è stato il giorno degli interrogatori dell'ex premier italiano Giuseppe Conte e dell'ex ministro Roberto Speranza, convocati dal Tribunale dei ministri a Brescia, competente per valutare la loro posizione. In un palazzo di giustizia blindato, forze dell'ordine e agenti in borghese ovunque, il leader del M5S e il deputato di Articolo 1 sono arrivati poco prima delle 14.00. Sono entrati da un ingresso secondario, a bordo di auto con i vetri oscurati, in modo da evitare le telecamere e i taccuini e anche un presidio dei no vax. Al loro posto, al termine del loro esame hanno parlato con i giornalisti i loro difensori, Caterina Malavenda e il professor Guido Calvi affiancato da Danilo Leva.
«Ha risposto a tutte le domande, ha chiarito, ha ricostruito tutto quello che è accaduto a partire dal 26 febbraio al 6 marzo, e stato esauriente», ha spiegato l'avvocata Malavenda, legale di Conte, annunciando il deposito di una memoria. Si è soffermata anche sulla «nota informale del 2 marzo del Cts», il Comitato tecnico scientifico. «L'ha commentata e ha spiegato quale era la sua posizione», ha detto la legale, riferendosi a un appunto o verbale in cui l'Istituto superiore di sanità (Iss) e i tecnici del ministero avevano prospettato a Conte la chiusura di Nembro e Alzano e quindi l'istituzione di una zona rossa come era avvenuto pochi giorni prima nel Lodigiano. «Il collegio ha ascoltato attentamente, - ha proseguito Malavenda. Noi ci fidiamo dei giudici e confidiamo che tutto finisca presto e bene».
Dopo l'ex presidente del Consiglio, è toccato a Speranza che per circa mezz'ora, in una sorta di dichiarazione spontanea, ha chiarito. L'ex ministro, come ha riferito Calvi, oltre ad aver «illustrato le ragioni della sua condotta, rispettosa delle norme, ha ribadito l'estraneità di ogni addebito». Ha affermato di non aver applicato il piano pandemico del 2006 in quanto, «tutta la comunità scientifica lo riteneva totalmente inefficace per combattere il Covid. Però - ha proseguito il legale, sintetizzando quanto detto dal suo assistito - si sono presi tutti i provvedimenti a cominciare dal blocco dei voli dalla Cina, non dimenticando che l'Italia è stata la prima» ad adottare misure «insieme a Stati Uniti e Israele, subito dopo l'emergenza sanitaria».
Il difensore, rispondendo ai giornalisti e citando la memoria depositata, ha precisato che l'«Oms (l'Organizzazione mondiale della sanità) solo il 30 di gennaio fa scattare la necessità di passare da una fase a un'altra più avanzata, quella del 5 gennaio era una raccomandazione». Quindi ha tenuto a sottolineare: «C'è un errore grave da parte del consulente della procura di Bergamo», Andrea Crisanti, «che ha indotto la magistratura in errore», sostenendo che la raccomandazione del 5 gennaio da parte dell'Organizzazione mondiale «fosse vincolante».
Ora la procura bresciana, che ha ricevuto gli atti per competenza funzionale da quella bergamasca, dovrebbe depositare una breve conclusione con le sue osservazioni, e poi il Tribunale dei ministri, a cui toccherà esaminare anche le posizioni di tutti gli indagati in concorso con Conte e Speranza, deciderà se chiedere l'archiviazione o l'autorizzazione a procedere.