Non solo omaggi per l'ex segretario di Stato americano deceduto ieri. Il New York Times e Rolling Stone non hanno risparmiato le critiche.
NEW YORK - Tra i tanti omaggi ricevuti dall'ex segretario di Stato Henry Kissinger in tutto il mondo spiccano in patria gli attacchi di due testate particolarmente influenti, il New York Times e Rolling Stone.
«Henry Kissinger, criminale di guerra amato dalla classe dirigente americana, finalmente muore», è il duro titolo della rivista musicale, mentre il prestigioso quotidiano lascia alla penna dell'editorialista ed ex vice consigliere per la sicurezza nazionale, Ben Rhodes, il compito di raccontare la controversa eredità politica che lascia l'ex segretario di Stato.
Il titolo dell'articolo sul Nyt, 'L'ipocrita', lascia poco spazio all'interpretazione. «Kissinger - scrive Rhodes - ha incarnato il divario che c'è tra la storia che l'America, la superpotenza, racconta e il modo in cui agisce nel mondo. A volte opportunistica e reattiva, la sua fu una politica estera innamorata dell'esercizio del potere e priva di preoccupazione per gli esseri umani lasciati per strada. Proprio perché la sua America non era la versione aerografa di una città su una collina, non si è mai sentito irrilevante: le idee vanno e vengono di moda, ma il potere no».
Per Kissinger, prosegue l'editorialista del Nyt, «la credibilità era radicata in ciò che si faceva più che in ciò in cui si credeva». Il segretario di Stato, continua Rhodes, «contribuì a estendere la guerra in Vietnam e ad espanderla in Cambogia e Laos, dove gli Stati Uniti sganciarono più bombe di quante ne sganciarono su Germania e Giappone durante la Seconda guerra mondiale».
E al culmine della Guerra Fredda «Kissinger ha sostenuto campagne di genocidio - del Pakistan contro i bengalesi e dell'Indonesia contro gli abitanti di Timor est orientali. In Cile è stato accusato di aver contribuito a gettare le basi per un colpo di stato militare che ha portato alla morte di Salvador Allende».