L'influenza esercitata del gruppo di mercenari nel vari contesti in cui ha operato. L'obiettivo è sempre lo stesso: destabilizzare.
MOSCA - L'idea iniziale era costituire una milizia sul modello del gruppo di contractor americano Blackwater che operò in Iraq spesso e volentieri ben al di là delle leggi di guerra. Era il 2014 quando Yevgeny Prigozhin, ormai da tempo entrato nell'inner circle di Vladimir Putin, fondava il gruppo Wagner.
La scalata della Wagner
Da lì in poi per questa brigata, mai ufficialmente riconosciuta dal Cremlino, è stata solo una lunga scesa. La Wagner si è resa protagonista in Siria, Libia, nell'Africa sub-sahariana, creando alleanze con signori della guerra, golpisti, capi di governo. E arrivando ad essere, dal 24 febbraio del 2022, uno dei bracci armati del Cremlino nell'invasione dell'Ucraina.
Secondo Prigozhin, ma anche secondo i dati del Consiglio Nazionale per la sicurezza americano, la Wagner ha schierato nel Donbass 50.000 uomini. Di questi, spiegavano gli Usa, diecimila sarebbero contractor e i restanti 40.000 ex detenuti. L'arruolamento nella Wagner, nei mesi scorsi, è stato facilitato e anche pubblicizzato dallo Stato centrale russo. Ma un vero e proprio riconoscimento ufficiale delle azioni della brigata in Ucraina non è mai arrivato dai vertici della Difesa.
Una relazione fatta di alti e bassi
Il binomio tra Mosca e la Wagner, del resto, è sempre stato segnato da una certa ambiguità e dall'assenza di qualsiasi cornice legislativa. Eppure, per conto di Mosca, il gruppo Wagner ha operato in diverse aree di guerra. In Siria tracce della brigata hanno sin dal 2015, ovvero nello stesso periodo in cui la Russia ha optato per un intervento al fianco di Bashar Assad. La Wagner viene coinvolta nell'offensiva di Palmira, nel 2017 nella cacciata dei ribelli ant-Assad dalla città di Hama e l'anno dopo nella battaglia tra l'esercito siriano e le milizie curde a Deir ez-Zor.
In Africa l'ascesa della Wagner non ha conosciuto sosta. Nel 2018 la brigata approda in Libia, fornendo i suoi servigi a Khalifa Haftar e partecipando alla sua offensiva, fallita, verso Tripoli. Nel 2020, secondo un report dell'Onu, tra gli 800 e i 1200 miliziani della Wagner sono dispiegati in Cirenaica. Sono ben equipaggiati e nei loro ranghi ci sono anche combattenti siriani.
Un raggio d'azione sempre più vasto
Il raggio d'azione del gruppo di Prigozhin si allarga, l'obiettivo non cambia: destabilizzare. La Wagner opera dal 2021 nella guerra civile nella Repubblica Centrafricana dove, secondo Human Rights Watch, si è resa colpevole di torture, abusi e omicidi nei confronti dei civili. E tra i suoi obiettivi c'è anche il controllo delle miniere d'oro. Simile la strategia in Mali: è sulla Wagner che la giunta militare si appoggia nella battaglia all'Isis soprattutto dopo che Bamako ha rotto ogni alleanza con l'Occidente, portando l'esercito francese ad abbandonare il Paese.
Ultimo in ordine cronologico, l'intervento in Sudan. La Wagner era da tempo presente nel Paese sul Nilo, attratta dalle enormi risorse naturali dell'area. È Mohamed Dagalo a sfruttare il supporto della brigata nella guerra civile scoppiata contro il presidente de facto Abdel Fattah al-Burham. In tutte queste sue azioni la Wagner è sempre stata accusata di atrocità e crimini di ogni tipo. Washington a gennaio l'ha definita «un'organizzazione criminale transnazionale», inserendola nella back list. Nel novembre scorso anche il Parlamento europeo si è mosso, facendola rientrare nelle organizzazioni terroristiche. Ma la sua influenza ha continuato a crescere. Arrivando, secondo alcuni analisti, a lambire anche la nuova crisi in Kosovo.