Si prospetta una settimana intensa per l'elettorato francese.
PARIGI - Cartina della Francia alla mano, comincia la battaglia di posizioni di una settimana cruciale per il futuro della République. Perché fra le 577 circoscrizioni che eleggono i 577 deputati della nuova Assemblée Nationale, ce ne sono una grande maggioranza che i partiti si contenderanno domenica prossima al ballottaggio. Sulla base di accordi, desistenze, riporti e indicazioni di voto, che saranno decisi durante i prossimi, febbrili, 7 giorni.
Le circoscrizioni in cui questa sera non sarà stata raggiunta la maggioranza, saranno oggetto di una caccia al voto senza pietà fin da dopo la mezzanotte. In particolare, quelle in cui i qualificati al secondo turno del 7 luglio saranno tre, le celebri "triangolari" del ballottaggio francese. La maggioranza macroniana, che è quella sulla carta più debole delle 3 liste principali (Rassemblement National, Nuovo Fronte Popolare e maggioranza di governo riunita in Ensemble), deve sperare di avere avuto accesso al maggior numero di "triangolari", così da potere in qualcuna di queste sfide provare a vincere, in altre a desistere, invitando i propri elettori a votare per una delle due liste con più probabilità di aggiudicarsi la posta finale.
Sulla base di questi calcoli, gli analisti hanno studiato tutte le possibili ipotesi percorribili dal lunedì 8 luglio per il governo del Paese. La governabilità era già stata compromessa con il passaggio dal primo mandato di Macron (2017-2022), nel quale il governo aveva la maggioranza assoluta (350 seggi su 577), al secondo, in cui si è dovuto accontentare per i primi 2 anni di 250 seggi. Con la decisione di sciogliere il Parlamento, Macron si è assunto la responsabilità di avere ancora meno seggi, viste tutte le previsioni elettorali di una forte discesa della maggioranza uscente.
Queste le principali ipotesi che si presentano, in prospettiva, dopo il voto al ballottaggio:
Maggioranza assoluta al RN - Già forte di 88 deputati, il partito lepenista potrebbe conquistare oltre 289 seggi. Oppure, con qualche decina in meno, andare lo stesso al governo puntando sull'appoggio di deputati esterni con i quali sia stata raggiunta un'intesa. Questo quarto caso di coabitazione nella Quinta repubblica fra presidente di un colore politico e primo ministro di un altro, è fondato sulla certezza che Jordan Bardella, candidato del partito di eventuale maggioranza, il RN, sia nominato da Macron. Non si tratta di un automatismo, per la Costituzione francese, ma di una consuetudine, dal momento che il capo dello stato deve assicurarsi che la persona nominata ottenga la fiducia del Parlamento e, nel caso di maggioranza assoluta RN, la scelta sarebbe obbligata.
Maggioranza relativa al RN - Bardella ha affermato che con questa ipotesi non avrebbe gli strumenti per assicurare ai francesi "il cambiamento". Sarebbe uno dei casi di più evidente ingovernabilità del Paese, dal momento che le proposte di un eventuale premier RN sarebbero immediatamente bocciate in aula dall'unione del Nuovo Fronte Popolare della sinistra insieme ai deputati di Ensemble.
Vittoria della Gauche - Nel caso di maggioranza anche relativa del Fronte popolare (France Insoumise, Ps, PCF ed ecologisti), si aprirebbero le porte del governo a un premier di sinistra. Finora, i leader dei partiti della coalizione si sono sforzati di convincere gli elettori, restii in gran parte a un incarico al controverso "tribuno" Jean-Luc Mélenchon, che il candidato premier sarà un moderato. Il candidato emerso con più forza è François Ruffin, anche lui de La France Insoumise ma personalità non divisiva come Mélenchon.
Sulle ipotesi di dimissioni di Emmanuel Macron, avanzate a più riprese da Marine Le Pen nel caso di sconfitta della maggioranza di governo, c'è stata la presa di posizione dell'Eliseo, con l'assicurazione che il presidente resterà al suo posto fino alla fine del mandato, nel maggio 2027. Non ci sono, infine, indicazioni - né precedenti in Francia - di un governo "tecnico", ipotesi avanzata da alcuni commentatori nel caso di totale ingovernabilità, vista l'impossibilità di sciogliere nuovamente il Parlamento prima di un anno dall'ultimo scioglimento (il 9 giugno).